“Le portatrici”: un “Racconto dell’ancella” al rovescio

le portatrici recensione

Anche se con qualche giorno di ritardo rispetto a quanto programmato, ho portato a termine la lettura del romanzo di Jessica Schiefauer, Le portatrici. L’esperienza è stata decisamente più entusiasmante rispetto al libro del mese scorso (La verità su tutto di Vanni Santoni). Posso dirmi contenta di aver seguito l’istinto e aver dato una possibilità a questa distopia proveniente dalla Svezia e pubblicata in Italia dalla casa editrice Fandango.

Potreste domandarvi il perché di questo mio ritardo nel finire il libro. Pura e semplice mancanza di tempo da dedicare alla lettura, anzi le 344 pagine scorrono abbastanza velocemente grazie alla presenza di capitolo molto brevi. Una volta chiuso il volume, ci sarebbe la voglia di saperne ancora di più sulla storia e sui suoi personaggi. Le portatrici è un vino le cui caratteristiche richiamano alla mente sapori noti, ma non per questo non apprezzabili. Anzi. Se ti concentri, puoi trovare la nota particolare che lo distingue da tanti altri.

Audio recensione

Potete ascoltare il mio commento a Le portatrici anche su Spotify.

La trama di Le portatrici

La storia è ambientata in un futuro lontano dove la società è gestita e abitata solo da donne. Gli uomini vivono come bestiame in quarantene lontani dalle città poiché ritenuti i “diffusori” di un Morbo che da secoli ha decimato la popolazione e cambiato radicalmente il mondo. Sono disprezzati e ritenuti pericolosi.

Le donne vivono liberamente all’interno di arbitrarchie (singoli stati) e svolgono tutte mansioni utili alla comunità per un certo numero di ore durante la settimana. Non si mangia più né carne né pesce, si ha una grande cura dell’ambiente e il dibattito politico si incentra su come gestire le ultime risorse della Terra. Tutte le donne sono dotate di uno schermolibro che le identifica e permette loro di prendere attivamente parte alle decisioni politiche tramite il voto. Anche il vocabolario è cambiato. Non ci sono più termini declinati al maschile, non si usano parole come “padre”, “madre” o “bambino” e tutte le donne vengono chiamate “portatrici” data la loro capacità di “portare” la vita. Per portare al mondo nuove bambine, viene usata l’inseminazione artificiale e più donne possibili vengono invitate a portare.

La storia si apre proprio dalla voglia di Simone di diventare una vera e propria “portatrice”. Simone è la compagna di Nikki, la protagonista, che al contrario di lei non ha alcun desiderio di rimanere incinta ma non riesce a rimanere indifferente davanti al dolore di Simone quando i tentativi dell’inseminazione artificiale non vanno a buon fine. Nikki è pronta a fare di tutto pur di riveder sorridere la sua compagna, anche donarle il suo utero dopo aver portato per quattro mesi un bambino maschio. Il suo piano viene però compromesso dall’arrivo nella sua vita di Neon, un giovane xerxes, un uomo nell’aspetto, ma provvisto di utero al posto del pene poiché frutto di un esperimento genetico. Il mondo di Nikki verrà messo irrevocabilmente in crisi e non ci sarà più possibilità di tornare indietro.

Un vero e proprio distopico

Il romanzo ha le caratteristiche tipiche del genere distopico. Abbiamo un futuro contraddistinto da una grave crisi ambientale e una società organizzata in modo da fronteggiare al meglio questa situazione. Ciò equivale sempre alla costruzione di un regime totalitario in cui, a dispetto della propaganda, i cittadini non vivono pienamente liberi. La menzogna e la disinformazione sono alla base dell’ordine politico.

Ne Le portatrici la società delle donne è descritta quasi come un’utopia. Esse vivono serenamente in comunità. Quelli che non possono dire lo stesso sono i diffusori, ovvero gli uomini. Nei loro confronti viene costruita una vera e propria politica del terrore. In questo senso, questo romanzo si costruisce all’opposto di quello di Margaret Atwood, Il racconto dell’ancella.

In molti romanzi distopici, il fulcro della narrazione coincide con la lotta del protagonista o della protagonista al sistema. Questo non accade nel libro di Schiefauer dove il dibattito politico costituisce una parte importante della storia, ma non coinvolge direttamente Nikki. Lei non è impegnata in alcun tipo di lotta. Quello che succede dall’alto ha conseguenze dirette sulla sua vita e sulle scelte che farà, proprio come accade nella realtà per tutti noi, ma lei non ha il potere per cambiare le cose, né le interessa. L’autrice preferisce focalizzarsi sulle sue esperienze lasciandoci entrare nella realtà che la circonda solo in alcuni capitoli del libro.

La distopia creata da Schiefauer è interessante perché ci mostra le terribili conseguenze di un mondo in cui prevale la discriminazione e l’odio verso l’altro. Il problema della disparità di genere è penoso ed è una vera e propria lotta contro secoli e secoli di tradizioni soffocanti e destabilizzanti. Ma “rovesciare” il sistema significa cambiarlo radicalmente, non sostituire un oppressore con un altro. Il grande rischio quando si è vittima di odio e di discriminazione è di scambiare il concetto di vendetta con quello di giustizia (in questo, il personaggio di June della serie Il racconto dell’ancella è emblematico). Fare la distinzione diventa imperativo per non rischiare di trovarsi in un mondo altrettanto opprimente. Le idee di sorellanza, di pace, di compassione sono profondamente radicate nel femminismo e ne rappresentano uno dei punti di maggiore forza che potrebbero essere la base di una società più paritaria e positiva.

La difficoltà vera è rappresentata dagli esseri umani e da tutta la nostra storia. Le cose che abbiamo imparato e quelle che non abbiamo capito. Questo ce lo raccontano tutte le opere distopiche e questa non è da meno.

“Diffusori e portatrici vivevano insieme come due varianti della stessa specie, e l’evoluzione ha visto che le portatrici avevano il migliore potenziale. Perché potessimo continuare a evolverci i diffusori dovevano sparire, e il morbo è stato il metodo dell’evoluzione per riuscirci. non dobbiamo né guarirli né sterminarli, questo va contro la volontÀ dell’evoluzione. i diffusori non servono piÙ, e se ci calmiamo presto non saranno nient’altro che un ricordo”

J. Schiefauer, “Le portatrici”, pag. 154.

I discorsi politici e ideologici presenti all’interno del romanzo sono molto credibili e realistici. L’uso della biologia e della selezione naturale per giustificare la presunta superiorità di una razza, di un genere, di un orientamento sessuale non è (purtroppo) qualcosa che abbiamo visto fare solo nei film o nei libri. È attualità. È una trappola in cui non bisognerebbe mai cadere, tanto più insidiosa in quanto la natura e i suoi meccanismi sono effettivamente osservabili e misurabili in maniera oggettiva. Ma non dimentichiamoci mai le differenze che esistono e sono altrettanto vere e innegabili.

I personaggi e il tema

La vita di Nikki, però, si concentra su qualcosa di un po’ più importante: la sua gravidanza.

Per amore, la donna sceglie di portare un bambino maschio e di abortire al quarto mese per donare poi il suo utero a Simone. Nikki è una ragazza che ha viaggiato tanto, aperta e sensibile. Avendo perso la sua famiglia da piccola, è riuscita a ritrovare la sua “casa” con la sua compagna e farebbe di tutto pur di salvare il suo rapporto non rendendosi conto dell’egoismo e della violenza insita nell’atteggiamento di Simone. Con il tempo, la creatura dentro di lei arriverà a farsi sentire, a farsi desiderare, a farsi amare. La descrizione dell’esperienza del “portare” è uno dei punti più interessanti del romanzo. Cosa si prova ad avere una vita che si sviluppa dentro di te? Quanto è spaventoso e al tempo stesso rassicurante? Schiefauer lo racconta senza mai cadere nella banalità.

Un altro aspetto particolarmente notevole del romanzo è il rapporto tra Neon e Nikki e tra lei e gli altri uomini della storia. In essi è possibile vedere il tema difeso dall’autrice: possiamo coesistere e possiamo essere utili gli uni alle altre pur con le nostre differenze di genere. Non si tratta di “bisogno” perché ognuno/a dovrebbe imparare a cavarsela da solo/a, ma della naturale propensione degli esseri umani ad aiutarsi a vicenda. Attraverso il rapporto con un uomo, Nikki ha l’opportunità di vedere le cose da un punto di vista diverso da quello con cui è cresciuta. Neon le parla chiamando le cose con il loro nome e la costringe a fare i conti con ciò che la circonda. In questo senso, risulta per lei ciò che la pillola rossa è per Neo di Matrix. La diversità è utile perché è alterità, perché ci fa uscire dal nostro egocentrismo e ci pone in ascolto di quanto non avremmo mai immaginato.

Il modo in cui viene descritta la paura del “nemico” è altrettanto intrigante e veritiera. Anche le tappe dell’accettazione da parte di Nikki di un mondo inclusivo e diverso da quello a cui è abituata sono costruite in maniera realistica. Buono anche il tratteggio dei personaggi di contorno. L’approfondimento psicologico non è a livelli massimi. Va detto che siamo all’interno di una narrazione che sfiora la superficie, pur risultando comunque convincente.

Il linguaggio

Uno degli aspetti più intriganti della distopia è la creazione di un nuovo vocabolario che faccia da specchio al mondo in cui si vive. Tutto è partito da Orwell, da 1984 e dalle sue riflessioni all’avanguardia sul linguaggio. Da quel momento, tutti gli autori e le autrici che hanno voluto confrontarsi con questo genere hanno dovuto ingegnarsi per trovare nuovi lessemi o pensare a quali andrebbero eliminati per la loro “pericolosità”.

Le portatrici non fa eccezione e presenta un’innovazione lessicale sicuramente degna di nota. Tutti gli aggettivi e i participi sono declinati al femminile visto che la società prevede solo donne e vengono aboliti la maggior parte dei termini legati al mondo maschile. Ci sono anche nuove parole che indicano i mezzi di trasporto (“ibrido”), cibi e bevande (“vino di mellipere”, “acqua di vespa”, “maisrape”) e nuove unità abitative (“kondo”, “terricci”, “modulo cucina”). Sfortunatamente, però, molti di questi termini non vengono spiegati proprio come alcune consuetudini o ordinamenti del mondo vissuto da Nikki. La scelta ha senso a livello narrativo, poiché tutta la storia viene raccontata in prima persona da Nikki che conosce bene questi elementi proprio come il destinatario del testo (suo figlio). Al lettore e alla lettrice si chiede uno sforzo di immaginazione, cosa che può risultare gradita o meno. Personalmente, mi sarebbe piaciuto saperne di più e la stessa cosa potrei dire del finale. Mi piacerebbe che ci fosse un secondo capitolo e che si capisse che cosa succederà in futuro.

Chi dovrebbe leggere Le portatrici

La scrittura di Schiefauer è semplice e scorrevole. Questo la rende leggibile a un vasto pubblico, dagli adolescenti agli adulti. Gli e le amanti delle distopie non devono perdere l’occasione di leggere questo testo, soprattutto se si è apprezzato già Il racconto dell’ancella.

Se avete letto il libro e volete condividere con noi pensieri e opinioni, scriveteci all’indirizzo e-mail bookclubculturamente@gmail.com o sui nostri canali Facebook e Instagram per partecipare a una diretta sul libro.

Il prossimo appuntamento dei Postumi Letterari

Vi ricordate La disciplina di Penelope e la grande delusione nel trovarmi di fronte un giallo così sciapo? Tra i tanti commenti negativi avevo anche scritto: “Si è curiosi di sapere che cosa sia successo a Penelope e perché sia diventata così arrabbiata, anaffettiva e isolata. Non è dato saperlo. Chissà se non verranno pubblicati altri romanzi con lei e se la sua storia sarà rivelata nei prossimi anni”.

Ebbene, è successo. Il 29 marzo è arrivato nelle librerie Rancore, il secondo volume dedicato al personaggio di Penelope Spada e firmato sempre da Gianrico Carofiglio per la casa editrice Einaudi. Non potevo non proporlo con i Postumi Letterari. Vedremo se questo nuovo libro riuscirà a riabilitare il primo. Lo scoprirete nella recensione del 15 maggio, termine ultimo per leggere il libro.

Federica Crisci

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Sono laureata Lettere Moderne perché amo la letteratura e la sua capacità di parlare all'essere umano. Sono una docente di scuole superiori e una SEO Copy Writer. Amo raccontare storie e per questo mi piace cimentarmi nella scrittura. Frequento corsi di teatro perché mi piace esplorare le emozioni e provare a comprendere nuovi punti di vista. Mi piace molto il cinema, le serie tv, mangiare in buona compagnia e tante altre cose. Passerei volentieri la vita viaggiando in compagnia di un terranova.

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