“La disciplina di Penelope” non prevede la suspense

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Quando ho scelto La disciplina di Penelope di Gianrico Carofiglio per il nuovo appuntamento dei Postumi Letterari avevo voglia di leggere un giallo ben scritto.

I gialli, pur essendo generalmente considerati letteratura di consumo, hanno il grande merito di catturare l’attenzione del lettore o della lettrice grazie a storie misteriose e spesso inquietanti. In questo genere non vengono portati avanti grandi temi, né lo scopo principale dell’autore o dell’autrice è quello di far riflettere il pubblico su qualcosa. I personaggi principali sono delineati in maniera generale, non ne viene approfondita la psicologia se non quanto basta per risolvere il caso. Al centro di tutto c’è l’indagine che mette alla prova le capacità logico-deduttive del/la detective di turno e anche di chi sta leggendo. La critica letteraria di stampo neuroscientifico studia lo stile del giallo e le reazioni che comporta nel cervello umano. Il mistero da risolvere non è altro che un problema a cui ciascuno di noi deve applicare le proprie conoscenze e abilità.

Insomma, nonostante quello che a livello accademico si dice dei gialli, si tratta di un genere appassionante. Ovviamente se scritto bene. Prendiamo i libri di Agatha Christie: sono dei piccoli capolavori e chiunque abbia la passione per la lettura dovrebbe conoscere almeno i suoi romanzi più famosi (Dieci piccoli indiani e Assassinio sull’Oriente Express, ad esempio).

Per il club del libro di CulturaMente avevo proposto la nuova uscita di Carofiglio per Mondadori. Ho subito detto di non conoscere direttamente l’autore, anche se tutti me ne hanno sempre parlato bene anche come giallista. Pensavo che sarei andata sul sicuro. E invece è stato un po’ come ordinare un buon vino bianco e ritrovarsi il tavernello.

Video recensione

La disciplina di Penelope: trama

La disciplina di Penelope è ambientato a Milano. La Penelope del titolo è una ex pubblico ministero caduta in disgrazia dopo un incidente di cui lei continua a ritenersi responsabile. Lo stile di vita della protagonista è chiaramente improntato all’autodistruzione: passa dal letto di uno sconosciuto a un altro, beve e fuma molto, non vuole ascoltare i consigli degli amici né uscire dall’apatia della sua esistenza.

Un giorno, però, viene contattata dal signor Rossi che vuole assumerla come investigatrice privata per indagare sull’omicidio della moglie avvenuto un anno prima. Proprio il marito era stato il principale sospettato, ma in assenza di prove il procedimento era stato archiviato. Per dare giustizia alla defunta, ma soprattutto per potersi presentare alla figlia come un uomo innocente, il signor Rossi vuole tentare un’ultima possibilità.

Nonostante i tentennamenti iniziali, Penelope alla fine riuscirà a fare luce sul mistero e a consegnare l’omicida alla giustizia.

Cosa non funziona

Il romanzo è scorrevole e si legge nel giro di poche ore o giorni, ma una volta completato si rimane abbastanza delusi dall’esito. Non c’è un momento di tensione o di suspense e niente è sorprendente o inaspettato. Tutta l’indagine si svolge in modo lineare grazie a un grandissimo colpo di fortuna (chiamiamolo così).

È un giallo a tutti gli effetti, ma manca quel sostrato indispensabile per rendere la storia veramente accattivante e indimenticabile. Nulla incuriosisce davvero né si riesce a partecipare mentalmente a ciò che sta succedendo. Quella che dovrebbe essere una difficile caccia al tesoro si risolve nel giro di due capitoli da poche pagine ciascuno.

Una lettura poco impegnativa, ma anche priva di qualsiasi tipo di coinvolgimento.

I personaggi

Ci sono libri in cui la trama è debole, ma i personaggi sono molto interessanti. Non è questo il caso.

Non dovrebbe essere così visto il titolo e la sinossi stampata sul volume che assicura:

“Un personaggio che rimane a lungo nel cuore, ben oltre l’ultima pagina del sorprendente finale”.

Il mistero che più intriga all’interno del libro non è quello relativo al giallo, ma quello relativo alla protagonista. Si è curiosi di sapere che cosa sia successo a Penelope e perché sia diventata così arrabbiata, anaffettiva e isolata. Non è dato saperlo. Chissà se non verranno pubblicati altri romanzi con lei e se la sua storia sarà rivelata nei prossimi anni. Ma questo non giustifica il trattamento superficiale che le è riservato nelle pagine del libro.

Poteva essere molto interessante vedere un percorso di crescita parallelo alla risoluzione del caso. D’altro canto, Penelope si ritrova a seguire le orme di un’altra donna, Giuliana, e più volte la scrittura lascia intendere che si tratti di un romanzo al femminile in cui il dialogo tra donne è privilegiato. Sì, non è certo una novità, ma avrebbe avuto più senso a livello narrativo.

Così ci ritroviamo davanti a una donna traumatizzata con cui non riusciamo a empatizzare e di conseguenza la guardiamo muoversi alla ricerca dell’assassino del tutto indifferenti alla sua sorte, un po’ come fa lei con se stessa.

Se questa è la protagonista, figuriamoci gli altri personaggi. Sono tutti piuttosto piatti, poco sviluppati e di scarso impatto. Non è insolito in un giallo, come dicevamo all’inizio dell’articolo, però di certo non contribuisce a rendere il libro meritevole.

Lo stile

Il punto di forza di La disciplina di Penelope è proprio lo stile. Carofiglio scrive bene, non si può negare. Le sue frasi sono brevi, scorrevoli e incisive (a differenza della narrazione e dei personaggi). Tra i suoi meriti c’è anche quello di fare attenzione al problema del linguaggio di genere. La cosa più interessante di tutta la trama è l’indovinello grazie al quale Penelope arriva alla soluzione (trovato casualmente sfogliando un libro di logica in libreria) che potrebbe tranquillamente essere usato oggi per spiegare quanto è importante declinare i termini al femminile e come quello che viene definito un “maschile neutro” in realtà non lo sia.

Nonostante questo, leggendo si ha la sensazione che Carofiglio non riesca a empatizzare con il mondo femminile. Al di là di alcuni commenti generalisti e un po’ stereotipati su come le donne notano i dettagli e sulle loro fisse, non è riuscito a penetrare la profondità della psiche del suo personaggio, rendendo tutto molto superficiale.

Chi (non) dovrebbe leggere La disciplina di Penelope

Onestamente, non vi consiglierei la lettura di questo libro perché credo che ci siano altri libri che meritano di più (anche dello stesso autore a quanto sento dire). Tuttavia, se proprio volete qualcosa di disimpegnato che vi faccia compagnia la sera prima di andare a dormire, La disciplina di Penelope fa al caso vostro. In generale, non lo farei leggere a un pubblico adolescenziale, né a chi non ha mai letto nulla di giallo. Non è così che dovrebbe avvenire l’imprinting!

La disciplina di Penelope e i Postumi Letterari

Per chi se lo fosse perso, ricordiamo che Postumi Letterari è il bookclub di CulturaMente che nasce per condividere insieme ai nostri lettori la passione per la lettura. Ogni mese leggiamo un libro insieme e per poi commentarlo in un video in diretta. 

Per il prossimo mese, proviamo a risollevarci un po’ con Later, il nuovo romanzo di Stephen King. Chi volesse partecipare, non deve fare altro che leggere il libro entro il 25 giugno!

Un anno dopo: il secondo volume

A un anno di distanza dalla lettura di La disciplina di Penelope abbiamo letto anche il secondo volume, Rancore. Ecco la recensione.

Federica Crisci

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Sono laureata Lettere Moderne perché amo la letteratura e la sua capacità di parlare all'essere umano. Sono una docente di scuole superiori e una SEO Copy Writer. Amo raccontare storie e per questo mi piace cimentarmi nella scrittura. Frequento corsi di teatro perché mi piace esplorare le emozioni e provare a comprendere nuovi punti di vista. Mi piace molto il cinema, le serie tv, mangiare in buona compagnia e tante altre cose. Passerei volentieri la vita viaggiando in compagnia di un terranova.

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