Ci siamo lasciati il mese scorso con l’intervista a Stefano Ferri e adesso, andiamo nella mia terra d’origine, in Puglia, per chiacchierare con due carissimi amici.
Conosco Gabriele da molto tempo, non ricordo neanche quanti anni siano passati dalla prima volta che abbiamo varcato insieme la soglia del centro diurno per disabili dove abbiamo svolto il Servizio Civile. C’è subito stata una forte sintonia tra noi, e il suo “Gay Radar” non si sbagliava: mi diceva sempre che fossi omosessuale ancor prima che lo capissi io!
Negli anni a venire ho conosciuto quello che poi sarebbe diventato suo marito, Vito. Una combo perfetta di due mente eccelse non potevano non realizzare a Terlizzi, città in cui vivono stabilmente, la loro capanna: una libreria indipendente all’interno del MAT Laboratorio Urbano.
Ed io non potevo non dedicare loro spazio nella mia rubrica.
1Cominciamo con il parlare di voi. Chi siete di cosa vi occupate nella vita?
Gabriele: ciao Francesca, noi ci conosciamo bene eh?
Tutto è partito da un anno fantastico, quello del Servizio Civile Nazionale in un centro per disabili, da quel momento ho lavorato per tanti anni nel terzo settore come operatore socio sanitario e ora sono qui, in una libreria tutta mia o meglio nostra… assurdo, bellissimo! Dimenticavo sono Gabriele, sono dello scorpione e sono un gattaro. Ma che devo dire quanti anni ho?!
Vito: Io invece sono Vito Marinelli, ho 60 anni e di professione sono giornalista televisivo RAI.
2Domanda d’obbligo: come vi siete conosciuti?
Ci siamo conosciuti su Grindr, un’App per incontri tra gay. Alzi la mano chi non la conosce? E dobbiamo dire che in questo caso ha funzionato!
Un saluto a tutti gli amici di Grindr e alle amiche di Wapa che ci leggono!
3La storia del vostro coming out appartiene a due generazioni diverse, vi va di raccontarlo?
Gabriele: non so se ho mai fatto davvero un coming out ufficiale, è stato tutto molto spontaneo.
Certo, lo devo ammettere il momento più difficile è stato quando l’ho detto a casa.
Come puoi ben immaginare non c’è stata una festa in famiglia, ma ora sono qui e ne parlo con il sorriso, quindi tutto sommato poteva andare molto peggio.
Ho sempre vissuto con naturalezza il mio orientamento sessuale, posso ritenermi abbastanza fortunato in questo.
Vito: Io un coming out in realtà non l’ho mai fatto, ai miei tempi tutto era molto complicato e le differenze culturali con i genitori si facevano sentire.
Diciamo che mia madre era abbastanza intuitiva e aveva capito senza bisogno di alcuna parola, mio padre non l’ammetteva ma secondo me aveva capito anche lui.
4Siete mai stati vittime di atti omofobi?
Gabriele: Per fortuna no, sicuramente qualcuno avrà fatto qualche battutina idiota alle mie spalle, non escludo che questo non possa accadere in futuro. C’è molto lavoro da fare su questo fronte e nel nostro piccolo continueremo a fare il possibile per sensibilizzare l’opinione pubblica del nostro territorio su questa questione
Vito: Più che atti omofobi, diciamo che qualcuno si è divertito a deridermi. Ma faceva parte del contesto sociale dell’epoca e con la mia crescita e maturità professionale tutto poi si è sminuito da solo.
5Gabriele, tu sei molto impegnato nel sociale, quanto hai portato di te e della tua omosessualità nei rapporti lavorativi e quanta fatica hai fatto, se ne hai mai fatta?
Francesca, devo dire la verità, non mi è importato mai molto dell’opinione degli altri, compresa quella dei colleghi di lavoro. Il sociale è ancora pregno di stereotipi culturali legati a un passato stantio, ad un cattolicesimo di vecchio stampo, però non me la sento di fare di tutta un’erba un fascio.
A parte qualche episodio spiacevole, non ho mai avuto grandi difficoltà, ho conosciuto persone intelligenti e sensibili tra cui te. Capisco anche di essere un “privilegiato”, purtroppo non è così per tutt* e questo pensiero mi stringe lo stomaco.
Quello che mi sento di dire è “sceglietevi voi le persone che volete accanto”, gli stupidi c’erano, ci sono e ci saranno sempre, ma ci sono anche tante persone belle e gentili.
Oddio sembra un sermone domenicale!
6Vito, tu invece lavori in televisione. Le emittenti televisive, soprattutto quelle pubbliche, faticano tutt’ora a diffondere programmi in cui ci sono storie o persone omosessuali, no binari o queer. Come vedi il futuro televisivo e quanta strada pensi ci sia ancora da fare?
Progressi ce ne sono stati, indubbiamente. Forse adesso si esagera al contrario, con una ridondanza di racconti e spot televisivi che comunque tratteggiano il mondo lgbtqia+ o con un eccesso di mistificazione oppure con un voyeurismo da buco della serratura.
Trovo un abuso la troppa esposizione sui social di vicende che dovrebbero mantenere una dimensione più soft, più privata. Ma non per nascondersi, ma per custodire i propri sentimenti, che vanno ad ogni costo protetti.
7“Unpandasullaluna” è il nome dell’associazione culturale che avete fondato qualche anno fa e che dà anche il nome alla libreria indipendente che avete aperto di recente a Terlizzi, paese in Puglia dove vivete. Come è nata l’idea?
Gabriele: Come tutte le cose belle, è nata assolutamente per caso.
Ero a casa in disoccupazione con tanto tempo libero a disposizione per leggere e per scrivere, insomma per le cose che ho sempre amato fare.
Così ho creato una pagina Facebook, successivamente un profilo Instagram e da lì ho iniziato un po’ a scrivere di libri. Da cosa nasce cosa, quindi dal virtuale siamo passati al reale con la fondazione di un’associazione culturale. In due anni abbiamo organizzato tantissimi eventi dal vivo, è stato un processo naturale quello di arrivare all’apertura di una libreria indipendente.
Vito: Se posso aggiungere, “Un panda sulla luna” è un processo in itinere. Il merito di tutto è di Gabriele, io ho solo aggiunto un pò di esperienza in comunicazione e pubbliche relazioni.
8Il vostro profilo Instagram vanta più di 8mila followers, su Facebook vi seguono in 18mila. Quotidianamente recensiti libri, promuovete la libreria come spazio culturale organizzando presentazioni e incontri con autori. Sicuramente avrete una community LGBTQIA+ che vi segue. Vi va di descriverla?
Gabriele: Instagram per me è una giostra bellissima, sono in contatto con artisti, cantanti e musicisti che ho sempre seguito, questa cosa continua a sembrarmi assurda e magica, dei numeri non mi interessa molto.
Non so se posso fare un quadro generico sulle persone della comunità LGBTQIA+ che mi seguono, una cosa però la posso dire, molti di loro si esprimono attraverso l’arte (musica, danza, fotografia, moda).
Per molti può sembrare uno stereotipo, forse lo è anche, che dire? Sono fortunato, siamo fortunati! Però devo dire che ho un forte successo con le signore di mezza età e la cosa mi piace un casino!
Vito: Va detto che abbiamo avviato un gruppo di lettura glbtq con i ragazzi di Murgia Queer proponendo le pagine sempre attuali di un grande scrittore come Tondelli.
Seguiranno altri progetti di reading e di letture condivise, spero con la collaborazione di ulteriori associazioni o singoli appassionati di narrativa condivisa.
9Ci sono ancora grandi retaggi culturali e paure da parte della comunità LGBTQIA+ nel fare coming out? Come vivete questo periodo storico in cui la società finalmente sembra iniziare a virare verso un’ inclusività generale che prescinde dall’identità di genere e dall’orientamento sessuale?
Gabriele: Oggi per fortuna sono cambiate molte cose. Ma ci sono ancora retaggi culturali difficili da estirpare.
La paura è un sentimento legittimo, non me la sento di giudicare chi non riesce a fare Coming Out o ad esporsi pubblicamente. Ognuno ha il proprio vissuto, prima di giudicare dovremmo fermarci un attimo e comprendere certe dinamiche che non ci toccano nell’intimo. Immagino che tu abbia visto l’ultimo Festival di Sanremo, Drusilla Foer mi ha folgorato con il suo monologo: “l’ascolto è un atto rivoluzionario”.
Io la penso proprio così, sono curioso, cerco di guardare sempre al di là del mio naso, mi sforzo in tutti i modi di non giudicare. Qualche volta lo faccio, ma torno presto in me e torno ad ascoltare o almeno ci provo.
Quando impareremo ad ascoltare vivremo davvero in un mondo migliore e non parlo solo per la nostra causa.
Vito: Per chi come viene da altri mondi culturali, devo riconoscere che adesso è tutto più semplice e anche in famiglia l’argomento non è più un tabù. Meno male, aggiungo, lo sdoganamento è stato lento ma costante, con qualche sacca di resistenza. Ma alla fine avere figli queer non impressiona più nessuno, credo.
10Qual è il vostro rapporto con i libri e la cultura e quanto vi hanno aiutato nel vostro percorso di crescita personale?
Gabriele: mi hanno aiutato tantissimo. L’adolescenza è davvero un periodo terribile, pensavo di essere l’unico ragazzo gay del mondo, poi ho incontrato Pier Vittorio Tondelli.
Il mio amato Pier e i suoi meravigliosi libri mi hanno abbracciato nei giorni più tristi, con “Camere separate” mi si è aperto un mondo, che dico un universo. Non mi piace molto parlare di me, mettermi a nudo, non trovo le parole giuste, mi sembra di sbagliare sempre.
Ho scoperto che non è indispensabile farlo a tutti i costi, mi piace tuffarmi nelle vite altrui e fare voli pindarici e quale migliore alleato se non un libro? Devo confessare una cosa: non mi sento cresciuto, adulto, maturo e forse sarà così per sempre.
Mi piace pensare che sarà il prossimo libro a darmi delle risposte. Quale sarà non lo so. A proposito, ho appena finito di leggere “Una storia d’amore” di Carolyn Hays, una madre che scrive una lunga lettera a sua figlia (transgender). Un libro meraviglioso, commovente, profondo, intimo. Leggetelo per favore.
Vito: I libri ci fanno sentire meno soli e lontani dai centri nevralgici della cultura nel mondo. Un buon libro aiuta a riflettere sui temi del vivere contemporaneo e aggiunge quel pizzico di fantasia che non guasta. Un’anticamera ai sogni che devono esserci, per capire meglio la realtà che ci circonda.
Per me leggere è un confronto perenne e continuo innanzitutto con me stesso.
11Che consiglio dareste ai giovani di oggi che vivono in contesti dove non è semplice poter fare coming out?
Gabriele: E’ difficile. Non so cosa potrei consigliare, la mia è una posizione privilegiata e mi sentirei anche inopportuno nel dire ovvietà. Probabilmente consiglierei di fuggire lontano, da qualche parte qualcuno pronto a tendere una mano deve esserci.
Quello che posso dire è che se sei da queste parti (Terlizzi – Bari) e hai bisogno di una voce amica, io ci sono!
Vito: Il consiglio è di leggere, di formarsi, di crescere culturalmente con ogni mezzo: letteratura, cinema, teatro, arte. Anche così si può rispondere all’omofobia, con la forza delle proprie idee e dei propri sentimenti.
A testa alta e col petto in fuori, orgogliosi di essere così come siamo.
Francesca Sorge