Dal 14 ottobre 2021 è disponibile nelle sale italiane “Venom: la furia di Carnage“, l’attesissimo proseguo delle avventure metropolitane dello spaventoso simbionte ospite nel corpo del giornalista d’inchiesta Eddie Brock, interpretato da Tom Hardy. Il ritorno del parassita alieno sul grande schermo, dopo l’apparizione nel terzo capitolo del ciclo “Spider-Man” di Sam Raimi, è stato capace di incassare globalmente più di 850 milioni di dollari, a fronte di un budget di “soli” 100 milioni. Nonostante la critica specializzata non abbia particolarmente gradito il film, il pubblico ha premiato la storia di origine diretta da Ruben Fleischer che, per il sequel, viene sostituito da Andy Serkis.
Nato dal dolore e dal sangue
Dopo aver salvato il mondo da una potenziale invasione di simbionti e dalla scelleratezza di Carlton Drake (Riz Ahmed), Eddie Brock (Tom Hardy) condivide la sua quotidianità con il simbionte Venom. Quest’ultimo vorrebbe passare le notti a proteggere la città, mangiando le teste dei criminali, ma l’umano non è dello stesso parere. Avendo riabilitato il suo nome quale giornalista di spicco, Eddie diventa senza saperne il motivo l’unica persona con la quale il serial killer Cletus Kasady (Woody Harrelson) voglia parlare. Al termine di un loro incontro presso il carcere di San Quentin, grazie ad un’intuizione del parassita alieno, vengono rinvenuti i cadaveri delle vittime della furia omicida del detenuto che verrà rapidamente condannato alla pena capitale. Poco prima dell’esecuzione però, Kasady entra in contatto con il sangue alterato del protagonista, dando vita così ad un nuovo implacabile simbionte rosso: Carnage.
Un sequel che non mantiene le promesse
Nonostante il primo film stand alone non fosse particolarmente riuscito, è innegabile che (anche se abbozzate) venivano affrontate tematiche quali: la ricerca tra le stelle del miglioramento della condizione umana sulla Terra e il dilemma etico del crescente potere decisionale in mano alle multinazionali. Era altresì interessante il confronto tra l’ego di Eddie Brock, reporter disposto anche a deludere la persona amata pur di portare alla luce l’inganno della Life Foundation, e Carlton Drake, incapace di dare valore alla fragilità umana, ricercando la creazione di un’essere superiore. Tuttavia, la rappresentazione del simbionte che dà il titolo al film non era esattamente quella sperata. A livello di impatto visivo, il personaggio Marvel ideato da David Michelinie e Todd McFarlane, è tremendamente spaventoso e contraddistinto da un aura letale di cui non ne è mai stato sfruttato a dovere il potenziale. Nei fumetti, il suo essere incompleto per natura (ricordo che ha bisogno di un corpo che lo ospiti per sopravvivere), rendeva il parassita spezzato nell’anima ed in cerca dell’accettazione altrui. Rancoroso e violento, il percorso dell’anti-eroe fu costellato di smussature della sua personalissima visione di giustizia, confrontandosi con i fallimenti dell’umano cui decise di legarsi: Eddie Brock. Tutte cose alle quali non abbiamo assistito nel film di origine del 2018, dove si è invece optato per dare un taglio più comedy al simbionte, qui ancora più accentuato. La scena mid-credits al termine della prima pellicola lasciava ben sperare per un sequel più cruento, mostrando anticipatamente il volto di Cletus Kasady, dal quale nascerà il feroce Carnage. “La gente adora i serial killer” dirà il condannato interpretato da Woody Harrelson nei primi minuti di Venom 2, ma non c’è nessuna furia omicida ad attendere lo spettatore. L’inserimento del simbionte rosso non è altro che l’ennesimo specchietto per allodole, per una produzione il cui unico obiettivo era portare in sala un film “traghetto”. Il depotenziamento dello psicopatico Kasady, del quale non si ha il ben che minimo timore, e l’inserimento della love story tormentata con Frances Barrison (Shriek), non sono altro che un riempitivo per fare in modo che la coppia Venom-Eddie possa superare gli “attriti coniugali”. Una dinamica già ampiamente affrontata nel precedente film, che doveva essere superata ma al quale siamo costretti ad assistere nuovamente, e che non può essere il perno intorno al quale ruota un secondo capitolo degno di nota.
Una struttura narrativa che non funziona
Ignorando le decisioni di accantonare la crudeltà di Venom e Carnage, in favore di una comicità buddy movies ed una love story di dubbio gusto, resta comunque una narrazione minata alle fondamenta, a causa di una gestione irrazionale del minutaggio. Per volere dello stesso regista, il film si prefiggeva di essere uno dei cinecomics più corti di sempre, andando a regalare “una corsa entusiasmante” allo spettatore che non avrebbe dovuto avere un secondo di respiro. Per contro, Venom 2 riesce ad annoiare parecchio in quanto bisognerà attendere per quasi 40 minuti prima della svolta che darà il via alla fuga del simbionte rosso. Giustamente, si è deciso di prendersi del tempo per introdurre i nuovi volti in città, mostrando allo spettatore la nuova vita del nostro protagonista e dei suoi affetti ma non sta qui il problema. La parte centrale, che per ovvie ragioni è notoriamente la più corposa è, in questa pellicola, tanto minimale quanto banale, risultando incomprensibilmente la più corta. La risoluzione dei conflitti tra Venom ed Eddie è rapida, senza il minimo coinvolgimento emotivo, essendo più vicina ad una lite tra bambini delle scuole elementari che all’unione di forze per la salvezza di vite innocenti. Come dicevamo in precedenza: mancano le motivazioni, manca un qualcosa che valga la pena raccontare. Si arriva così velocemente alla resa dei conti e all’azione tanto desiderata, dove una CGI altalenante si unisce ad una regia imprecisa di Andy Serkis, che rendono talvolta di difficile comprensione la battaglia in atto. Tuttavia, è presente un non trascurabile omaggio frame by frame alla sequenza della Torre dell’orologio di “The Amazing Spider-Man 2” dove la memorabile Gwen Stacy (Emma Stone) cadeva nel vuoto, riflettendosi negli occhi dell’Uomo Ragno.
Un cambiamento epocale
Mentre ci si avvicina alla conclusione del film, ai grandi sospiri di sollievo dello spettatore si unisce uno strano presentimento. Si ha come l’impressione che la Eddie Brock e Venom stiano dicendo addio a tutto ciò che li circonda. In pochi minuti tutta l’operazione “Venom: la furia di Carnage” assume un significato con la scena mid-credits, che ci dà la conferma di quanto fosse un film vuoto e semplicemente riempitivo. Una sequenza, purtroppo anche qui, mal costruita ed incoerente ma che avrà drastiche conseguenze sul tutto il franchise.
Il ritorno del simbionte, e il confronto con la sua nemesi rosso sangue, è dunque privo di ogni mordente. I difetti del precedente stand alone, salvato unicamente dalla performance di Tom Hardy, vengono accentuati e questa volta il cast non basta. Per l’universo cinematografico super eroistico, “Venom: la furia di Carnage” è un passo falso terribile che ci rimanda indietro di 20 anni.
Michele Finardi
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