Venezia 2019, Day 1: il festival del cinema apre le danze

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Ci risiamo, come ogni fine agosto: al Lido di Venezia si vede, parla, respira e vive cinema.

La 76° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia apre i suoi battenti e ondate di giornalisti e semplici si riservano negli spazi dello storico Palazzo del Cinema. Dopotutto, il festival di cinema più antico al mondo è davvero meta ideale per chi cerca volti mainstream da selfie (la lista degli ospiti è, come sempre, impressionante) a chi vuol vedere semplicemente film di altissima qualità.

Venezia 2019, al proposito, si apre al meglio. Il film d’apertura del concorso è La Verité di Hirokazu Kore-eda, maestro giapponese reduce dalla vittoria a Cannes, qui al suo primo lavoro lontano dal Sol Levante. Una storia del rapporto tra madre e figlia, con echi bergmaniani, e un racconto meta sul mestiere dell’attore, su quanto la vita di chi deve fingere per mestiere sia irrimediabilmente condizionata in ogni strato del reale. La finzione è il reale, e la verità, in un certo senso, non esiste più. Tutto è spettacolo, necessità di interpretare un ruolo, creare una storia.

Certo, la grande qualità del film è lo scontro generazionale e recitativo tra due monumenti del cinema francese. Da una parte Juliette Binoche, sempre efficace anche con un parte leggermente passiva. Dall’altra Catherine Deneuve, carismatica e magnetica come un tempo, capace di rubare ogni scena con una semplice alzata di sopracciglia. Nulla di rivoluzionario, ma il cinema di Kore-eda non punta mai alle rivoluzioni copernicane. Ma un buonissimo film nel quale stupisce, il ritmo che il giapponese infonde ad una storia così piccola e l’ironia che supera lo stile minimal al quale ci ha abituato.

La sezione collaterale di Orizzonti, invece, si apre col film tedesco Pelican Blood.

Poco si sapeva alla vigilia su questo film, e forse anche per questo la sorpresa è stata maggiore. La regista Katrin Gebbe confeziona un freddo e raggelante thriller psicologico dalle tinte horror. La domanda del film è una: cosa fareste voi madri se vostra figlia fosse un mostro sociopatico? La risposta del film è “tutto” fino a perdere tutto, inclusa la sanità mentale.

Il film è certamente sicuro di sé e compatto nella narrazione, ma talvolta si perde nell’indecisione se rimanere sui binari del thriller oppure sposare appieno uno stile soprannaturale che riporti a L’Esorcista. In questo dubbio, un film partito benissimo si perde leggermente nella seconda parte, ma rimane comunque una piacevole sorpresa. Vedere film di genere non è mai scontato in un festival simile.

Infine, dopo un esaltante e imperturbabile cocktail a 18 euro (!?) all’hotel Excelsior, è stata la volta di uno dei soli due film in concorso diretti da donne. Il saudita The Perfect Candidate di Haifaa al-Mansour è un realista e umano ritratto della condizione. Ma, proprio in tale sincerità, il film trova il suo grande limite: pur considerando l’urgenza attuale del tema, il film non aggiunge nulla, narrativamente o emotivamente, a storie di condizioni femminili nei paesi arabi visti al cinema. Era più azzeccato, anche grazie al sapiente uso di una delicata ironia, l’esordio della regista La Bicicletta Verde.

Una prima giornata di Venezia 2019 sicuramente buona ma priva ancora di grandi picchi e film indimenticabili. I colpi grossi, fortunatamente, stanno per arrivare.

Emanuele D’Aniello

Emanuele DAniello
Malato di cinema, divoratore di serie tv, aspirante critico cinematografico.

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