Paradossalmente, in alcune scene, Storia di un matrimonio fa persino troppo ridere considerando ciò che realmente è. Ovvero, un autentico film dell’orrore sulla dissoluzione di un rapporto che finisce nelle impossibili sabbie mobili burocratiche del divorzio.
Venezia 2019, Day 2: storie di matrimoni e viaggi spaziali
Non uso a caso la parola “orrore” legata a ciò che il film mostra. Non da un punto di vista sentimentale, ma perché il sistema istituzionale del divorzio è una vera guerra, per nulla metaforica. Una guerra durante la quale non ci sono vincitori ma solo vittime: i due (ex) coniugi, le loro finanze e energie, i figli. Molti paragoni sono stati spesi, prima che Storia di un matrimonio fosse visto, con la trama di Kramer contro Kramer. In realtà quest’ultimo, oltre ad essere un film genuinamente inferiore rispetto all’opera di Noah Baumbach, era un melodramma costruito sulla lotta legale per la custodia di un bambino. Invece adesso Storia di un matrimonio aumenta la profondità, la complessità, la sfaccettatura dei temi, ed esplora come il divorzio assuma l’aspetto di un virus che si insinua a tutto tondo nelle vite delle sue vittime. Non a caso, più che a quel film, Baumbach prende influenze dal cinema relazionale di Bergman nel trattare psicologie e buchi neri in un rapporto.
L’autobiografia di Baumbach
Si nota palesemente come Storia di un matrimonio sia, innegabilmente, una vicenda autobiografica. Solo chi ha vissuto un tale viaggio all’Inferno, come accaduto a Baumbach, conosce minuziosamente i dettagli tecnici di cause, avvocati, aule di tribunali, accordi e compromessi che vanno intrapresi. Solo chi lo ha vissuto realmente conosce, soprattutto, i travagli emotivi e esistenziali che conseguono. L’esperienza dell’autore tratta pertanto con viscerale empatia i due protagonisti, senza però nascondere rabbia e isterismi, dolori e follia. Altri avrebbero avuto uno sguardo chirurgico, quello di Baumbach invece diventa inevitabilmente naturalista. E profondamente umano.
Non è un caso che adesso questo sia, a prescindere se il migliore o no, certamente il suo film più complesso e più chiaramente tormentato.
Un cast divino
Estrapolando dalla “narrazione dei piccoli momenti” retorica e banalità per inserire, senza paura di risultare acido, verità e umanità. Grazie anche a due interpretazioni sontuose, giusto sottolinearlo, con Scarlett Johansson e Adam Driver in stato divino. E così, grazie anche a loro, grazie alla dolorosa verità che si può esplorare nella piena coscienza personale, si evitano manipolazioni e melodrammi artificiali. Quando il film decide di commuovere, è devastante. Quando decide di far sorridere, è istericamente divertente. Controlla i toni della tragedia umana perché la seconda parte di tale frase è fondamentale: umana.
Un film “umano”
Forse, Storia di un matrimonio è uno dei film più umani visti recentemente. Così affettuoso nel ritrarre la disaffezione. Così sincero nel mostrare pregi e difetti senza alcuna vergogna. Soprattutto nel costruire due protagonisti largamente problematici e ricolmi di imperfezioni, e probabilmente proprio per questo ancora più autentici. E così potente nell’esaltare come spesso amore e dolore, rabbia e passione vadano a braccetto, come siano sentimenti purtroppo inestricabilmente collegati e potenziati attraverso le pieghe inumane delle sovrastrutture di sistema. Perché la vita talvolta appassisce l’umanità, ma non la cancella.
Esaltarne ogni lato, i più spigolosi nel bene e nel male, è il grande trionfo di Storia di un matrimonio.
Emanuele D’Aniello
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