Colpisce su Netflix la presenza di questo titolo, un titolo che lascia presagire che qualcosa potrebbe andare storto. Ricorda le mille frasi inviate sul cellulare ai propri cari durante gli attentati. Ma poi il sottotitolo sulla piattaforma ci conduce verso qualcosa di analogamente tragico, di cui l’America è ancora protagonista: le sparatorie nelle scuole.
Una storia vera
Quella raccontata da Se succede qualcosa, vi voglio bene è la storia di tutti i genitori che hanno perso un figlio all’improvviso. Ma in America le sparatorie sono storie vere, storie da conoscere, come ha raccontato molti anni fa Bowling a Columbine, il documentario di Michael Moore dedicato all’ossessione per le armi, ma soprattutto alle conseguenze di tale ossessione.
Il massacro della Columbine High School risale al 20 aprile 1999 negli Stati Uniti d’America: in questa scuola vicino Denver (Colorado), due studenti, Eric Harris e Dylan Klebold si introdussero nell’edificio armati e aprirono il fuoco su numerosi compagni di scuola e insegnanti.
Ma quello di Columbine non è stato un caso isolato.
Per rendere l’idea del “problema sparatorie” in America, basti ricordare che a Marzo 2020 è girata anche una fake news sul tema: si affermava, come molti hanno riportato anche in Italia, che per la prima volta dopo 18 anni, gli americani avrebbero vissuto il mese di marzo senza sparatorie nelle scuole. Ma la notizia, che doveva apparire come un record secondario dell’effetto Coronavirus, è una notizia per lo più falsa. Ce ne dovrebbero essere state almeno otto anche nel 2020.
Se volete vedere i dati potete navigare lo School Shooting Database.
La recensione del corto
In dodici minuti il corto su Netflix racconta il dolore dei genitori che subiscono la perdita di una figlia a causa di una sparatoria a scuola. Non ci sono attori: è pura animazione. Disegni stilizzati che proiettano gli spettatori nel dramma di questo dolore indicibile. Da una litigata dei due genitori la storia si dipana verso il ricordo della figlia morta. Una maglietta in lavatrice, una palla che rotola verso la sua stanza, un disco di musica moderna che suona per caso e lancia un messaggio di giovane speranza ai due genitori, che si siedono vicini per riunirsi.
Da questo momento scorrono i ricordi di infanzia della bambina, una bambina a cui piace giocare a pallone e che si fa i selfie, come tante altre. Una bambina che un giorno si è alzata per andare a scuola e non è mai più tornata.
Le ultime parole sul cellulare: Se succede qualcosa, vi voglio bene.
E qualcosa è successo. La bambina non è più tornata. Le immagini hanno il dono di rappresentare le anime di tutti i protagonisti. Quella della ragazza defunta e quella dei genitori che hanno tentato di proteggerla: mi ha colpito molto la scena in cui la bambina cammina verso la scuola e le anime nere dei genitori la avvolgono, la stringono, per fermarla. Ma lei cammina, va avanti. Arriva a scuola. Quello che resta della scena sono i rumori degli spari e il silenzio del dolore. Non vi sono parole in questo corto, infatti, ma solo musiche e silenzi. Come se il dolore fosse così ineffabile da ammutolirsi.
Un prodotto elegante, che in 12 minuti tocca delle corde difficili da non far vibrare. Lascia turbati e scossi alla fine, ma con una speranza. Che alcuni sentimenti positivi, come l’amore tra figli e genitori, possono confortare anche dopo una terribile separazione.
Alessia Pizzi