L’amore ai tempi dello smartphone, ha scritto qualcuno.
Le foto di Eric Pickersgill immortalano come sarebbe oggi la nostra vita senza i cellulari
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Molti di voi l’avranno già visto, molti altri si saranno incuriositi per i commenti degli amici (sia social che non): sto parlando di Perfetti Sconosciuti, il film di Paolo Genovese dove un gruppo di amici decide, durante una cena, di rendere di dominio pubblico il contenuto dei propri cellulari.
Appena ho saputo la trama sinceramente mi sono chiesta se avessi il “coraggio” di vedere questo film. Effettivamente, come lasciava presagire la sinossi, è una pellicola abbastanza ansiogena. Questo perché chiaramente “la scatola nera”, tetra perifrasi per definire il cellulare, racchiude i più torbidi segreti di molti dei presenti a tavola. Tradimenti, segreti, bugie vengono a galla ad ogni chiamata e messaggino che arriva ai commensali.
Qui sorge il quesito storico: ma non dovevamo dirci tutto?
E la risposta: Tutto quello che è importante per il nostro rapporto.
La smania di dover raccontare al partner ogni piccolo dettaglio, ogni respiro della propria esistenza a volte può risultare soffocante. Alcune omissioni, come nel caso dei protagonisti, vengono fatte perché non tangono il rapporto di coppia, oppure perché susciterebbero nell’altro gelosie immotivate; sempre per quel moto di possesso più o meno latente che risiede nell’animo di ognuno di noi. La storia, ad ogni modo, non si limita ai rapporti sentimentali, anzi, forse diventa più interessante proprio quando sfiora i nervetti dell’amicizia.
Il Cast di Perfetti Sconosciuti |
Complessivamente il film è divertente, piacevole. Il cast è fortissimo: Kasia Smutniak, Marco Giallini e Valerio Mastandrea danno il meglio di loro. Alla fine si apre ad un doppio finale davvero brillante, che palesa tutta la piccolezza umana, la forza che l’uomo ha di aggrapparsi alle proprie certezze (seppur labili) con le unghie e con i denti, pur di non restare solo.
Ne viene fuori uno scorcio terrificante dei rapporti umani, uno sgretolamento delle apparenze.
Ovviamente non dobbiamo pensare che tutti i rapporti siano così, si tratta senz’altro di un’iperbole cinematografica, tuttavia il film è un ottimo espediente per palesare la paura che domina gran parte delle persone: quella di non essere accettati, di non essere abbastanza, di restare soli. Ed è Lei la matrigna che spesso induce a mentire, affiancata ovviamente da altri parenti, quali ad esempio il menefreghismo o l’infantilismo.
A dirla tutta, comunque, siamo tutti “perfetti sconosciuti”, sia con gli altri che con noi stessi.
Credere di conoscerli e di conoscersi imprime un’immobilità devastante, che va a definire la nostra essenza nella staticità, nell’impossibilità di evolverci se non entro precisi schemi, interni ed esterni.
Quindi forse non bisogna avere “paura” di vedere questo film. Bisogna temere piuttosto quell’apparente linearità, priva di errori, di diversità, di movimento, che molte persone ci propinano e che noi stessi spesso cerchiamo di raggiungere per indossare una parvenza di serenità e raggiungere la cosiddetta “felicità”.
Alessia Pizzi