“La Corrispondenza” di Giuseppe Tornatore è un film epico e grandioso. Un incontro di due anime sole alla ricerca della felicità.
Questo sottotitolo potrebbe sembrare banale, ma vi assicuro che non lo è. Di Giuseppe Tornatore ho sempre ammirato la voglia di fare cinema, ma quello d’autore, ed ecco perché ho deciso di guardarmi tutti i suoi film. Allora non dovevo perdere questa sua nuova produzione. Ero in sala, seduto in un cinema del centro città, sfidando traffico e freddo, tra pop-corn ed acqua liscia, quando la luce in sala si è spenta ed è cominciata la magia de “La Corrispondenza”.
Il film, dal quale lo stesso regista ha tratto un romanzo, narra la storia d’amore tra Amy Ryan, una studentessa di astrofisica, ed il professor Ed Phoerum, esperto nella stessa materia, ultrasessantenne e sposato. Il loro è un amore fatto di continui messaggi, videochiamate, lettere inviate per posta. Amy ha bisogno di sentirsi legata a qualcuno, perché nasconde un terribile segreto (diversi anni prima causò la morte del padre in un incidente, fatto che non si perdona), mentre Ed ha bisogno di sentirsi veramente amato, chiuso in una famiglia che solamente rispetta. Entrambi si sorreggono come due puntelli. Arriva all’improvviso una tragica notizia: Ed Phoerum è morto a causa di un astrocitoma. Per Amy è la fine, o meglio ancora, potremmo dire, l’inizio di uno dei periodi più tormentati della sua vita.
I messaggi da parte di Ed continuano. Amy è sconvolta. Chi li manda? Perché? Cosa vuole da lei il misterioso mittente? È il suo Ed che, a conoscenza della malattia, ha creato un sistema di comunicazione estremamente sofisticato. Un calendario preciso con tutte le date d’invio delle lettere e pacchetti postali contenenti cd con videomessaggi ed altri regali, chat impostate per mandare messaggi in giorni ed orari precisi. Ed continua così a stare vicino alla sua Amy, e lei, grazie all’amore che li lega e li legherà per sempre, riuscirà ad affrontare la famiglia di lui, a parlare finalmente con sua madre, e a smettere di partecipare come stuntwoman a scene pericolose, attività che aveva iniziato per autoflagellarsi per l’incidente del padre. Il legame con Ed continua e continuerà sempre, seppure attraverso internet, la posta ed il computer, come un filo invisibile che la mantiene e la manterrà sempre in vita.
Giuseppe Tornatore firma un film, come dicevamo, epico, semplice e grandioso. La trama potrebbe sembrare un po’ banale, e qualcuno potrebbe pensare che il film sia troppo lungo, ma quello che conta è che un’opera d’arte, come il cinema, deve emozionare: e Tornatore sa sempre come centrare il bersaglio, come parlare al cuore del suo pubblico, stavolta con una sceneggiatura che, tra sentimenti e discorsi sull’astronomia, è molto poetica e suggestiva, e grazie ad un cast di notevole talento. Tralasciando il bravo Jeremy Irons, la più impressionante è stata la giovane attrice ucraina Olga Kurylenko, veramente emozionante in ogni suo gesto, in ogni sua espressione, con un volto che cattura l’attenzione dello spettatore. Menzione a parte per il nostro Paolo Calabresi, un attore principalmente dedito al comico (recentemente in scena con Nudi e Crudi all’Ambra Jovinelli) nel ruolo dell’inquietante Ottavio, il traghettatore, segno che quando si è bravi lo si è in tutto, e per il timbro brunito e suadente di Luca Ward, l’affascinante voce di Ed.
Un consiglio: andate a vederlo finché siete in tempo e lasciatevi emozionare!
Marco Rossi