Nicola Guaglianone, lo sceneggiatore del momento per Culturamente.
Autore de “Lo chiamavano Jeeg Robot”, “Indivisibili” e “L’Ora Legale”. Vincitore di un David Di Donatello e del Nastro D’Argento per il soggetto “Indivisibili”, ci svela il suo percorso, dall’incontro con Leo Benvenuti – da cui ha appreso, come lui stesso dice, le sfumature ironiche di raccontare il mondo e di cui fa memoria con una sua massima: “”Quasi tutti credono che l’osservazione ironica sia molto superficiale. Sbagliano. è invece la più profonda e ti resta dentro in eterno. Le cose rischiano di mutare, osservandole. E io non voglio. L’ironia le deforma ma non le cambia. Anzi. Le fissa nella loro verità”” – fino alla collaborazione con Mainetti.
Ciao Nicola, benvenuto e grazie per il tuo tempo. Raccontaci del tuo percorso e di come sia cambiata la tua vita dopo il successo de “Lo chiamavano Jeeg Robot”?
Per quanto riguarda il mio percorso, ho studiato Giurisprudenza, ma ho sempre nutrito una grande passione per il cinema. In occasione dei 100 anni dalla sua nascita acquistai un’agenda. C’erano i numeri di telefono delle varie associazioni, tra cui quello dell’ANAC (Associazione Nazionale Autori Cinematografici). Chiamai per chiedere se ci fossero delle scuole di sceneggiatura mi dissero che ogni venerdì Leo Benvenuti teneva dei seminari. Non dimenticherò mai il suo vocione a lezione.
Com’è cambiata la vita dopo Jeeg Robot? Guarda io sono molto bravo a letto (ride) nel senso che posso dormire fino alle 4 del pomeriggio senza mai svegliarmi, invece dopo Jeeg Robot ho cominciato a svegliarmi alle sei del mattino perché gli impegni erano tanti.
Questo è un mondo straordinario, dove tutti ti invitano alle feste, tutti ti salutano, ti vogliono, ma bisogna saper scegliere e rimanere con i piedi per terra.
Se penso ad un film sugli eroi il mio pensiero corre ai film americani. Qual è il discrimine tra l’eroe italiano e lo stigmatizzato eroe hollywoodiano?
Dipende molto dal film che vai a fare. Personalmente cerco sempre di raccontare un personaggio, un eroe combattuto tra due forze antagoniste: la forza di resistenza al cambiamento e la forza di rinnovamento.
Le mie storie si basano sempre su un cambiamento, una trasformazione. Come dice McKee, “un film è un comportamento.”
Quando scrivo mi concentro sui personaggi e sulle loro fragilità. Questo è quello che mi piace raccontare e potrei farlo indistintamente per un film americano ma anche italiano. Ma che cos’è un eroe? Un personaggio o eroe, sono le azioni e le scelte che prende sotto pressione. Quindi la cosa più importante è scrivere delle scene che mettono il personaggio davanti a delle scelte e in base a queste si comprende il percorso che sta facendo.
La differenza tra l’eroe italiano e quello americano? Che dire, anche i vecchi sceneggiatori rifiutavano le regole e le strutture all’americana. Tuttavia, guardando i loro film ci si rende conto che inconsciamente quelle sovrastrutture le avevano teorizzate e messe su carta.
Poi, pensa che la mia generazione ha avuto una formazione molto ricca che esorbita dal cinema di quartiere. Siamo nati nell’epoca dei video registratori e VHS. Sono cresciuto con i film americani anni 80, Rocky, Rambo, quindi quando scrivo il mio immaginario inevitabilmente va a sbattere su quel mondo lì.
Alla luce della nuova legge sul cinema, il prodotto filmico è stato rivalutato, Jeeg Robot è stato classificato come film di interesse culturale. Un revirement di rilievo, ma in questa dimensione quanto è importante la storia nella creazione di un film, soprattutto ora che il ruolo dello sceneggiatore nel cinema italiano attuale è un po’ sparito dopo i grandi nomi del passato.
Quando nel nostro paese si parla di cultura ho sempre timore. In nome della cultura ci dobbiamo tutti inchinare, in nome della cultura si fanno danni assurdi. In nome della cultura si occupa cinema, teatro, piazze ma chi ha deciso cosa è cultura e cosa no? C’è sempre qualcuno che si eleva a maestro, che indottrina le masse. A me questa visione fa orrore!
Per quanto riguarda lo sceneggiatore, il suo ruolo sta cambiando, il mercato finalmente si è aperto. Spero nasca veramente un’industria cinematografica che metta al centro di tutto le storie. La gente si è stancata di vedere sempre gli stessi film. Per anni gli sceneggiatori hanno accontentato le pretese di produttori e registi. Oggi stanno cominciando ad avere il coraggio di tirar fuori dal cassetto storie per le quali fino a qualche tempo fa si sentivano dire: “ah questa non te la farà fare nessuno”!
Oggi non esiste più un attore sicuro che porta la gente al cinema, a parte Zalone. È importante quindi avere un concept originale che invogli la gente ad andare al cinema. Puntando non solo al prodotto filmico di qualità, ma anche ad un background che attiri lo spettatore: sale che proiettano film in lingua originale, in cui è possibile pranzare, fare aperitivo o cenare. Dove ci sono divani al posto delle sedie, dove gli orari non sono quelli classici ma anche aperti di mattina. La sala deve diventare un punto di ritrovo. Un luogo dove puoi fare co-working. Se non si punta su questo la gente, ripeto, al cinema non ci va, i film li guarda a casa, sul Mac.
Forse è quello il problema
Non è neanche un problema,se un film è buono ti emoziona anche se lo vedi a letto con il laptop sulle gambe.
Concordo, ma il problema a cui mi riferivo io era riferito alla pirateria on line
Secondo me no, la pirateria on line danneggia l’home video, cioè quando i film escono in hd, blue ray e te lo scarichi. Il film appena uscito nelle sale, ripreso da un tizio con una telecamera imboscato all’ultima fila non se lo vede nessuno. O meglio se lo vede chi al cinema non ci andrebbe comunque.
Quindi anziché vietare con leggi anti-pirateria, bisognerebbe migliorare i servizi.
Mainetti-Guaglianone, un accoppiata vincente, oltre al sequel de lo chiamavano Jeeg Robot, ci sono in campo progetti futuri? Magari hollywoodiani?
Per il momento non faremo Jeeg 2. Abbiamo finito la sceneggiatura del prossimo film le cui riprese inizieranno il 15 gennaio a Roma. Vediamo se qui a Los Angeles s dove resterò fino a settembre c’è qualcosa che ci ispiri, che fa parte del nostro immaginario e da qui capiremo se vogliamo fare un film o no.
Ed invece il rapporto tra produttore regista e sceneggiatore? Tu sei l’autore, ma creare da solo un prodotto filmico è qualcosa di complesso, come funziona questa relazione, soprattutto quando magari chiedono di modificare quella determinata scena?
Con Mainetti mi sento molto protetto. Gabriele non gira una parola che non sia scritta sulla sceneggiatura, e se solo cambiano una virgola mi chiama. Gli attori lo sanno, quando vengono a fare un film nostro è quella la sceneggiatura. La nostra sceneggiatura è frutto di un intenso lavoro, cambiare anche una sola piccola parola può condizionare tutto quello che viene prima e dopo. Bisogna starci molto attenti. Nonostante ciò siamo comunque aperti sempre al suggerimento, al cambiamento.Un prodotto filmico è fatto di tante persone è giusto che sia cosi perché è un lavoro faticoso. infatti, mi fanno ridere quei registi che dicono: “il mio film”. Un film è frutto di una cooperazione tra tante persone e mai una sola.
Come autore, quando termino una sceneggiatura, i personaggi di cui ho scritto sono diventati parte di me, della mia quotidianità a 360°. Ma quando arriva il momento di dare la sceneggiatura ad un regista, provo la stessa sensazione che può avere un padre quando affida la figlia tredicenne ad un branco di camionisti, con tutto il rispetto per i camionisti. L’unica cosa che puoi sperare è che la trattino bene. Io devo dire che ho dei registi come De Angelis e Mainetti che so saranno gentili con la mia bambina (ride).
Ai ragazzi che sognano una carriera nel settore e riuscire ad avere successo, cosa consiglieresti, soprattutto quando dopo innumerevoli sforzi i progetti non decollano?
Il consiglio è di mantenere la propria individualità, raccontando le storie con un punto di vista originale e personale.
Per quanto riguarda la parte autoriale consiglio di trovare quello che è il proprio stile, la propria visione del mondo, la propria originalità, quello che gli americani chiamano “il tuo asso nella manica”. Bisogna scavare per trovare la propria particolarità e per farlo bisogna guardare alle fragilità ed insicurezze che abbiamo dentro. Queste saranno il vostro super poter che vi consentirà di creare uno stile personale, differente da tutti gli altri.
Ma è anche vero che il mestiere dello sceneggiatore deve essere un mestiere fatto di grande umiltà. In cui bisogna mettersi al servizio di una produzione o di un regista, soprattutto all’inizio, e lavorare come un artigiano.
Se volete essere un autore, all’inizio, fatelo come hobby, un qualcosa da coltivare piano piano e al momento giusto tirarlo fuori.
La passione per il cinema è il motore che fa muovere i primi passi in questo settore. Unire questa ad una propria individualità stilistica è il quid pluris che vi farà emergere. Come ha detto Nicola Guaglianone per creare un film di qualità bisogna mettere al centro “storie originali che partano dall’immaginario degli scrittori. Questo è mettere davvero la scrittura al centro delle produzioni”.
Angela Patalano