Adesso, cercando il termine “superficiale” sul dizionario troverete molto probabilmente “Escobar Il Fascino del Male”. E già titolo, dopotutto, non è il massimo dell’originalità.
Ma questo non è un film che ambisce all’originalità, chiaramente. Non può esserlo quando il suo soggetto, nell’anno del Signore 2018, è Pablo Escobar. Un personaggio che oramai abbiamo visto in ogni salsa, ovunque, e così tanto negli ultimissimi anni. Non so bene quando e perché sia improvvisamente (ri)scoppiata la moda di Escobar, ma è davvero il caso di fare una preghiera e chiedere di non vedere più film su questo soggetto per molto tempo. Perfavore, e lo dico anche voi per stessi cineasti.
Non a caso, cosa si può dire di nuovo, di diverso, di più interessante? Non solo Escobar è stranoto per i fatti reali di cronaca relativamente vicino nel tempo. Ma, appunto, la sua vicenda è stata vista e stravista tra cinema e serie tv.
L’approccio di Escobar il Fascino del Male, pertanto, è quello di non raccontare nulla di nuovo. Anzi, di raccontare il nulla.
Paradossalmente, l’originalità è proprio quella di accettare passivamente la confezione di film inutile, e servirsi delle due star principali per provare ad accalappiare qualche spettatore, qualche titolo di giornale. Chiunque conosca un briciolo della storia di Escobar può risparmiarsi il film. Chi non la conosce, può leggere la pagina wikipedia ed è la medesima cosa. Più che un vero film, Escobar il Fascino del Male è un bignamino della storia vera. La quale, condensata in due ore, finisce inevitabilmente per essere velocizzata e privata di ogni ambiguità o approfondimento. Scena dopo scena si passa semplicemente al fatto successivo, e dal film non capiamo mai perché Escobar sia diventato questa figura mitologica per cui cinema e tv si spremono.
L’unica vaga idea del progetto, quella di raccontare la storia dal punto di vista Virginia Vallejo, una delle amanti di Escobar, si rivela prestissimo completamente inutile alla narrazione, che torna ad essere una superflua ricostruzione dei fatti. Semmai l’idea è il classico pretesto per avere le luci dei riflettori sulla presenza di Penelope Cruz, la quale è chiamata comunque ad interpretare un ruolo scarno e ingeneroso verso il suo talento. Ugualmente Javier Bardem non è lì per interpretare veramente Escobar ma solo dare volto e corpo al personaggio: non ha tempo per l’introspezione, ed è costretto all’imitazione.
Venti anni fa questo tipo di film sarebbe stata la classica biografia tv. Ora invece non possiamo nemmeno dire che è brutto, perché è la sua inutilità a vincere. Su una cosa, però, possiamo sdegnosamente accanirci: perché prendere i due attori spagnoli più noti, immergerli in una storia sudamericana su un personaggio colombiano…..e farli recitare in inglese?
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Emanuele D’Aniello
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