Manhattan, il film omaggio alla “città che non dorme mai”

manhattan recensione film

“New York era la sua città, e lo sarebbe sempre stata”

Facciamo un gioco. Ognuno deve rispondere di getto.

Chiudete gli occhi. Pensate di essere dei registi. Immaginate i vostri personaggi e i loro caratteri. Niente fantascienza, niente horror. Vita. Per creare un “kolossal”, dove li inserite?

Molti, immagino, avranno immaginato la scenografia cittadina più conosciuta al mondo: New York. Lei, la ‘città che non dorme mai’, è considerata la ‘città da film’ per eccellenza. Molti, quando la visitano, passando per una via, ben coscienti di non esserci mai stati, hanno l’idea di conoscerla. Quanti film si svolgono tra le strade di questa città americana? Uno di questi è Manhattan, girato da Woody Allen nel 1979.

Dopo la separazione dalla moglie Jill (Maryl Streep) che ormai convive con un’altra donna, Isaac (Woody Allen), autore televisivo di 42 anni, è in confusione. Frequenta Tracy (Mariel Hemingway), una ragazza con le sue stesse passioni e che lo ama, che possiede un difetto non trascurabile: ha solo 17 anni. Un giorno il suo amico Yale gli presenta la sua amante Mary (Diane Keaton), che inizialmente Isaac non sopporta. Durante una sola notte, però, in cui i due, ritrovatisi alla stessa festa, camminano e si conoscono, capiscono di avere molto in comune. Rinunciando alle loro precedenti storie, tentano di instaurare una relazione. Le cose però non sempre vanno come previsto….

Il film è tra i più celebri, più riusciti e più discussi di Allen.

Esce dopo grandi successi ironici, quali Il dittatore dello stato libero di Bananas del ’71 e il vincente Io e Annie del ’77; e un primo film drammatico, come Interiors del ’78. Con Manhattan Woody Allen unisce il dramma all’ironica satira.

Drammatica è la descrizione di decadenza. Ci mostra una città dalla morale priva di sensibilità. Più volte parla di ciò che distrugge la mente, come la televisione; e inserisce i personaggi in una società ipocrita, perbenista e pseudo-intellettuale, incapace di confrontarsi e imparare. La causa è un vuoto che nessuno sa capire: vuoto che si mostra attraverso il sesso senza coinvolgimento, una critica eterna all’arte, una ricerca continua al convenzionale.

Ironico è il modo di accettare tutto questo. Straordinaria è la vita nella sua criticità e la sua natura dissacrante, da non poter nascondere il lato comico e assurdo delle cose. Rappresentativo in questo il cammeo della gita al lago. Mary e Isaac, durante le loro passeggiate, si trovano su una barchetta. Ridono, scherzano e parlano. Isaac, romanticamente, come vuole la convenzione, immerge una mano in acqua. Nel tirarla su, è completamente ricoperta di un appiccicosa fanghiglia.

Manhattan film

La vera essenza nel film, però, sta nel modo in cui Woody Allen rende omaggio alla sua città e al suo essere ispirazione. Autentico ritratto di tempo e luogo di quei giorni, dichiarò il desiderio che, fra 100 anni, vedendo la pellicola, la gente avrebbe compreso la vita nella Manhattan degli anni ’70.

La sua capacità poetica si intravede già nella prima scena.

Davanti allo skyline del distretto newyorkese, la voce di Isaac ci introduce all’interno delle sue elucubrazioni nell’elaborare il primo capitolo del suo libro, mentre la Rapsodia in blu di George Gershwin ci accoglie con le sue note. E’ un’eccellente scelta di regia, attraverso l’uso di tre linguaggi. Prima ci fa sentire la melodia newyorkese per eccellenza: quel suono che racconta una storia o che riesce a descrivere solo attraverso se stesso. A seguire c’è l’immagine della panoramica della città: realtà oggettiva, senza ‘se’ e senza ‘ma’. In aggiunta arriva la voce del personaggio, che adora e vive New York, quindi una visione personalizzata, registica.

A dargli quel tocco ancora più magico è la volontà di girare tutto in bianco e nero, come Allen la ricordava nei film che vedeva da bambino o nelle foto. Con questa tecnica omaggia anche un’altra sua passione: il cinema. Più volte nel film ne parla e più volte ne fa riferimento.

L’ingrediente segreto lo aggiunge nella colonna sonora, firmata dal genio del già citato George Gershwin. La sua musica dona al film un gusto sempre più ‘retrò‘. Questa, inoltre, aggiunge un ulteriore omaggio ad un altro ‘motore di vita’ del regista: la musica, in particolare il jazz.

3 motivi per vedere il film:

– La fotografia di Gordon Willis, decandente e romantica insieme

Diane Keaton, nella sua recitazione drammatica, travolgente e ironica

– Vedere New York con gli occhi di chi la ama, la vive e l’ha vissuta

Quando vedere il film:

Di sera, con una bella coperta. Le immagini e la musica cullano (non addormentano, attenzione). Inoltre, spinge a prendere un aereo e vivere quell’atmosfera tipicamente newyorkese, con le sue luci e il suo spirito vivo e malinconico.

 

Francesco Fario

Le immagini contenute in questa recensione sono riprodotte in osservanza dell’articolo 70, comma 1, Legge 22 aprile 1941 n. 633 sulla Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio. Si tratta, infatti, di «riassunto, […] citazione o […] riproduzione di brani o di parti di opera […]» utilizzati «per uso di critica o di discussione», nonché per mere finalità illustrative e per fini non commerciali. La presenza in CulturaMente non costituisce «concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera».

Attore e regista teatrale, si laurea in Lettere Moderne a La Sapienza per la triennale, poi alla magistrale a TorVergata in Editoria e Giornalismo. Dopo il mondo del Cinema e del Teatro, adora leggere e scrivere: un pigro saccentone, insomma! Con Culturamente, ha creato la rubrica podcast "Backstage"

COMMENTA QUESTA DOSE DI CULTURA

Lascia un commento!
Inserisci il tuo nome qui