Lolita, “luce della mia vita, fuoco dei miei lombi”

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Titolo: Lolita
Regista: Stanley Kubrick
Sceneggiatura: Stanley Kubrick, Vladimir Nabokov
Cast Principale: James Mason, Sue Lyon, Peter Sellers, Shelley Winters
Nazione: Gran Bretagna
Anno: 1962

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Spesso, per non dire sempre, quando si scrive la recensione di un film tratto da un romanzo si fa il banale e grave errore di commentare l’opera visiva basandosi sulle pagine cartacee originali, dimenticando che sono due piani artistici differenti, e la critica cinematografica in particolare dovrebbe basarsi solo su quanto si vede sullo schermo. Il primo film inglese di Stanley Kubrick però merita un discorso a parte, perché il regista chiese a Vladimir Nabokov, autore del romanzo, di aiutarlo nella stesura della sceneggiatura, e perché tutta la promozione del film si basò sull’ormai celeberrima frase “Come hanno fatto a fare un film di Lolita?”. Mettere in parallelo libro e opera visiva in questo caso non solo è possibile, ma quasi doveroso.

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La cosa paradossale è però che, pur venendo indirizzati dagli autori stessi della pellicola al confronto col materiale originale, il film e il libro non potrebbero essere più diversi, per svariati motivi:

– Perché della sceneggiatura di Nabokov rimane pochissimo, perché le 400 pagine finali erano impossibili da adattare per la lunghezza, e Kubrick pensò a redarre la versione definitiva.

– Perché per ovvi motivi di censura gli elementi sessuali presenti nel libro, espliciti o meno, nel film sono a dir poco velati e lasciati all’immaginazione degli spettatori.

– Perché la protagonista del romanzo ha un’età di 12 anni, impossibile da trasportare sul grande schermo per non rischiare di far sprofondare nella pedofilia più pura una storia già molto al limite, e quindi la protagonista del film ha 14 anni con un aspetto che fa venire in mente una diciassettenne.

Questi liberi adattamenti di Stanley Kubrick sono difetti? No, semplicemente differenti versioni, che secondo alcuni migliorano il libro, per altri lasciano insuperata l’opera originale dello scrittore russo.

Il romanzo di Vladimir Nabokov, oltre ad essere molto denso, è abbastanza esplicito.

Il protagonista della storia, Humbert Humbert, appare davvero come una personalità con delle preferenze ai limiti della pedofilia, perché come detto Lolita ha circa 12 anni, e lui non è al primo amore per queste ragazzine, che chiama ninfette. La sottotraccia erotica è chiara. Inoltre la personalità di Lolita è meno importante così come il personaggio di Quilty, a tratti marginale. Il film di Stanley Kubrick invece parte e si sviluppa seguendo percorsi diversi, ad iniziare ovviamente dalla prima scena: il film si apre con l’omicidio di Humbert Humbert ai danni di Quilty, reo di avergli rubato l’amore di Lolita. Nel romanzo questo è il capitolo finale, prima dell’accenno sul processo e sulla morte del protagonista. La scelta radicale di Kubrick di partire dalla fine della storia è importante per due motivi: primo, non è suo interesse far seguire allo spettatore una trama normale che vada dal punto A al punto B, bensì farlo concentrare sulla psicologia e sui sentimenti dei protagonisti che hanno motivato le azioni appena viste; secondo, il protagonista è presentato, ancora prima che come pedofilo, anche come omicida, per cui il dilemma dello spettatore sull’empatizzare col personaggio è ancora più lacerante.

Poi come ricordato, per motivi di censura, tutte le scene erotiche e i suoi accenni sono stati molto velati, un qualcosa che Kubrick non voleva e lo portò anni dopo a dichiarare che, se avesse saputo prima dei problemi col pudore dei censori, avrebbe preferito addirittura non realizzare la pellicola. Ma paradossalmente tutto ciò ha aiutato il film e gli scopi prefissati dal suo autore, facendo vivere il film di vita propria, perché lasciando tutto all’immaginazione la forza emotiva della storia è ancora più dirompente. Il desiderio sessuale non è materiale, ma sempre percepito in ogni scena, facendo prevalere l’atmosfera e l’introspezione delle azioni e delle scelte invece che il lato torbido e morboso, lasciando così che anche gli spettatori più tradizionali intendessero in modo meno scabroso una storia di pedofilia.

I personaggi risentono di questi cambiamenti, su tutti ovviamente Humbert Humbert: il protagonista nel film non è un predatore sessuale come potrebbe sembrare, ma un uomo debole totalmente vittima dei suoi sentimenti e di chi incontra sul suo percorso. Soccombe sempre emotivamente, da marito subisce Charlotte, da padre e amante subisce sia da Lolita sia da Quilty. E proprio quest’ultimo, ritagliandosi uno spazio superiore a quello del libro, diventa la materializzazione del lato oscuro di Humbert, il suo doppio cattivo e perverso. La relazione con Lolita è sbagliata ma Humbert antepone i sentimenti, per quanto folli, mentre Quilty si spinge più in là, superando un confine che Humbert non oltrepassa mai, se non forse mentalmente. Anche in tal senso le performances di James Mason e Peter Sellers sono opposte: il primo intenso ma misurato, comunica con lo sguardo la sua ossessione e la sua fragilità; il secondo è istrione, stravagante, esagerato, e Sellers porta in nuce la recitazione che esploderà sempre con Kubrick due anni dopo.

Il faro di tutto è però Sue Lyon, la nostra giovane Lolita, che fin dalla sua entrata ruba la scena a tutti: Kubrick la presenta in maniera decisa, nel primo impatto la vediamo sdraiata in giardino, occhiali da sole, bikini e un grande cappello in testa. Raramente si è visto nel mondo del cinema una entrata in scena così clamorosa, e raramente una donna al cinema sarà presentata in maniera così bella e provocante. Pensare che quel personaggio “dovrebbe” avere 14 anni fa capire che Kubrick visivamente ha raggiunto il suo scopo.

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Torniamo quindi al quesito iniziale posto dal film stesso: “Come hanno fatto a fare un film di Lolita?”. Come si disse all’epoca la risposta è semplice: non ci sono riusciti. Perché il film è diverso dal libro, non migliore, ma complesso in modo diverso, approfondisce ed esalta altri aspetti. Una storia impossibile a pensarla, popolata da personaggi cattivi e cinici, a cui Kubrick aggiunge sempre un gusto unico per il grottesco al posto giusto al momento giusto.

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3 motivi per vedere il film:


– Fare il percorso inverso del film, e farsi invogliare dalla visione a recuperare il controverso capolavoro letterario di Nabokov.

– Ancora una volta, godersi la leggendaria entrata in scena nel film di Sue Lyon, e farsi travolgere dalle medesime perverse emozioni del protagonista.

– Ogni scena in cui Peter Sellers mette in mostra il suo talento tragicomico inarrivabile.

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Quando vedere il film:


– La sera, e rigorosamente da soli, per scoprire le pulsioni di Humbert Humbert sono anche una sfida alla nostra morale.

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Emanuele D’Aniello

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Malato di cinema, divoratore di serie tv, aspirante critico cinematografico.

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