Un autunno caldo di mostre quello del MAXXI. Dal 15 novembre è possibile visitare Home Beirut Sounding the Neighbors; Corpo, Movimento, Struttura – la costruzione del gioiello contemporaneo; e Michel Comte, Light.
Home Beirut Sounding the Neighbors è curata dal direttore artistico del MAXXI, Hou Hanru. Neanche a dirlo, una mostra ricchissima e curata fin nel minimo dettaglio. Questa su Beirut è la terza di una serie di mostre sul tema Interactions across the Mediterranean. Le prime due, dedicate all’Iran e a Istanbul, si sono svolte rispettivamente nel 2014 e nel 2015 sempre negli spazi del MAXXI. Questa terza tappa dedicata a Beirut è la naturale conseguenza di un’interrogazione circa le trasformazioni in atto nel nostro mondo.
Un focus sulla relazione tra le comunità artistiche europee e mediorientali.
È quasi un pretesto per poter studiare i temi cruciali della nostra contemporaneità: i confini, le migrazioni dei popoli, la comprensione delle differenze, il rapporto fra Occidente e Medio Oriente. Tutti temi che si ritrovano nelle varie creazioni artistiche provenienti dalla capitale Libanese.
Beirut è divenuta esempio di dinamismo, vivacità culturale e speranza di cui l’arte contemporanea è sia testimone che motore. Luogo caratterizzato da forti diversità culturali, economiche e politiche è in costante trasformazione, confrontandosi a stretto giro con il mondo globalizzato.
Beirut è infatti una città in continuo divenire. Ha subito quindici anni di guerra civile. È diventata uno dei centri economici più prosperi del Medio Oriente. Grandi quantità di investimenti del capitale globale si sono riversati sul suo sviluppo urbano. Questo ha permesso ad archistar di costruire edifici di grande impatto e infrastrutture che trasformano la città in una metropoli contemporanea.
Il nuovo si fa spazio accanto al vecchio, al logoro, al passato.
Beirut è una città che ha ottenuto l’indipendenza, ha vissuto le negoziazioni postcoloniali, i conflitti con i paesi limitrofi, le differenze religiose, la guerra civile e la ricostruzione. È facile che i suoi abitanti si chiedano come sia possibile, nonostante la proliferazione di nuovi edifici, abitare questa città. Una città traumatizzata dal recente passato fatto di guerre e conflitti. È normale che ci si chieda come sia possibile riscoprire la normalità di vivere dopo la guerra civile? Come sia possibile ricostruire la città dopo i traumi del passato?
La casa – Home Beirut – a cui si riferisce questa mostra è il punto d’incontro fra “noi” e gli “altri”. La casa e i vicini sono la metafora dell’accoglienza di questa metropoli. Beirut è infatti una delle città più multiculturali e multi confessionali del mondo.
Sin dal suo nascere ha subito invasioni di ogni genere: migranti provenienti da luoghi vicini o lontani, siano essi coloni o rifugiati. Tuttora è questo il ruolo di Beirut nel complicato scacchiere mediorientale. Una città che si lascia plasmare da questo andirivieni di genti bisognose di un luogo da definire come “casa”. Beirut è una cassa di risonanza che continua a riecheggiare i “suoni del vicinato”, delle nazioni a lei più prossime.
Ci si chiede quindi come possa essere questo luogo, dove ogni singolo ha un diverso senso di identità, una casa per tutti?
Una mostra complessa, suddivisa in quattro zone o aree tematiche. Quattro case che accolgono le oltre 100 opere di 36 artisti che esprimono una cultura inter-mediterranea in forte crescita. Un allestimento che permette al visitatore di vagare nella complessità della città. Le quattro sezioni, ognuna concepita come una casa sono: Home for Memory; Home for Everyone?; Home for Remapping; Home for Joy.
La prima sezione, della memoria, affronta il tema comune a molti artisti, della contraddizione fra ricordo del conflitto e volontà di ricostruire una nuova società civile.
La memoria è un ponte che collega passato e futuro nelle opere di Vartan Avakian o Mona Hatoum. Di questa è proiettato il noto video Measures of Distance (1988): allo scoppio della guerra, nel 1975, l’artista dovette rimanere a Londra. Questo esilio forzato che l’ha allontanata dalla madre è documentato con frammenti di lettere, conversazioni intime e immagini.

La sezione dedicata all’accoglienza (Home for Everyone?) sviluppa un tema da sempre contemporaneo a Beirut.
Da sempre ha accolto popoli con origini e religioni diverse che hanno scelto questa città come nuova casa. Tutto ciò ha donato a questo luogo una cultura ricca, complessa e cosmopolita. I video di Joana Hadjithomas & Khalil Joreige, quello di Roy Dib – A Spectacle of Privacy – e di Jalal Toufic mettono ben in evidenza la tematica della diversità culturale e dell’emigrazione.

La terza casa è dedicata alle opere artistiche che sviluppano il tema del cambiamento di Beirut.
Una città che ha vissuto guerre, disastri naturali, il boom edilizio, non poteva non trasformarsi fisicamente. Tutti i conflitti sociali e le successive riconciliazioni sono tracciate, come rughe, sul suo volto. Esposta in questa sezione è la grande mappa in gomma della città su cui il pubblico è invitato a camminare: Beirut Coutchouc di Marwan Rechmaoui.

La quarta e ultima casa è dedicata alla felicità.
Le arti non hanno mai cessato di essere prodotte a Beirut, nemmeno nei suoi periodi più bui. La guerra e i momenti difficili le hanno forse alimentate come forma di resistenza. Non solo arte visiva, ma anche e soprattutto musica in questa sezione. Una parete è stata infatti invasa da cd e cuffie da cui è possibile ascoltare alcuni brani prodotti da musicisti libanesi. Insieme con i cd sono esposte anche le loro copertine realizzate da grafici, artisti e designer anch’essi libanesi.
Una mostra che spinge il visitatore a conoscere la cultura contemporanea, ricca, meticcia e multiculturale di questo Paese. Una mostra che sottolinea quanto la ricchezza culturale sia data proprio dalle differenze.
Home Beirut Sounding the Neighbors sarà al MAXXI fino al 20 maggio 2018.
Corpo, Movimento, Struttura – la costruzione del gioiello contemporaneo è la seconda nuova mostra del MAXXI.
Ospitata nel Centro Archivi del MAXXI Architettura è una mostra piccola ma molto interessante. Curata da Domitilla Dardi indaga i rapporti fra architettura e costruzione di gioiellli contemporanei. Gioielli creati da sei designer sono stati creati per dialogare con bozzetti e fotografie di alcune realizzazioni architettoniche di noti artisti italiani.
È così che Giampaolo Babetto si confronta con le architetture di Carlo Scarpa. David Bielander nel suo creare gioielli echeggianti la zoomorfia si rifà all’architettura organiza di Maurizio Sacripanti. La passione per la geometria e le armature di Nervi sono state riprese, in piccola scala, da Helen Britton. La cifra decisamente pop di Vittorio De Feo è stata ripresa appieno nei bracciali, nelle collane e negli anelli cui ha dato forma Monica Cecchi. I gioielli creati da Peter Chang, anglo-cinese, sembrano provenire da un mondo fantastico; per l’uso di materiali affini sono stati associati ai lavori del gruppo IaN+.
Architetture da abitare col corpo e architetture da indossare sul corpo si confrontano negli spazi del MAXXI fino al 14 Gennaio 2018.

L’ultima esposizione inaugurata al MAXXI il 14 novembre è dedicata all’attività di Michel Comte.
Fotografo fra i più importanti al mondo, ha deciso, circa 30 anni fa di iniziare a fotografare e rappresentare ambienti glaciali. Abile scalatore e aviatore, con la sua macchina fotografica ha testimoniato il rapido scioglimento dei ghiacciai e delle calotte globali. Il progetto Light presenta l’effetto del cambiamento climatico sugli habitat glaciali del nostro pianeta. Un progetto impegnato che il WWF Italia ha deciso di sposare. Artista e WWF puntano a rendere consapevoli di questo problema globale, che riguarda ognuno di noi, il grande pubblico. La presentazione delle opere di Comte è infatti avvenuta in coincidenza con il lancio della campagna Planet is Calling.
Le opere di Comte sarà possibile vederle negli spazi Extra MAXXI e CORNER MAXXI con ingresso gratuito.
Ogni sera infatti, sulla facciata del museo di via Guido Reni, saranno proiettate delle sue fotografie mostranti il cambiamento e il decadimento dei ghiacciai. Fino a domenica 19 novembre, sarà inoltre esposta nella lobby del museo, una grande scultura/installazione dal forte impatto. Anch’essa facente parte del progetto Light, incoraggia gli spettatori a una presa di posizione e a un cambio repentino di abitudini ecosostenibili.

Questa raccolta di opere inedite indaganti l’impatto del riscaldamento globale sui paesaggi glaciali sarà al MAXXI fino al 10 dicembre.
Francesca Blasi