Il potere delle immagini in “A riveder le stelle” spettacolo inaugurale del Teatro alla Scala, in un mondo che ne chiede ancora di più bisogno.
Quante volte ci diciamo fra di noi che le immagini hanno un grosso potere? Tante, ma tante volte. Ebbene, in un momento di grave crisi come questo le immagini aiutano, eccome se aiutano. Il Teatro alla Scala, per l’inaugurazione della stagione 2020-2021, ieri lunedì 7 dicembre 2020, ha deciso di farci letteralmente “riveder le stelle“.
La citazione dell’ultimo verso dell’Inferno di Dante Alighieri ripresa come titolo dell’evento, “A riveder le stelle“, è adatta per rappresentare il potere delle immagini e della musica: la guarigione, simbolo appunto di rinascita.
Un mondo fiabesco
Il Teatro alla Scala ha messo in scena uno spettacolo complesso, fatto di musica, luci, testi ed immagini per la trasmissione televisiva. L’Orchestra ed il Coro del Teatro alla Scala, in forma smagliante, diretti magistralmente da Riccardo Chailly e Michele Gamba (che ha diretto i momenti danzati), ed i membri del Corpo di Ballo del Teatro alla Scala, hanno trascinato lo spettacolo verso un grande momento di pura arte.
Il potere delle immagini
La regia di Davide Livermore, attraverso le scenografie digitali di D-Wok, le scenografie vere e proprie dello stesso regista e di Giò Forma, le luci di Marco Filibeck ed i costumi di Gianluca Falaschi, ha mostrato il potere visionario dell’immagine.
Ecco allora Vittorio Grigolo cantare La donna è mobile in una scenografia visiva tra piume svolazzanti, Sonya Yoncheva cantare La mamma morta dall’Andrea Chénier di Umberto Giordano con sullo sfondo La Libertà che guida il popolo di Eugène Delacroix. Roberto Alagna ha cantato E lucevan le stelle dalla Tosca di Giacomo Puccini tra le immagini di Castel Sant’Angelo ed il Tevere. Straordinaria l’idea di far cantare la straordinaria Rosa Feola l’aria So anch’io la virtù magica del Don Pasquale di Gaetano Donizetti tra scenografie riproducenti film anni ’50 (ripresa dell’idea registica di Livermore per il suo Don Pasquale andato in scena alla Scala nel 2018).
Ad essere onesti, non è stato tutto estremamente efficace. Non si capiva il perché della presenza del treno per le arie del Don Carlo. Le mime che disturbavano lo straordinario Juan Diego Flórez durante l’esecuzione della Furtiva Lagrima erano abbastanza fastidiose.
La musica, con i suoi interpreti
Altissimo il livello musicale dello spettacolo, con, tra gli altri, una straordinaria Eleonora Buratto in Morrò, ma prima in grazia. Elegiaco e sempre magico Juan Diego Flórez nella Furtiva Lagrima, un vero incanto. Nobili ed intensissimi Ildar Abdrazakov e Ludovic Tézier nelle arie del Don Carlo di Giuseppe Verdi. Un vero fuoco interpretativo è stato Carlos Alvarez nei panni di Jago dall’Otello, sempre di Giuseppe Verdi.
Elīna Garanča si è prodotta in un O don fatale leggermente calante d’intonazione purtroppo.
La bellezza della danza
La danza, vera e propria estasi di bellezza, è stato altro elemento cardine della serata. Vera e propria magia l’Adagio del Grande pas de deux dal secondo atto dello Schiaccianoci di Pëtr Il’ič Čajkovskij eseguito da Nicoletta Manni e Timofej Andrijashenko su di una coreografia di Rudolf Nureyev. Spettacolare Roberto Bolle in Waves, una coreografia complessa di Massimiliano Volpini, composta dalle luci stranianti di Valerio Tiberi, dalla musica di Davide Boosta Dileo con la Gymnopédie n. 1 di Erik Satie.
La forza della lettura
I testi, che si alternavano all’esecuzione, di grandi personaggi come Eugenio Montale, di Cesare Pavese, Ingmar Bergman, Michela Murgia, ma anche i pensieri di Ezio Bosso, basati sull’arte, sulla musica, sui testi dei libretti, su pensieri personali, interpretati, tra gli altri, da attori come Massimo Popolizio e Laura Marinoni, hanno reso ancora più forte questo spettacolo.
La forza di questo spettacolo è stata: musica, arte, immagine e parola!!!
Marco Rossi
(La recensione si riferisce alla trasmissione televisiva su Raiuno del 7 dicembre 2020)