In scena fino al 6 marzo 2022, lo spettacolo che riporta sul palcoscenico il dramma di Arthur Miller, con la traduzione di Masolino D’Amico.
Nel cast, un immenso Michele Placido, entrato “a sorpresa” in sostituzione di Alessandro Haber che purtroppo non ha potuto recitare a causa di problemi di salute. Al fianco di Placido, un’immensa Alvia Reale, nei panni di Linda, moglie del protagonista Willy Loman. Tutto il dramma ruota intorno alla sua figura: Willy è un commesso viaggiatore che sceglie di trascorrere la sua vita a bordo di una chevrolet. A farli compagnia durante i suoi viaggi, il suo sogno intramontabile: raggiungere il successo e la libertà. Una libertà che riguarda il famoso sogno americano. Come satelliti che gravitano intorno a Willy, i suoi familiari: i suoi due figli, Happy e Biff, e sua moglie, Linda. Lo amano, lo ammirano. Ma nello stesso tempo nutrono rancore. Durante tutto lo spettacolo il pubblico assiste costantemente alla rappresentazione di queste due energie contrapposte: da un lato l’Amore incontrastato, dall’altro un odio viscerale. C’è qualcosa che non torna. Qualcosa che rende costantemente insoddisfatto lo spettatore. Non è un’opera teatrale che ci manda un messaggio univoco. Tutt’altro. Il pubblico viene vorticosamente inghiottito dalla brutalità della vita.
Una scenografia tra passato e presente
Dal punto di vista della messa in scena teatrale, molto impattante e da sottolineare, la scenografia mobile. La storia, essendo raccontata sotto forma di flashback ripetuti e costanti, viene rappresentata visivamente proprio dagli ambienti di scena. Piccoli accorgimenti scenografici tangibili che conducono ad una concatenazione di eventi tra passato e presente.
La trama
La storia si svolge nell’America del secondo dopo guerra, tra le città di New York e Boston. L’epoca storica è quella del “sogno americano“, in cui ciascuno è responsabile del proprio destino e della costruzione del proprio futuro. Tutti vengono lasciati soli, in realtà, in città grandi, in cui regna il disincanto. Al fine di ricalcare e rende soffocante questo “american dream”, il pubblico avverte una sensazione di mancanza d’aria. A più riprese, infatti, nel corso dei dialoghi, i personaggi descrivono una casa con tante finestre spalancate, eppure non entra l’aria, eppure non si respira. Durante l’evoluzione della storia, si scivola lentamente nell’abisso dove sprofonda il protagonista. Willy Loman entra in un vortice, è il vortice della sua smania di perfezione, della sua sete di successo e di auto affermazione nella società. Il personaggio si pone in costante paragone con il resto delle persone che lo circondano e ha un rapporto morboso con i suoi due figli, in particolare con Biff.
Il protagonista
Quando penso a Willy Loman, penso alla canzone di Mia Martini “Piccolo Uomo“. Ed è così. Il protagonista dell’opera drammaturgica di Arthur Miller è un uomo piccolo, un inetto, che ha nel cassetto un grande sogno, molto più grande di lui. Il protagonista siamo noi. Noi esseri umani alla ricerca costante di una felicità troppo idealizzata, troppo enfatizzata, creata con il solo scopo di renderci meno consapevoli e attenti alle cose più piccole della nostra breve esistenza terrena.
Una storia sempre attuale
La storia è quanto mai attuale. Considerato il particolare momento storico che stiamo vivendo con il conflitto ucraino, con le notizie strazianti che stiamo sentendo e le immagini che stiamo vedendo, la storia prende anche un’altra valenza. Il discorso finale di Michele Placido rivolto al pubblico è stato commovente. Ha ringraziato il pubblico “di mascherine” e ha sottolineato come la ripresa degli spettacoli teatrali, post pandemia, possa farci un minimo respirare e porre soprattutto l’attenzione su tematiche che ci saranno sempre e caratterizzeranno qualsiasi tempo storico.
Serena Cospito