“Intelletto d’amore”, omaggio di Lella Costa a Dante nel settecentenario dalla sua morte, è in scena fino a domenica 5 dicembre al Teatro Vittoria di Roma
Nella Divina Commedia i personaggi femminili non sono tanti. Ma quelli che ci sono, hanno un ruolo determinante. È questa la premessa dello spettacolo teatrale “Intelletto d’amore”, attualmente in scena – ancora per pochissimo – al Teatro Vittoria di Roma. Sul palco c’è la sola – bravissima – Lella Costa a spiegare perché Dante, senza le donne, non sarebbe il Dante che conosciamo.
D’altronde il sottotitolo dello spettacolo è proprio “Dante e le donne”, un argomento molto discusso da sempre, ma soprattutto negli ultimi anni, pensiamo alle lezioni dantesche del linguista Luca Serianni o ad un saggio come “Le donne di Dante” del critico letterario Marco Santagata.
Per Dante le donne hanno “l’intelletto d’amore” – da cui il titolo dello spettacolo – cioè sono in grado di capirlo, l’amore. Per questo si rivolge sempre a loro: sono le donne il pubblico di Dante.
La Divina Commedia l’hanno scritta le donne, in verità, perché è stata scritta per le donne.
Tuttavia, nello spettacolo si ricorderà come il poeta è stato inclemente e ingiusto – a volte apparentemente, a volte davvero – con i personaggi femminili.
La struttura di “Intelletto d’amore” è divisa in quattro parti, ognuna dedicata a una donna e al modo in cui Dante si è rapportato con loro.
La prima donna che Lella Costa ci presenta è Gemma Donati, la moglie di Alighieri. E dobbiamo davvero ringraziare l’attrice/autrice per averle dato voce con estrema ironia. Della sua donna ufficiale Dante ha parlato pochissimo, fatta eccezione per un riferimento a colei che era al 30° posto tra le sessanta donne più belle di Firenze. Nella Commedia nominerà tutto e tutti come oggetti e soggetti d’amore, tranne Gemma Donati.
In questo 2021 in cui si celebrano i 700 anni dalla morte di Dante in molti, come ho accennato prima, hanno parlato dei suoi personaggi femminili, in pochi hanno parlato di Gemma Donati, oltre a Lella Costa e Gabriele Vacis, autori di questo spettacolo.
Attraverso l’originale punto di vista di sua moglie, si accenna alla vita del Sommo, ma anche ad alcuni personaggi femminili della Commedia, come Piccarda Donati.
La seconda donna è Francesca da Rimini, la protagonista, insieme all’amante/amato Paolo, del V Canto dell’Inferno, che lo spettacolo assume essere il preferito dalle donne (ma sarà vero per tutte?). Gli amanti che hanno anteposto il talento, ovvero l’amore passionale, alla razionalità sono stati puniti da Dante, perché considerati peccatori. Ma la Francesca immaginata in “Intelletto d’amore” trova una giustificazione all’inclemenza di Dante.
Ancora più maltrattata è l’etera ateniese Taide, terzo personaggio femminile. È esistita davvero, ma qui il personaggio è ripreso dalla commedia “Eunuchus” dell’autore latino Terenzio. Dante la pone all’Inferno, addirittura nelle malebolge, tra gli adulatori, descritta nel XVIII Canto con sadismo e cattiveria. Ma è una ingiusta umiliazione -ci racconta Lella Costa, -perché la Taide di Terenzio è sì una prostituta che adula i suoi pretendenti, ma lo fa per salvare un’altra donna, più giovane, dalla schiavitù. È determinata e valorosa, ma Dante la tratta peggio di Francesca.
E alla fine arriva Lei, Beatrice! Ad accompagnare Dante nel Paradiso, nel suo cammino verso la salvezza, è una donna, che assume il ruolo di guida spirituale di un uomo. Una scelta coraggiosa nel contesto storico del Medioevo, ma non solo. Anche qui, però, Dante non ne esce benissimo: è vero che la pone sopra chiunque, uomini e donne, ma è anche vero che Beatrice, non corrisponde alla reale Bice Donati, ma ad un ideale, di donna e di amore.
Lella Costa ha scritto questo spettacolo colto e divertente insieme a Gabriele Vacis, che ne cura anche la regia.
La drammaturgia alterna piacevolmente versi danteschi e monologhi comici e non della voce narrante e delle quattro donne, tutte interpretate da Costa. La sua bravura è esaltata dalla capacità di passare non solo da un ruolo all’altro, ma anche da un accento all’altro: dal fiorentino di Gemma Donati, moglie di Dante, al romagnolo di Francesca da Rimini.
Il racconto corrisponde alla realtà storica, ma è arricchito da invenzioni e trovate originali. L’immaginazione sposa comunque la verosimiglianza, soprattutto nel racconto su come sia andato davvero il matrimonio tra i coniugi Alighieri.
Il testo di “Intelletto d’amore” dimostra un grande amore e rispetto di Costa e Vacis verso Dante e la grandezza dei suoi versi. Anche nello “svelare” la durezza di Dante nel trattare le donne, gli autori sono stati bonari con lui, hanno trovato “giustificazioni” e spiegazioni valide per le sue scelti, Sono stati attenti a lavorare di immaginazione e creatività, muovendosi all’interno della realtà storica e della critica letteraria. Oltre che alle opere di Dante, non mancano altri riferimento letterari alti, tra cui Borges, Elsa Morante, de Beauvoir e Sartre.
La scenografia è semplice e suggestiva: solo leggii avvolti da luci gialle, come dei piccoli alberi di Natale e uno sfondo che cambia colore, dal rosso al blu a seconda del personaggio inscenato.
“Intelletto d’amore” è lo spettacolo teatrale da non perdere se amate Dante, ma anche se il suo ricordo scolastico vi provoca sbadigli.
Stefania Fiducia
La foto di copertina è di Stefano Spinelli©