Murgia VS Morelli su Radio Capital: quando il femminismo diventa “cretino”

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È fatale essere un uomo o una donna, puramente e semplicemente;
dobbiamo essere una donna maschile o un uomo femminile…
Dev’essere consumato un matrimonio di contrari.
(Virginia Woolf, Una stanza tutta per sé)

Premesso che chi scrive è specializzata in studi di genere, si occupa della storia delle donne da almeno 7 anni, conosce bene tutte le basi del sessismo sia linguistico che antropologico e ha studiato a fondo le radici dell’asimmetria sessuale, vivendola anche in piccola parte personalmente in quanto donna… devo dire che quando è troppo è troppo.

Ecco perché non mi definisco una femminista. Ecco perché non partecipo ai cortei, come ho già ribadito in alcuni convegni. Perché quando il femminismo diventa un pretesto per provocare e schiacciare (come è stato fatto con le donne per secoli) io me ne distacco.

Ed è quello che è successo, a mio avviso, nella diatriba tra Raffaele Morelli, noto psicanalista di Riza, e la scrittrice Michela Murgia in una diretta su Radio Capital.

Michela Murgia chiede a Raffaele Morelli cosa significhino alcune frasi rilasciate presso un’altra intervista radiofonica:

La donna non deve perdere il femminile. Le donne sono regine della forma, suscitano il desiderio e guai se non fosse così. La donna può fare l’avvocato o il magistrato,[…] ma il femminile in una donna è la base del processo, è la base del desiderio, se una donna non si sente a proprio agio col proprio vestito torna a casa a cambiarlo, noi uomini siamo più unilaterali.

Chi ha letto i libri di Morelli sa perfettamente quanto lo psicoterapeuta insista su questo aspetto del femminile in senso ampio, non in senso patriarcale! Quando lo psicoterapeuta afferma che la donna dovrebbe sentirsi guardata fuori di casa non allude mica ai commenti “da bar” o alla violenza di genere. Parla del semplice desiderio che suscita la bellezza femminile, in uomini e donne.

E spesso nei suoi libri chiede anche gli uomini quand’è l’ultima volta che si sono sentiti desiderati. Non vale mica solo per il genere femminile! Da quando sentirsi desiderati è una colpa? Da quando avere cura di sé per sentirsi desiderabili è un problema?

Perché questo scrive nei suoi testi Morelli, per uomini e donne. Farlo passare come sessista per questo è sbagliato, è decontestualizzato. Poi che lo psicoterapeuta abbia avuto una reazione aggressiva durante l’intervista è palese.

Michela Murgia, però, incalza provocatoria già dal primo momento, come se volesse stanare qualcosa: pretendere che l’interlocutore non si alteri per me è assolutamente impossibile. Il dialogo è una cosa, la provocazione un’altra. Interrompe Morelli più volte ogni secondo come se fosse in un’arringa di tribunale, come se fosse lì per sbranare la preda senza lasciare allo psicoterapeuta la possibilità di finire un concetto. Onestamente mi sarei alterata pure io. Siamo esseri umani e l’attacco gratuito lo trovo spiacevole, anche in quanto giornalista.

Il femminile è la radice, è presente alla base dell’essere già agli albori. Le bambine giocano con le bambole sin da piccole – afferma Morelli – e qui Murgia non ci vede più:

“I bambini maschi con cosa giocano? Forse non giocano con le bambole perché non gliele diamo.”

Qui la conversazione, o meglio lo scontro, degenera. Morelli incalza Murgia dicendole di non fare domande cretine, di stare zitta e dandole del tu, cosa che infastidisce molto la scrittrice, che chiede le si venga dato del Lei. E pure su questo punto non bisogna confondere il rispetto reciproco con il prendere le distanze e alzare un muro verso l’interlocutore. Che differenza fa il TU o il LEI? L’importante è avere rispetto reciproco nella conversazione, non la forma.

Quindi adesso dovremmo affermare che Morelli ha risposto così a Murgia perché è una donna? Alle parole dello psicoterapeuta la scrittrice risponde:

Non mi parli come se fossi una bambina

Ho trovato tutto molto triste e divertente allo stesso tempo. Morelli ha mostrato il suo lato più umano, quello di una persona palesemente infastidita da provocazioni abbastanza prevenute, Murgia sembrava una sessantottina militante che non vuole sentire ragioni. E allora che intervisti a fare?

Il pregiudizio è proprio una brutta bestia, per uomini e donne, s’intende.

Certo, la scrittrice è rimasta più calma, ma forse perché la provocazione era sua sin dall’inizio, era lei a tenere le redini del gioco. Questo non la rende migliore di Morelli e del suo infelice exploit. Anche provocare senza lasciar spiegare l’altro è prevaricazione.

Premesso che esistono padri che regalano bambole ai propri figli maschi e vengono anche guardati di traverso dai parenti, non penso ci si possa attaccare ad una frase per definire il pensiero di Raffaele Morelli, i cui libri non sono affatto sessisti, ma anzi spronano le donne e gli uomini a non giudicarsi e a vivere le proprie emozioni per quello che sono.

Certo, la reazione di Morelli è stata forte e sgarbata nei confronti dell’intervistatrice, che a sua volta è stata molto provocatoria. E magari è il suo mestiere e nessuno la biasima per questo. Però a mio avviso bisognerebbe anche argomentare con le persone, e in maniera sensata. Questo naturalmente non giustifica l’aggressività di Morelli.

Che senso ha, però, indirizzare un discorso sul desiderio e sul femminile verso la domanda: e quindi i bambini non giocano le bambole?

A mio avviso è portare il femminismo in un contesto dove non c’entra nulla. Ma soprattutto è non accettare l’idea del femminile. E’ vero che la donna ha una fisicità che attira, è la natura. È vero che la donna è bella da guardare, più di un uomo. La donna è incantevole, suscita desiderio. Anche io, che sono eterosessuale, guardo le donne e mi incanto: quando si truccano, si vestono. Le donne sono esseri affascinanti e l’uomo vive in un’altra dimensione, diversa. Siamo tutti d’accordo che anche i bambini dovrebbero giocare con le bambole (se lo vogliono) senza essere guardati male, che si possa dire sindac-a senza paura perché non ce l’hanno insegnato a scuola, concordiamo all’unisono che la strada verso la parità sia lunga anche quando si parla di mansplaining, ad esempio.

Ma in questo caso io ho visto una persona provocare deliberatamente un’altra e andare a cavillare su concetti che secondo me non c’entravano assolutamente nulla con quello che afferma Morelli.

E forse sì, quelle di Murgia erano domande un po’ cretine, ma non in sé per sé (ha molto senso, anzi, chiedersi perché ai bambini non vengano date le bambole per stereotipo culturale), ma nel contesto, in cui a mio avviso non c’entravano proprio nulla.

Generalmente è vero che, per retaggio culturale, le bambine giocano più con le bambole rispetto ai bambini, ma penso che Morelli stesse semplicemente facendo un esempio (che non è riuscito nemmeno a concludere). Il femminile di cui parla Morelli è ben altro: non ho mai trovato incitamenti sessisti nei suoi libri e li ho letti quasi tutti. Ma è verissimo che molte donne, direi per ipercorrettismo nei confronti del sessismo, spesso si trasformano in uomini e celano la propria femminilità, come se questa caratteristica fosse portatrice di “inferiorità”.

Ma soprattutto è vero che molte donne fanno quello che hanno subito per secoli, ovvero prevaricano per riaffermarsi.

E sono pienamente convinta che esista un femminile atavico e che solo gli uomini più illuminati riescano a vederlo, provino a capirlo, tentino di avvicinarvisi, ma il femminile per ora resta appannaggio prevalentemente delle donne, che spesso lo nascondono facendo “gli uomini” della situazione, perché pare serva questo per “esistere” nella società.

Bisogna riconoscere le differenze e il loro valore, senza differenze non possiamo essere uomini e donne. Le differenze semplicemente non dovrebbero penalizzarci. Non dovrebbe crearsi un’asimmetria sessuale.

Ma non possiamo negare che la donna, per natura, sia fatta per pensare all’altro più dell’uomo. E lo dimostra il fatto che il suo corpo è fatto per portare alla luce un’altra vita (che si scelga di essere madri oppure no, ovviamente). Penso sia una caratteristica naturale di cui gli uomini non potranno mai appropriarsi, ma questo di certo non li rende sterili dal punto di vista emotivo. Anche gli uomini sono stati vittime del patriarcato, come noi donne, e lo dimostra il fatto che molti di loro non sanno cosa voglia dire tirare fuori o capire le proprie emozioni, una lacrima, una fragilità.

Ma provocare, decontestualizzare, cercare il femminismo nel femminile, cercare risposte sui giochi dei bambini mentre si parla dei codici dell’anima, che chi ha letto i libri di Morelli conosce bene, è come dire che Saffo è lesbica perché i suoi versi parlano del desiderio verso altre donne, senza approfondire minimamente il suo ruolo nella società aristocratica, la sua vita, la sua coscienza poetica. Ed è quello che i critici hanno fatto per secoli con le donne: non approfondire, non ascoltare, giudicare male, etichettare. Perché riproponiamo lo stesso modello? Perché alcune donne si sentono scomode nella propria femminilità? Ma soprattutto perché fanno monologhi e non dialoghi?

Alessia Pizzi

Alessia Pizzi
Laurea in Filologia Classica con specializzazione in studi di genere a Oxford, Giornalista Pubblicista, Consulente di Digital Marketing, ma soprattutto fondatrice di CulturaMente: sito nato per passione condivisa con una squadra meravigliosa che cresce (e mi fa crescere) ogni giorno!

6 Commenti

  1. Il Suo articolo mi turba profondamente. Nel guardare il video io (che so a malapena chi sono i protagonisti) sento una scena molto familiare: un maschio alfa che incomincia a spararle grosse appellandosi alla Natura, le Radici eccetera e che non sopporta di essere messo in questione.
    Quando gli viene chiesto cosa intenda dire esattamente si imbizzarisce e si appella alla propria autorità.
    La Murgia non si lascia intimidire e richiede ancora spiegazioni.
    L’interlocutore fa un un monologo e alla fine sbava e se ne va.

    Cosa voglia dire passare da Lei a Tu e viceversa non ci dovrebbe essere bisogno di spiegarlo a chi parla italiano come prima lingua.

    Non capisco come si possa chiudere un articolo su questo particolare evento così: ” Perché alcune donne si sentono scomode nella propria femminilità? Ma soprattutto perché fanno monologhi e non dialoghi?”
    Quindi queste spiacevoli interazioni succedono per colpa di donne che si sentono scomode nella propria femminilità? E la Murgia ha fatto un monologo? O non lo ha fatto piuttosto l’uomo di turno.

    Nelle sue parole mi sembra di riconoscere un buon esempio di victim blaming, al quale arriva dopo una serie di passi apparentemente ragionevoli e appellandosi anche Lei, gentile autrice alla Natura, mediante un non sequitur scintillante: “Ma non possiamo negare che la donna, per natura, sia fatta per pensare all’altro più dell’uomo. E lo dimostra il fatto che il suo corpo è fatto per portare alla luce un’altra vita”

    • Se lei ascolta una frase che non condivide e decide di intervistare la persona che l’ha detta, ottima regola del giornalismo (ma anche del buon senso, credo) sia ascoltare. 🙂 Io non sono una fan di Michela Murgia, non la seguo proprio, ma ho letto molti libri di Raffaele Morelli e le garantisco che lo psicoterapeuta non fa altro che inneggiare alla libertà femminile e maschile, senza fare differenze.

      Questo è importante. Non solo la frase è stata estrapolata, ma c’è stato un atteggiamento prevaricatore sin dall’inizio con domande che a mio avviso non c’entravano nulla. Morelli non si è saputo spiegare, probabilmente infastidito dalla provocazione. Non le è mai capitato nella vita di essere incalzato e di innervosirsi? A me sì. E a volte, davvero, non ero lucida nelle mie risposte. Magari piangevo anche senza riuscire a fermarmi. Lui ha aggredito, ha sbagliato, lo ha fatto male. Ma ha aggredito anche lei, e per prima, in maniera più sottile.

      Perché stupirsi? Del resto anche io, da donna garbata, sono stata silenziata dai gruppi facebook femministi che hanno cancellato il mio articolo, mentre mi confrontavo con le iscritte (donne) con gentilezza e rispetto reciproco (anche con quelle che mi hanno invitato a vergognarmi per ciò che avevo scritto.) 🙂 Quindi anche ad alcune donne non piace essere messe in discussione, deduco. O il cordiale dibattito sarebbe proseguito.

      La mia domanda alle donne è semplice: sembra che molte donne debbano fare le prevaricatrici (come lo sono stati molti uomini prima di noi) per sentirsi “alla pari”, per mettere gli uomini “a posto”. Io, invece, credo nel potere dell’accoglienza e del dialogo, non nella sindrome della maestrina (che a volte hanno anche gli uomini naturalmente, per retaggio culturale. Le donne la stanno ereditando proprio bene!).

      Sono una donna e mi piace esserlo. Per natura siamo fatte per accogliere un altro essere umano: questo in passato è stato un obbligo, oggi è una scelta. Possiamo essere complete anche senza fare figli naturalmente (io non ne ho!). Questo ci rende diverse dall’uomo (che non ha questo dono, naturalmente ne ha altri) e non vedo perché le donne dovrebbero vedere la femminilità come un problema piuttosto che come un valore. Eppure accade, forse perché per secoli ci hanno insegnato questo.

      Accade anche oggi quando Morelli dice che “una donna si deve preoccupare se gli uomini non la guardano” e le donne si sconvolgono, parlano di violenza di genere e di sessismo! Ma a chi non piace essere guardato? Essere desiderato? E il corpo femminile è da sempre (pensi alla storia dell’arte) soggetto di incanto per artisti e per l’immaginario comune.

      A me piace essere donna, e piace essere guardata. Certo non mi piace essere molestata, che è tutta un’altra storia. Ma trovo ipocrite queste donne che fanno le bigotte nel 2020 quando i miei social sono strapieni dei loro sederi. E la foto del sedere penso uno/a la metta per essere desiderato, no?

      Per me alla parità ci si arriverà camminando insieme, non di certo silenziando l’altro. Ci si arriverà con accoglienza e se serve anche con durezza, le parti servono sempre tutte: ma è fondamentale il DIALOGO. Io ho visto un monologo. Del tu o del lei, onestamente, non me ne frega nulla. E’ una formalità, quando ci si arrabbia la forma può saltare, non siamo dei robot.

      Concludo dicendo che non ho nulla contro i sederi altrui sui social (non li giudico, ma evidentemente qualcuno sì) e che Morelli incita nei suoi libri anche gli uomini a essere desiderabili. Cosa sacrosanta! 🙂

  2. Su molti punti condivido il suo pensiero, però una critica, spero costruttiva la devo comunque fare;

    Esiste davvero una differenza di preferenze di giocattoli e giochi tra le due generi. Infatti è una dei dati più robusti che abbiamo per capire in genere alcune differenze psicologiche che esistono tra donne e uomini, ormai si può considerare un dato scientifico aquisito. Puoi mettere tutte le bambole che vuoi in mano ai ragazzini, e per 95% di loro non ne può interessare di meno.
    Esiste un disegno di ricerca studiato in tutti i continenti, dove si studia la preferenza di giocattoli di bambini tra pochi mesi fino a due anni di età, e le loro preferenze di giocacottli. In ogni paese, cultura e continente i dati sono incontrovertibili, Le bambine preferiscono le bambole, mentre i ragazzini le machinette ecc.
    Lo stesso risultato si ottiene addirittura con gli scimpanze, che di fatto sottoline fino all’ridicolo che è un dato molto biologico e non ha nulla a che fare con un presunto retaggio culturale.

    • Guardi per me la domanda di Michela Murgia sui giocattoli per bambine e bambini (tema a me molto caro, tra l’altro) non c’entrava nulla col contesto. Quello che dice lei è molto interessante e non lo metto in discussione, ma per me non è il focus di quello di cui si stava parlando nel mio articolo. Quindi non capisco bene chi sta criticando 🙂

      • Non nascondo che vengo da posizioni e backround molto diversa, però ho letto ciò che hai scritto con piacere. Non ho condiviso alcune cose, altre invece si.
        Hai ragione, la ricerca su le differenze di genere nelle preferenze di giocattoli non era il punto centrale, però è una di quei miti che non sembrano morire, e secondo me è cruciale in quanto di fatto finisce di mettere in discussione concetti come mascolinità tossica o l’idea che siamo solo prodotti della cultura dominante. Solo per questo mi ero messo a scrivere, per dare un input su una questione, che evidentemente entrambi troviamo interessante.
        Complimenti per l’articolo, era solo una critica, spero, costruttiva.

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