Sei anni fa, quando scrivevo questo “pezzo di cuore” su un blog che avevo chiamato “La chioma di Berenice” ispirandomi alla mia tesi di laurea di matrice ellenistica, avevo 25 anni. Ero una studentessa di lettere classiche che amava scrivere e si lasciava ispirare dagli esami per cui studiava (non a caso, Platone).
Quel blog è diventato poi CulturaMente perché qualche forza sconosciuta, come spesso accade, ha unito quello che non poteva restare diviso: la passione comune.
E quella ragazza che scriveva un po’ acerba, a volte un po’ sconnessa tra mille periodi ciceroniani, ha affinato la penna per professione e ha trovato una bella strada da percorrere, quella del digital marketing.
Per questo oggi potrei dirvi, ad esempio, che la parola “amore” ha 74 mila ricerche mensili in Italia. Viene battuta solo da Giusy Ferreri, il cui singolo “Amore e capoeira” genera 165 mila ricerche mensili. Vecchia volpona…
Potrei anche dirvi che “amore” è una parola semplice, che piace, che i giornali non censurano mai perché tutti sanno cosa significa. Una volta, su un cartaceo, mi hanno censurato il termine “limitrofi”. Ecco, l’amore no. Di solito non lo censurano se rientra in determinati canoni, anzi! Lo storpiano talmente tanto pur di aumentare l’audience che ciò che rimane è una serie di frasi fatte, orientate principalmente al patetismo.
L’amore, insomma, da una rapida analisi SEO e da una velocissima prospettiva editoriale, potrebbe considerarsi un contenuto eternamente virale. Un evergreen, un trend topic cavalcabile in ogni momento (anche se la competizione è tanta).
E molti effettivamente ci provano pure a venderlo, l’amore. Te lo infiocchettano bene. E non solo quello per gli altri, ma anche e soprattutto quello per se stessi, che pare sia molto gettonato.
Guardo con perplessità le persone che “ti vogliono capire”. Ma che ci sarà poi da capire. In questa società fatta di miliardi di parole, e ve lo dice una che con le parole ci lavora, quanto è incredibilmente liberatorio un silenzio?
Trovate una persona con cui stare in silenzio – ma non mentre state entrambi al cellulare, che è un po’ il quadretto triste che mi si prospetta davanti ogni volta che vado a cena fuori e mi guardo intorno – e forse avrete trovato l’amore.
Nel silenzio l’anima si riposa, non deve dare spiegazioni a nessuno, non deve essere capita, spiegata, motivata. Sta dove sta ed è contenta, completa e perfetta per qualche istante. Del resto, c’è sempre tempo per farsi prendere dall’ansia…
E l’ansia arriverà. Arriva sempre. Inutile sperare che non sarà così, ancora più inutile credere di poter controllare quello che sarà. Ma alcune consapevolezze, che si generano in attimi più unici che rari, sono come il vento. Ti portano via. Non sei che una foglia e ti lasci cullare, e con te volano via anche tutte le paure perché dentro, in fondo, lo sai che hai assaggiato davvero qualcosa di grande, anche se per pochi secondi. E magari sei solo, ma sei sazio. Magari il cielo è cupo, ma il vento ti accarezza. E non c’è nulla da fare o da decidere. C’è da essere.
Vivere con l’ansia che quel momento finirà è inutile. Illudersi che chi ci regala questi momenti sia nostro…anche.
Magari qualche convenzione tipo – lo stare insieme – ci illude di possedere, ma in realtà forse abbiamo la consapevolezza solo dell’appartenere. E di certo non il controllo. Tutto il resto sono storie che ci raccontiamo, perché la verità risiede solo nel momento e in come lo vivi. Poi scorrerà anche quello. Magari ce ne saranno altri uguali, magari altri peggiori, ma finché vale la pena viverli, viveteli senza troppe spiegazioni.
Una cosa che mi piace nella vita è non sentirmi mai arrivata da nessuna parte, perché dove caspita dovrei arrivare? Devo stare qui, esattamente dove sono ed essere grata del fatto che dopo sei anni sono cambiate tante cose, sono pure invecchiata (anche se – naturalmente! – non si vede), ma il mio spirito è sempre lo stesso: e vede l’amore ancora così, nella splendida semplicità degli antichi.
Quell’assioma perfetto che secondo Saffo “è la cosa più bella”. E chi mai avrebbe il coraggio di negarlo?
E io questo mi auguro e auguro a tutti nella vita che è troppo breve, troppo complessa, troppo tutto. Di amare con la forza della semplicità. E la semplicità, per dirla alla Jung, è così difficile da trovare.
Questa non è una notizia in anteprima, non è una recensione, non è un’intervista. La ritengo comunque “cultura” nel senso più etimologico del termine: coltivare. Coltiviamoci, coltiviamo chi ci sta attorno. È un gioco di terra e acqua, due elementi tanto semplici quanto fondamentali per la nostra sopravvivenza. E basta forzature.
Alessia Pizzi