Dopo Ginzburg e Morante, per l’editore Laterza, è il vuoto cosmico, piazza pulita. Chiede, con un tono ingenuo e candido, che gli si facciano dei nomi per colmare la lacuna.
Provocazione, ingnoranza, sessismo? La parte elitaria di Twitter risponde bene a tono e piovono i nomi di autrici che, grazie a dio, Laterza te lo giuro, ancora ci sono. L’editore partecipa alla conversazione con questo tono finto amichevole che sa di saccenza: “corro in libreria” o anche “Ce ne sono altre? Basta dirci cognome e titolo.”
Qualcuno, un po’ timidamente, gli dà una mezza ragione ma non rinuncia a spalmarci sopra un leggero velo di politically correct che tanto non fa mai male: è vero, dopo gli anni ‘70, non c’è stata più letteratura femminile, né maschile, solo narrazione. Con buona pace di Altri libertini, Jack frusciante è uscito dal gruppo, Io non ho paura e compagnia cantante. Si vede che c’è stato un errore se, in tutti questi anni, sono stati romanzi letti e ri-letti, anche nelle scuole.
Ora la questione è questa: un editore, cioè uno che dovrebbe per mestiere diffondere la cultura, e ancora peggio creare un canone, non vede oltre il suo naso, non vede scrittrici oltre il suo naso.
Ora, non avrete da me nessun elenco che vi dimostri quanto l’affermazione sia falsa, perché per quello vi basta una ricerca su Google e perché non è nella maniera più banale che voglio cogliere la sua provocazione.
C’era una volta un canone maschile (o maschilista)
La storia del canone è vecchia ma vecchia tanto: voglio dire, erano circa gli anni sessanta quando il movimento femminista, quello di seconda ondata, ha guardato alla letteratura e s’è accorto che era fatto di soli uomini.
L’hanno rifatto, studi e sangue, sangue e polemiche per creare una letteratura che fosse più inclusiva, che avesse penne maschili e femminili. È passato mezzo secolo ma le cose non vanno troppo bene: nei programmi scolastici quante autrici ci sono? Ve lo dico io, che ho finito la scuola meno di due anni fa: poche. Le quote rosa sono ancora sotto. E, a meno che non abbiate qualche professore o professoressa un po’ fissato\a, le farete generalmente sbrigativamente.
E, se il canone è questo, è ancora questo- e noi nativi digitali siamo spesso così pigri da non metterci il muso fuori- Laterza è solo la spia di un’editoria che fa ancora fatica a liberarsi dal paraocchi. Ho il mio bel modello di un canone viziato e oramai stantio e lo applico a tutto.
Morante e Ginzburg prima di essere canone
Senza contare che, chissà se questo il nostro coraggioso lo sa, anche l’assai polemica Morante e l’inquieta Ginzburg al tempo erano state chiacchierate da persone probabilmente simili a lui: la Morante dava un bel parlare di sé non presentandosi agli eventi mondani ed essendo, in pubblico, un fantasma imprendibile. La Storia, il romanzo che oggi è praticamente un classico, fu bocciato da più fronti: dal gruppo dell’ex marito Moravia, dall’amico carissimo Pasolini, dalla sinistra guidata da Asor Rosa. La Ginzburg, invece, si sentiva dare della lamentosa anche, e forse soprattutto, in lessico famigliare. E se oggi Laterza ci dice che la Ferrante non gli piace e delle altre neanche fa il nome, noi lo invitiamo a pensare a questo; con la speranza viva che si ridimensioni, ché con un uscita del genere l’unico effetto che ha è quello di mettere in cattiva luce solo sé stesso.
Mi sento di lasciarvi con le parole della Murgia che scrive
“Ma quanto è assurdo un editore che dice << consigliatemi scrittrici da leggere>> ? Sempre meno assurdo di chi gli risponde come se nel 2020 fosse una domanda normale”
Serena Garofalo