True Detective 3×08, cacciatori di fugace felicità

true detective 3x08

Per capire il significato di questa terza stagione di True Detective bisognerebbe partire dalla quantità di strette di mano e abbracci visti nella puntata finale. Abbracci bellissimi, commoventi.

Come ha reso ancora più esplicito questa True Detective 3×08, la terza stagione della serie antologica di Nic Pizzolatto è molto diversa dalle precedenti. Scrivendo dei primi due episodi avevo sottolineato le connessioni tematiche e narrative con la prima indimenticabile stagione, ma in realtà, andando avanti col racconto, la terza stagione si è via via staccata da quell’atmosfera.

Stavolta non c’era nessun grande discorso filosofico da affrontare, o chissà quale falso sentore soprannaturale da captare. Non c’era un grande mistero da ricostruire, ma una serie di rivelazioni diventate mistero solo perché la mente del protagonista intossicata dalla demenza senile ha oscurato i ricordi. Il mistero in sé, il caso centrale, non era neanche così sentito: Julie Purcell, la ragazzina rapita nel 1980 che i due protagonisti hanno cercato per decenni, non ha mai assunto le fattezze di un vero personaggio, ed è sempre rimasto un mero strumento narrativo più che un tridimensionale carattere per cui la sparizione noi spettatori abbiamo sofferto.

Suona strano dirlo vedendo il titolo che la serie ha, ma True Detective non si guarda per il caso da risolvere. Non è un giallo, non lo è mai stato, i fans del genere thriller o delle detective stories in generale dovrebbero guardare altrove per soddisfare i propri gusti. Questa terza stagione è stata, semmai, un racconto umanista su ciò che forma che la nostra identità, un grande affresco scomposto in un puzzle sui motivi esterni che deteriorano i nostri rapporti, sociali o intimi, col prossimo.

E allora, come già evidenziato, True Detective 3 è davvero il racconto dei danni del maschilismo tossico.

Il percorso di Wayne Hays non è stato quello di risolvere un caso, ma risolvere i propri problemi interiori. Ricordare cosa era andato storto dentro sé stesso anni prima, ricomponendo i cocci di una vita spazzata via dall’ossessione. Wayne lo dice chiaramente alla moglie: “questo matrimonio, i nostri figli, è tutto legato a un ragazzino morto e una ragazzina scomparsa”.

L’ossessione di risolvere un caso che non aveva nemmeno un vero villain (e costruire un thriller senza villain è stato forse il più grande merito di Pizzolatto in questa stagione) ha fatto perdere a Wayne la moglie, la famiglia, l’amicizia, addirittura se stesso. Ha trasformato, insomma, in inutilmente stoico un uomo che invece poteva diventare completo solo grazie all’affetto degli altri. Svaniti quelli, siamo solo anime sole senza direzione.

Per sette puntate i protagonisti erano alla ricerca non di un caso da risolvere, ma di un modo per sentirsi essere umani. Per sette puntate sono stati distanti, freddi, egoisti, e nel loro (temporalmente lunghissimo) percorso hanno imparato ad essere vulnerabili. Hanno capito che non si è deboli a mostrare i propri problemi. Il senso degli abbracci e delle lacrime di questa puntata finale non è solo letterale, ma è il momento in cui finalmente si esprime la connessione col prossimo, troppo a lungo negata.

Ci sarà sempre fin troppo oscurità nel mondo, è inutile negarlo. E ci sarà sempre una fine che in realtà non è una fine, come evidenziato in maniera splendidamente meta nella puntata. Ma le decisioni che prendiamo per arrivare a quella fine sono le cose che contano veramente.

La terza stagione di True Detective è il racconto di gente sola, problematica, vittima di eventi, che combatte per (ri)formare una famiglia. O qualsiasi rapporto che possa avere una qualche forma di famiglia.

Wayne, Roland, persino il destino di Julie Purcell spinge in quella direzione. Il titolo dell’episodio di True Detective 3×08 dopotutto è “Now Am Found” e non è certo casuale. La ricerca è finita, finalmente, qualcosa è stato trovato: se stessi. Non un colpevole, non un mistero da risolvere, ma ciò che abbiamo dentro.

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Emanuele D’Aniello

Malato di cinema, divoratore di serie tv, aspirante critico cinematografico.

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