The Handmaid’s Tale 2×03, al peggio non c’è mai fine

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The Handmaid’s Tale non è una serie che va per il sottile, questo è chiaro.

Lo avevamo capito già la scorsa settimana nella doppia puntata che ha aperto questa seconda stagione. Non è mai didascalica, ma non cerca nemmeno la sfumatura, vuole letteralmente premere determinati bottoni e spingere il più possibile su quelli. Anche il titolo di questa The Handmaid’s Tale 2×03 non lascia molto all’immaginazione: “Baggage”, bagaglio.

June e Moira, senza distinzione, si portano addosso dei bagagli emotivi pesantissimi. Esperienze dolorose, bagagli pieni di traumi. Una è fuggita, la seconda, l’altra sta cercando di farlo, ma nessuna delle due mentalmente ha mai lasciato Gilead e quello accaduto ad entrambe come a tutte le altre donne.

Solitamente, quando The Handmaid’s Tale trova un tema ci spinge sopra con tutta la sua forza, come in tal caso appunto. Ne esce fuori una puntata dalla fortissima emozione, ancora una volta straziante, ma leggermente ridondante in alcuni momenti.

L’uso dei flashbacks, seppur narrativamente necessario, in questa puntata è stato onnipresente come raramente accaduto nelle precedenti puntate. Considerando che questa stagione avrà 13 episodi invece dei 10 dello scorso anno, e quindi si dovrà mandare avanti il brodo in qualche modo, temo che di flashback ne vedremo ancora molti.

Questa puntata è indubbiamente pesante, e non sempre interessantissima. Ma non perde mai di vista il centro gravitazionale dell’intera serie: l’emotività.

Lo sapevamo, era ovvio che la fuga di June non sarebbe durata a lungo. Non poteva esserlo. Dopotutto, raggiunto il Canada come sarebbe andato avanti The Handmaid’s Tale senza la sua protagonista? Ci sono tante altre storie e tante altre donne da poter esplorare, sicuramente, ma June è ormai testa e cuore di tutto (grazie specialmente a Elisabeth Moss, non dimentichiamolo). E avevamo già immaginato il dolore e il terrore della fine del suo sogno.

Eppure speravamo in un po’ più di tempo.

The Handmaid’s Tale invece, proprio perché non va per il sottile, ha già disfatto la speranza. Ora non è rimasta nemmeno più l’illusione. Non ce l’ha June, che adesso vede solo nero per cosa la aspetta. Non ce l’ha Moira, che per essendo lontana dalla follia di Gilead è consapevole che la sua mente, forse addirittura la sua anima, non si libererà mai da ciò che ha vissuto.

June ad un certo punto afferma che “le donne possono sopportare più di quanto si immagini”. Ed è vero. Però purtroppo, talvolta, la macchia va via ma qualcosa di rovinato rimane per sempre.

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Emanuele D’Aniello

Malato di cinema, divoratore di serie tv, aspirante critico cinematografico.

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