“Non credevo che i miracoli potessero essere così noiosi”.
In questa esilarante frase alla Kepner trovo tutto il senso di questo episodio numero tre, “I ain’t no miracle worker”. Ma andiamo con ordine: prima di tutto, Shonda ha ascoltato le mie preghiere. Finalmente la serie torna a parlare di traumi e fratture, portando davanti agli occhi degli spettatori quelle amabili metafore chirurgiche in cui chiunque può riflettere le piccole dinamiche della propria esistenza.
Tutta la puntata ruota attorno ad un incidente stradale da cui emergono delle banali dinamiche familiari, rese davvero interessanti da alcuni momenti romantici a livello umano e divertentissimi a livello medico. A regalarci la prima dosa di tenerezza (nonché il primo piccolo miracolo) è il ritorno di Arizona, uno dei personaggi – a mio avviso – migliori di GA. La sua elegante affabilità scende come acqua da una cascata arida per farci sentire di nuovo la compassione, la fiducia, la speranza.
Mentre la Kepner si annoia a stare a casa a fare la mamma e Avery si mostra sempre di più il papà dei sogni, anche Miranda inizia a guardare Ben con occhi diversi per una questione legata al figlio Tuck. C’è da dire che in questo telefilm i mariti pessimi non esistono…
Meredith riesce a celare giusto a se stessa la forte attrazione che la lega a Riggs e forse, proprio perché ancora tenta di illudersi del contrario, continua a non dire nulla a Maggie, che d’altro canto si sente sminuita dalla sorella maggiore. Ho come l’impressione che a svelare l’arcano sarà Amelia, che in questa nuova veste di moglie (simpaticamente atipica) sta acuendo tutto il suo intuito.
Come sempre non voglio svelarvi troppo di questo terzo episodio, credo fermamente che le serie vadano gustate con sguardo vergine, proprio per poterne trarre degli spunti autonomi. Il bello di Grey’s Anatomy, però, e spero che tutti i fans siano d’accordo, è proprio che riesce a scatenare delle fortissime emozioni, andando a toccare delle corde del cuore umano che tutti prima o poi sentiamo vibrare nel nostro petto.
E dunque, i miracoli esistono? Possono salvarci? O come tutte le cose sperate e idealizzate sono più noiosi di quanto crediamo?
Semplicemente, anche il bello ha i suoi difetti, anche il fantastico può annoiare, anche il meraviglioso può non meritare tutta la nostra costante attenzione. Ma comunque serve!
Alessia Pizzi