Per una volta, Gomorra: la serie fa la conoscenza del concetto di pazienza.
Arrivati a metà stagione – di già?- ci troviamo di fronte due puntate di transizione. Un effetto davvero ben accolto. Non c’è il ritmo narrativo eccessivamente esagerato tipico della serie, ma il tempo per prepararsi al resto. Certo, il resto non sembra essere qualcosa di rivoluzionario o nuovo anche nell’economia della serie stessa: siamo alla terza stagione, e siamo alla terza guerra tra clan rivali.
Ma ammettiamolo, Gomorra: la serie non si guarda per l’originalità della trama. Il contorno, l’esplorazione di ciò che sta fuori e poi dentro è ciò che rende la serie originale e unica nel panorama italiano. Dopotutto, l’indagine sull’intrusione del malaffare nel “sistema paese” – appalti, lavoro, pompe funebri, politica – che vediamo nel 6° episodio non è nulla di nuovo sotto il sole, ma lo è il modo in cui diventa, ancora una volta, strumento per raccontare altro. Partire dalle basi, partire dalle cose brutte che tutti sanno e nessuno dice, per arrivare alle conseguenze.
Enzo, il nuovo arrivato, è chiaramente il protagonista di questi episodi e del discorso appena fatto. Vittima e carnefice al tempo stesso, come tutti in Gomorra: la serie.
Enzo è un prodotto del sistema, poiché sceglie di seguire quella vita da cui è fortemente affascinato. Una vittima, sicuramente, perché la conoscenza della morte è un punto di non ritorno per la sua anima. Un carnefice, però, che sacrifica quanto di buono ha dentro, tutti i suoi dubbi morali, sull’altare di una fede cieca ad un mondo senza scampo.
Con intelligenza, Gomorra: la serie continua ad essere al suo meglio quando si rifiuta di seguire le regole. Quando rifiuta, cioè, di dare punto di riferimento emotivi ai proprio spettatori. Il grigio, dalle sfumature molto scure, domina continuamente la scena. Se Genny e Ciro parevano sulla strada redenzione, quantomeno interiore, perlomeno personale, rivederli lavorare insieme, rivederli ordire omicidi senza pietà, quasi sempre inutili, ci ricorda chi sono. Se la scorsa settimana abbiamo sorriso con Ciro quando ha liberato una giovanissima ragazza da un futuro di schiavitù sessuale, questa settimana rivediamo e ricordiamo l’uomo che senza pensarci due volte ha dato fuoco ad un’altra giovanissima ragazza.
Una nuova guerra di Camorra sta per cominciare, ma la vera guerra non se ne è mai andata. La guerra la fanno i personaggi dentro loro stessi, e non fanno prigionieri, prendono tutto ciò che hanno attorno e lasciano solo macerie e briciole. Sì, Gomorra: la serie non vuol mai fare la morale, giustamente, ma la sua funzione di monito non va dimenticata.
.
Emanuele D’Aniello