29 dicembre 2017. La data che tutti i fan di Black Mirror stavano aspettando.
Sei nuovissimi episodi, sei storie appassionanti per immergersi di nuovo nella realtà distopica che mette in luce i lati più oscuri dell’evoluzione tecnologica. Un mondo dominato da app per trovare il compagno della vita, controllare a distanza i figli, sbirciare nei ricordi delle persone, e persino per caricare nel proprio cervello la coscienza di un altro.
Potreste vivere in un futuro in cui l’alta tecnologia ha sconfitto il fascino dell’imprevisto, arrivando a controllare ogni dettaglio della vostra comoda esistenza?
Il sapore incancellabile che lascia in bocca ogni sorso di Black Mirror 4 è alquanto amaro. L’essere umano è delineato in tutta la sua debolezza mentre viene inghiottito dal progresso. Dalla mania del controllo alla paura della solitudine, tutte le ansie in cui anneghiamo quotidianamente sono sedotte da apparecchiature hi tech che possono “risolverle”.
L’imprevisto è come un bug del sistema, qualcosa di assolutamente non ricercato, almeno finché il protagonista della storia non ne viene irrimediabilmente travolto. Sono proprio questi momenti di ribellione a rappresentare i dolci inni alla nostra fragile umanità.
Sublime potrei quindi definire Black Mirror, per dirla alla Schopenhauer, intendendo la perturbante attrazione per ciò che spaventa.
Non è da sottovalutare il messaggio della serie che, sull’onda dell’inquietudine, tenta di instillare nelle nostre menti curiose. Non dico la voglia di essere meno “avanzate”, ma almeno il dubbio che tutto questo progresso possa davvero renderci meno umani. Preoccupazione che sfiora non solo i più nostalgici tradizionalisti, ma anche tutte le anime che hanno ancora il coraggio di ricevere un no dritto negli occhi, o la sensibilità di fare una carezza piuttosto che regalare un cuoricino su Instagram.
Per tutti questi motivi quest’anno vi consiglio di vedere tutte le stagioni di Black Mirror. Dietro la sua crudezza si nasconde una lezione molto raffinata che vuole indurci a essere meno stitici in fatto di emozioni o comunque a essere più oculati nell’affidarle in toto agli strumenti digitali che dominano le nostre vite.
Alessia Pizzi