L’avventura di #CantaCheTePassa continua con un’opera particolare, dal forte moralismo e oggi poco eseguita: Stiffelio.
Chiedendo perdono per la pausa della scorsa settimana, dovuta ad improrogabili impegni lavorativi, riprende oggi, come in fiume in piena, la cavalcata di Canta Che Te Passa con un’opera spinosa e difficile di Giuseppe Verdi: Stiffelio.
Andata in scena la prima volta il 16 novembre al 1850 al Teatro Verdi di Trieste, su libretto di Francesco Maria Piave, tocca un tema spinoso: quello dell’adulterio. La stessa opera verrà poi trasformata, nel 1857, nell’Aroldo.
La trama
Stiffelio, un pastore protestante, fa ritorno al castello del suocero Stankar dopo aver praticato la predicazione. Tutti sono felici. Solo sua moglie Lina è agitata. Essa infatti ha un amante, Raffaele. Il vecchio padre Stankar capisce tutto e le impone di tenere il segreto. Lina si reca di notte a pregare sulla tomba della madre. Sopraggiungono prima Raffaele, che le testimonia il suo amore, e poi Stankar. Il padre sfida il giovane a duello. Il rumore richiama Stiffelio, il quale apprende tutta la verità. Egli è furioso, vorrebbe uccidere il suo rivale ma sviene sotto la croce. Successivamente egli decide di far firmare alla moglie un atto di divorzio, ma lei lo prega, lo supplica. Nel suo cuore ama solo lui. In quel momento torna Stankar, con la spada insanguinata. Egli ha ucciso Raffaele. Durante la celebrazione, Stiffelio legge dal pulpito la pericope dell’adultera per voler perdonare Lina.
Lo stile
È un’opera molto difficile. Il tema dell’adulterio, per di più ai danni di un pastore protestante, resero problematica la messa in scena di quest’opera in una società più chiusa e possiamo dire, paragonandola alla nostra, bigotta. Grazie alla censura Giuseppe Verdi dovette approntare diverse versioni. In tempi moderni, la versione originale è stata portata in scena solo nel 1968 al Teatro Regio di Parma con la direzione del compianto Peter Maag. Giuseppe Verdi aveva attaccato sopra lo spartito i fogli della versione successiva, l’Aroldo sopra citato, di cui parleremo fra poche settimane. La musica di Giuseppe Verdi rende molto l’aspetto spettrale dell’opera, ma riesce anche a sottolineare i momenti più delicati come l’aria di Lina Ah! Dagli scanni eterei, ma anche la grandiosità dell’ouverture. Giuseppe Verdi sta andando sempre di più verso il grande affresco sonoro, lasciando il sistema chiuso (recitativo-aria-cabaletta).
Un’edizione discografica molto bella è quella diretta da Lamberto Gardelli con l’Orchestra e il Coro della ORF di Vienna. Solisti il grande Josè Carreras (Stiffelio), Sylvia Sass (non eccelsa, devo essere onesto), come Lina, e una voce fuori dalla grazia di Dio per bellezza e forza espressiva: quella di Matteo Manuguerra come Stankar.
Ci vediamo giovedì prossimo con un’opera cardine, il vero e proprio punto di svolta nella poetica verdiana, la prima composizione della cosiddetta “trilogia popolare“: Rigoletto!!
Verdi padre amorevole, che canta le passioni umane: Rigoletto
Marco Rossi
(Foto tratta dal sito Internationale Giuseppe Verdi Stiftung)