#CantaCheTePassa continua sempre nel solco di Giuseppe Verdi. Siamo nel pieno della sua “trilogia popolare” e oggi parleremo de Il trovatore.
Nel 1853, con Il trovatore, seconda opera della “trilogia popolare”, Giuseppe Verdi sembra fare un passo indietro. Di nuovo spunte le forme chiuse, eliminate con il Rigoletto, ecco apparire numerose cabalette. L’opera, una composizione in quattro atti su libretto di Salvadore Cammarano e Leone Emanuele Bardare andata in scena per la prima volta il 19 gennaio 1853 a Roma al defunto Teatro Apollo, ha una trama assurda.
E allora qual è la trama?
Siamo in Spagna. Il giovane trovatore Manrico ama Leonora, dama di compagnia della regina. Di essa è innamorato anche il Conte di Luna, crudele e cattivo, rivale in amore e in politica del giovane trovatore. Tra i due vi è un duello, durante il quale il giovane Manrico viene ferito. Egli trova soccorso presso un accampamento di zingari, dove vive la madre Azucena. La donna porta con sé un terribile segreto. La madre venne accusata di stregoneria e bruciata viva dal vecchio Conte di Luna, padre del rivale del figlio.
La giovane Azucena, per vendetta, le ha ucciso il figlio ma poi si è accorta che, per errore, ha ucciso il suo vero figlio. Manrico è distrutto dalla notizia ma Azucena si rimangia tutto ciò che ha affermato, dicendo di essersi confusa. Manrico riceve la terribile notizia che Leonora, ricevuta la falsa notizia della sua morte, ha deciso di prendere i voti. Egli fa appena in tempo a toglierla alle grinfie del cattivo Conte di Luna. Egli però non si perde d’animo: fa arrestare Azucena e i suoi obiettivi sono due: vendicarsi sulla donna della morte del fratello e tendere una trappola al suo rivale.
Manrico infatti viene fatto prigioniero. Leonora, per salvare la vita al suo grande amore, si promette al conte se egli libererà il trovatore. Prima di concedersi, Leonora beve un veleno. L’incontro tra Manrico e Leonora sarà drammatico. Egli l’accuserà d’infamia, ma quando Leonora si sente male per il veleno Manrico capisce tutto; Leonora ha preferito darsi la morte per essere sempre sua. Leonora muore, il Conte di Luna, furente di gelosia, manda il trovatore a morire e ordina ad Azucena di assistere alla scena. Ma ecco che succede l’imprevisto. Azucena confessa al conte che Manrico era suo fratello (è vero quindi che lei, per errore, ha bruciato suo figlio). Il Conte di Luna è disperato mentre la vendetta di Azucena si è compiuta.
Lo stile
La musica di Giuseppe Verdi ne Il trovatore raggiunge esiti drammatici che ben pochi compositori hanno raggiunto. La musica è tetra, fosca, non lascia speranza. Eppure quanta grazia nei momenti più intimi, come l’aria di Leonora Tacea la notte placida o l’aria del conte Nel balen del suo sorriso. Ma anche quanto dramma nel racconto di Azucena Condotta ell’era in ceppi e quanta forza nel finale del III atto, la celebre cabaletta di Manrico Di quella pira, un vero scoglio per tutti i tenori. Famosissimi e bellissimi sono anche i suoi cori, come Vedi! Le fosche notturne spoglie, il coro che intonano gli zingari mentre battono le incudini (è conosciuto infatti come il “Coro delle incudini“).
Ve ne sono tante di edizioni da consigliare. Eccone per esempio due. Un’edizione irraggiungibile per bellezza e forza drammatica è quella diretta dal grande Herbert von Karajan nel 1977, a capo dei Berliner Philharmoniker ed il Coro della Deutsche Oper Berlin con Franco Bonisolli (Manrico), Leontyne Price (Leonora), Elena Obraztsova (Azucena) e Piero Cappuccilli (Conte di Luna). Molto bella è anche quella incisa nel 1970 da Zubin Mehta con la New Philharmonia Orchestra e l’Ambrosian Opera Chorus con Placido Domingo (Manrico), anche qui Leontyne Price (Leonora), Fiorenza Cossotto (Azucena) e Sherrill Milnes (Conte di Luna).
Ci sentiamo la settimana prossima per concludere la “trilogia popolare” con un’opera difficile e cardine per Giuseppe Verdi: La traviata.
Marco Rossi
(Foto del Metropolitan Opera House di New York)