Achille Lauro ed Euripide ci spiegano il genere fluido, con una sfida all’Ariston e alla morale prevalente.
L’anca sporta di lato, gli occhi chiarissimi che gli brillano di trucco, il vestito da donna sfoggiato con sfida; è la prima immagine che viene in mente se oggi si pensa a quella nuova icona che è Achille Lauro – con buona pace di quelli che hanno provato ad appiattirlo come l’ennesimo ragazzino trapper.
Metti il palco più istituzionale di Italia, metti una prima serata e una bipartizione binaria: Lauro, sfilandosi una casacchina nera ricamata d’oro, li mette in crisi in un solo colpo. Polemiche ovvie quando il fumo si dirada, rimane un messaggio a caratteri cubitali. Cito le parole che lui stesso ha scritto nel concludere un post sul suo profilo:
“La condizione primaria per essere umani è essere liberi.”
Achille si fa uomo, si fa donna, e così facendo, sente di creare nient’altro che sé stesso, e ci invita – in maniera provocatoria, certo – a fare lo stesso.
Pensateci: le gambe larghe no, è poco da donna. Ma sicuro tu voglia fare danza classica, se sei un uomo? Modera i termini, chè sei una signorina. Gli stereotipi ci sono dentro così a fondo che spesso ci fanno violenza senza dolore, abituati come siamo a ragionare a compartimenti stagni: rosa o blu.
Siamo molto più preoccupati di rimanere nei binari che di sviluppare le nostre attitudini, sia mai queste sfidassero la morale corrente
Achille Lauro e Penteo
Achille è l’elemento discordante, la crisi potenziale di un sistema e noi abbiamo rischiato di non capirlo. E le conseguenze della non comprensione sarebbero gravissime. Vi racconto una storia, o meglio una storia ce la racconta un tale a caso, un certo Euripide, nelle Baccanti.
C’era una volta, dunque, un giovane dai tratti femminei, i biondi capelli ricciuti che aveva ammaliato Tebe con i suoi modi melliflui e un misterioso culto. Si fa chiamare Dioniso, e Penteo, re di Tebe, comanda che venga arrestato e portato al suo cospetto: come osa uno straniero attentare all’ordine costituito! Quando gli portano il fanciullo, anche Penteo ne subisce il fascino: il re si rende conto che è difficile definirlo e, attratto com’è, sembra dimenticarsi per un attimo che si tratta proprio dello straniero a cui dava la caccia. Spaventato, ordina che venga posto in catene, cercando quasi di rinsavire, di tornare all’ordine: nella notte però le catene, queste costrizioni inutili, si slacciano miracolosamente dal ragazzo che torna ad essere quello che era prima: libero. Penteo, questo ve lo anticipo, nella storia non finisce bene: il suo tentativo nel richiamarsi ad un ordine soffocante, precostituito e innaturale naufraga nella sua morte cruenta.
Essere Dioniso
E’ evidente fuor di metafora cosa questo voglia dire: l’ostentazione della mascolinità o della femminilità ad ogni costo diventa tossica e non ci fa più bene. Mi piace utilizzare particolarmente il termine persona perché implica la libera scelta, senza imporre. Che Achille l’abbia fatto per pubblicità – Me ne Frego ora è disco d’oro – o per vero sentire, d’altra parte, non ha importanza.
Serena Garofalo