“Abbiamo deciso di condurre il lettore attraverso le tappe fondamentali e i temi ricorrenti nella vita di una giovane donna: dalla prima mestruazione alla pervasiva ossessione per il corpo, dal mansplaining subito sul luogo di lavoro alla ricerca di modelli femminili a cui ispirarsi, dagli indumenti rosa alle relazioni sentimentali, da tutti i no che ci hanno detto a quelli che avremmo voluto dire.”
Questa è la mission di “Le ragazze stanno bene“, libro scritto da Giulia Cuter e Giulia Perona, edito da HarperCollins.
Cuter e Perona, nate negli anni Novanta e ideatrici inizialmente di https://www.senzarossettopodcast.it, un podcast nato nel 2016 prima e una newsletter poi, raccontano storie di giovani donne e mostrano quello che accade oggi in Italia e negli altri Paesi.
Le due autrici, illustrano il metodo più efficace per far sì che una ragazza “generazione zeta” non abbia paura nel definirsi femminista e allo stesso tempo non abbia neanche timore del suo essere donna.
Il libro si contorna di una panoramica storica sulle diverse ondate di femminismo e, pagina per pagina, appaiono delineate, chiare e concise, delle linee guida su come gestire il non detto e su come imparare a dire quello che una donna avrebbe voluto ma ha mai fatto.
Proseguendo nella lettura del libro, diverse domande sorgono spontanee:
Ha senso parlare di femminismo oggi?
Si è riusciti davvero a custodire nel tempo l’eredità delle donne femministe combattenti degli anni ’70 o ci si sta accontentando di una parvenza di parità e di uguaglianza?
Quanto è rimasto di anni di protesta, di reggiseni bruciati, di cartelloni scritti con il sangue e come ci si può svincolare da un modello di donna che la società impone?
Giulia e Giulia lo sanno bene, le ragazze di oggi non vogliono più essere le spose sottomesse degli anni ’50 ma forse neanche quelle incazzate degli anni ’70.
Ma allora cosa vuole essere la donna nel 2020?
Lo dicono bene nel libro, le donne di oggi sono donne emancipate, in carriera, politicamente attive, padrone del proprio corpo e della loro vita sentimentale e sessuale.
Ecco cosa vogliono essere.
Ma altrettante donne scelgono di essere madri, figlie, mogli, sentendosi perennemente irrealizzate e insoddisfatte se non compiono ciò che la società, purtroppo ancora oggi, vorrebbe per loro.
Come si esce allora da questa prigionia di modello che il patriarcato ci impone solente, viscido e silenzioso?
Le autrici, fondendosi in un unico io narrante, cercano di rispondere a queste domande trattando temi sociologici e antropologici attraverso un linguaggio fresco e scorrevole.
Temi caldi e tabù inconfessabili scritti in maniera diretta e rivolgendosi soprattutto alle donne.
Una mappatura, la loro, sulla condizione femminile italiana.Ma anche un manuale di necessità, insomma.
Questo libro è una istantanea del ruolo delle donne e delle loro consapevolezze.
Una narrazione di quasi 70 anni di battaglie in favore del voto alle donne che ha permesso, a quelle di oggi, di candidarsi in politica, di poter scegliere liberamente di non avere figli, di poter decidere di non sposarsi o di voler essere a capo di un’azienda.
Il rischio facile è sempre dietro l’angolo: cadere nel “politically correct” che ignora le vere difficoltà di una donna.
Per provare a dare risposta ad alcune delle domande sopra citate, le autrici, nel loro libro, ripercorrono la storia del femminismo attraversando, in maniera trasversale, la politica, la società, l’economia analizzando il ruolo della donna e la sua evoluzione, fino ad oggi.
Della storia del femminismo e delle sue diverse ondate ne è pieno il web, le librerie delle nostre case e la carta stampata ma l’informazione e la memoria storica non bastano: nella società che viviamo si nascondono ancora disparità di genere nei salari, nei ruoli rivestiti, negli incarichi e questo perché l’immagine della “donna di casa” piace agli uomini e ci rimane attaccata addosso.
Quasi fosse un marchio.
E la donna che scegli la carriera, piuttosto che la famiglia, per alcune e alcuni, è ancora considerata un disonore o addirittura contro natura.
Ma nonostante tutto, le ragazze stanno bene.
E gli uomini come stanno?!
Nel libro infatti si parla anche di uomini e di mascolinità tossica intesa come quell’insieme di stereotipi, comportamenti e inclinazioni che descrivono gli uomini come persone violente e aggressive, incapaci di provare sentimenti.
Ne abbiamo parlato qualche articolo fa circa lo scandalo della vasetti challenge.
Un tema questo che non può non essere trattato in quanto stiamo vivendo il femminismo intersezionale, una visione nuova che va oltre la mera condizione delle donne e che affronta il complesso sistema di disequilibrio di potere ( quello patriarcale) coinvolgendo uomini e donne.
Ma come sempre, nonostante tutto, le ragazze stanno bene.
Quindi “Le femministe odiano gli uomini?!”
Sul finale del libro le autrici parlano anche di femminismo e misandria ovvero il pregiudizio infondato per cui se sei sei femminista odi gli uomini”.
E non viene che da chiudere quest’articolo con un’altra domanda: ma quanti uomini femministi ci sono?
(spoiler) TANTI!
Francesca Sorge
Articolo non commentabile. Misandria pura!!! La prova che le femministe odiano gli uomini.
I veri discriminati sono gli uomini.
in Italia gli uomini sono:
il 93% dei morti sul lavoro (1200 ogni anno).
il 96% delle vittime di suicidio (2400 ogni anno).
il 79% delle vittime di omicidio (350 ogni anno).
il 99.99% dei morti in servizio militare (1.3 milioni dalla fondazione dell’Italia).
il 55% delle vittime di violenza domestica (50 mila ogni anno).
il 94% senza tetto uomini.
l’80% tossicodipendenti uomini.
il 97% dei lavori usuranti e mortali vengono svolti dagli uomini
(5 milioni di padri separati, di cui 800.000 indigenti)
Gli uomini subiscono la discriminazione delle istituzioni:
Solo gli uomini sono obbligati al servizio militare (in Italia attualmente sospeso, le donne possono fare le soldate, ma i nomi dei soli ragazzi vengono schedati per l’eventualità di una guerra).
Le donne possono andare in pensione prima degli uomini (ancora oggi in Italia).
Opzione donna si, Opzione uomo non pervenuta.
Gli uomini pagano il 70% delle tasse, ricevono il 30% delle prestazioni medico-assistenziali.
Gli uomini muoiono 5 anni prima delle donne; questa differenza è apparsa con i servizi sanitari moderni.
L’occupazione femminile è incentivata a scapito della disoccupazione maschile.
Gli stati impongono “quote rosa” di donne, ma solo ai vertici delle aziende e dalla politica, mai nelle miniere o nelle acciaerie.
Una madre ha diritto di non riconoscere il figlio alla nascita , liberandosi in quel momento di tutti i doveri materiali e morali. Un padre non ha lo stesso diritto. Addirittura, minorenni sono stati condannati a pagare mantenimenti a pedofile condannate per averli abusati.
I centri anti-violenza sono per sole donne e sono gestiti da femministe che spesso li usano per calunniare gli uomini.
Gli uomini subiscono la discriminazione della magistratura civile:
Il 74% delle separazioni sono chieste da donne.
Solo il 4% delle donne paga un assegno di mantenimento.
Nell’87% dei casi gli uomini perdono la casa coniugale.
Solo il 4% dei bambini venivano affidati ai papà; da quando esiste l’affido condiviso la magistratura ha inventato la figura del “genitore collocatario” (non prevista dalla legge) in maniera che nulla è cambiato.
A causa di queste discriminazioni il 93% dei suicidi post-separazione sono maschili.
gratuito patrocinio a prescindere dal reddito in caso di violenza subita da una donna. Principio anche giusto, ma inesistente a ruoli invertiti.
Nelle separazioni sono false l’80% delle accuse di maltrattamento ed il 92% delle accuse di pedofilia fatte dalle donne.
Gli uomini subiscono la discriminazione della magistratura penale:
Madri infanticide: 20% in carcere. Padri infanticidi: 80% in carcere.
Il 58% degli abusi sui bambini sono commessi da donne (dati USA).
A parità di reato gli uomini ricevono pene 63% più severe (dati USA).
Per violenza domestica vanno in prigione l’83% degli uomini ed il 58% delle donne (dati USA).
Per possesso di droga vanno in prigione il 34% degli uomini ed il 17% delle donne (dati USA).
La discriminazione di genere è 6 volte maggiore della discriminazione razziale. Ad esempio, la probabilità che una persona condannata finisca in carcere è: 18% per le donne bianche, 32% per le donne nere, 48% per gli uomini bianchi, 55% per gli uomini neri (dati a Chicago, USA).
Gli uomini subiscono l’81% delle false accuse, che colpiscono 11 uomini ogni 100, sono fatte al 70% da donne, nel 26% dei casi sono finalizzate ad impadronirsi dei figli e dagli assegni che ne derivano: le più usate sono: falsi abusi su minori (74%), falsi abusi sessuali (48%), falsa violenza domestica (29%) (dati USA).
In seguito all’invenzione del test del DNA, centinaia di uomini condannati nel passato per stupro sono stati riconosciuti innocenti. Il 41% delle accuse di stupro sono false.
Il 96% dei carcerati sono uomini; le donne condannate possono scontare pene detentive ai domiciliari (legge Finocchiaro).
Incazzati con il tuo stato, mica è colpa delle donne!
Eppure lo hai commentato! 😀