X-Men: Dark Phoenix, anche i mutanti ci salutano

X-Men: Dark Phoenix

La visione di X-Men: Dark Phoenix da parte del pubblico più “smaliziato” sarà certamente diversa dalla mia.

Non tutti dopotutto conoscono, fortunatamente, gli innumerevoli problemi produttivi della pellicola (girata due anni fa, rigirata nella parte finale lo scorso anno, con una data d’uscita posticipata ben tre volte) e che, essendo nel frattempo la Fox stata acquistata dalla Disney, X-Men: Dark Phoenix è diventato de facto il capitolo finale della saga. Almeno con questa formazione, molto probabilmente.

Non so quanto questa differente “conoscenza” possa alterare prima la visione e poi il giudizio. Certamente il mio è condizionato da tali aspetti perché, sapendoli, è impossibile non vederli sul grande schermo. È impossibile non notare una certa fretta nella struttura narrativa del film e una incredibile linearità della trama. Il genere dei blockbuster moderni ormai si allarga sempre di più in proporzioni e ambizioni, e vedere adesso un comic-book movie che dura appena 100 minuti, ha una trama semplice e verticale, ha pochi scenari enormi e poche ambientazioni, è quasi sconvolgente. Sorprendente di sicuro.

Rispetto alle proporzioni anche dei precedenti film della saga, X-Men: Dark Phoenix è quasi un film “piccolo”. Non che questo lo intenda come un difetto, anzi, il gargantuismo di certi cinefumetti ormai è indigeribile e spesso, francamente, inutile. Con la forza di una storia amata dai fan della saga – la Fenice Nera è uno degli albi a fumetti più popolari degli X-Men – e con l’affiatamento di un cast ormai rodatissimo, il film porta a casa il suo risultato senza sbavare e senza esagerare.

Certo, probabilmente mancano dei picchi, dei momenti indimenticabili, spettacolari che gli X-Men sanno regalare e che il film avrebbe meritato. E qui torniamo al paragrafo d’apertura: è un difetto, perché salutare il cast con relativamente così poco dispiace, ma anche concepibile, perché le difficoltà produttive hanno dilaniato un progetto ormai passato in secondo piano, negli occhi di spettatori più casuali, rispetto a saghe più popolari come quelle degli Avengers.

Sostanzialmente, è il solito vecchio discorso del bicchiere mezzo vuoto e mezzo pieno. Senza veri difetti, X-Men: Dark Phoenix regala puro intrattenimento per tutti per quasi due ore al cinema. Per chi vorrebbe di più e lo pretende dopo aver amato la saga, rimarrà l’amaro in bocca.

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Emanuele D’Aniello

Malato di cinema, divoratore di serie tv, aspirante critico cinematografico.

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