Venezia 2019 Day 7: la riscossa degli autori europei

mostra del cinema di venezia 2019

Ecco apparire il cinema idiosincratico dello svedese Roy Andersson, che come sempre divide ferocemente. Ecco l’immancabile film di tre ore in bianco e nero su ebrei e nazismo con The Painted Bird, e ci si divide tra estasiati e chi lo evita a priori. Non ho ancora visto i due film, non posso esprimere un giudizio, ma è palese come il calendario del festival muti con l’esodo della stampa internazionale verso i festival americani (domani inizia il prestigioso Toronto).

La mostra del cinema di Venezia 2019, salutati i divi di Hollywood, accoglie gli autori classici da circuito festivaliero. A noi europei, insomma, rimangono le briciole del programma.

Briciole, però, validissime, basta solo aver l’accortezza, e talvolta la fortuna, di trovare a sorpresa il titolo giusto tra un vasto programma di opere e autori sconosciuti. Il mio caso fortunato è stato Corpus Christi, film polacco presentato nella sezione Giornate degli Autori, e indubbiamente uno dei migliori visti in questi giorni. Il film racconta la vicenda di piccolo criminale in fuga dal riformatorio che, raggiunto un piccolo paese, si finge prete della parrocchia locale, e i suoi modi diretti e originali fanno breccia nel cuore delle persone e anche nel suo stesso cuore, finché il passato non torna a tormentarlo. Un’opera girata con un senso cinematografico moderno, con vitalità e ritmo, grande occhio per i grandi drammi quotidiani e personali senza perdere il contatto con l’ironia e l’umanità. Aggiunta il tour de force del protagonista Bartosz Bielenia, questa è stata davvero una sorpresa del festival.

Altra piacevolissima scoperta è stata Effetto Domino, a maggior ragione perché prodotto italiano. Anzi, veneto e recitato in veneto, qui come immaginate ci tengono particolarmente. Il film di Alessandro Rossetto è un affascinante, clinico e addirittura perverso sguardo su ogni singolo ingranaggio che compone la crisi economica (e umana) degli ultimi tempi. La bomba a orologeria di una bancarotta che fa crollare le vite di ogni persona coinvolta, in un mondo economico ormai dominato dai colossi (vedi l’aggressiva imprenditoria cinese).

Il concorso ufficiale, purtroppo, continua invece a collezionare note negative.

Non fa eccezione Guest of Honor di Atom Egoyan, un pastrocchio che aspira al grande thriller umanista. La vicenda di un rapporto padre-figlia collassato di fronte al peso dei segreti e degli errori del passato, in realtà è un disomogeneo racconto girato in maniera sciatta e scritto con poca attenzione, con un intreccio inutilmente complesso e tante scene inutili. La brillante prova del sempre fantastico David Thewlis non tiene in piedi la baracca.

Infine, nella Settimana della Critica l’italiano dal bizzarro Tony Driver è una nota lieta. Col suo esuberante ma tenero protagonista Tony Donatone (trovatelo un nome più bello) l’immigrazione si prende il centro della scena. Mischiando con stile e spirito cinematografico finzione a documentario, la storia vera del protagonista diventa l’Odissea del ritorno a casa tra burocrazia e muri. Un film che non si difende protagonista con parzialità, ma lo accompagna per mano e mostra i suoi drammi per quelli che realmente sono. Con ironia, delicatezza e spirito sognante che naturalmente tocca la tragedia, senza mai appesantire.

Questa parte finale di Venezia 2019 è tutti da scoprire. Tanti titoli che meritano di essere visti e raccontati da chi non li conosce, soprattutto se non troveranno mai una distribuzione nei cinema. Vanno solo cercati, trovati, visti e amati.

 

Emanuele D’Aniello

Malato di cinema, divoratore di serie tv, aspirante critico cinematografico.

COMMENTA QUESTA DOSE DI CULTURA

Lascia un commento!
Inserisci il tuo nome qui