Venezia 2019 Day 8: qui passa anche Chiara Ferragni

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Il titolo di oggi è “Chiara Ferragni a Venezia 2019”, ma ci limitiamo al titolo e basta. Non pensate di trovare qui una descrizione del suo documentario, il sottoscritto lo ha evitato per mantenere un barlume di sanità mentale.

Era il caso, semmai, di dedicarsi a film in costume o proveniente da angoli remoti del cinema, da buon accreditato noioso che si rispetti.

Per fortuna non annoia in Giornate degli autori il laotiano The Long Walk (posso aggiungere alla mia mappa cinematografica anche un film del Laos, chi lo avrebbe mai detto), nonostante la premessa: un uomo che conduce la sua vita accompagnato dal fantasma di una donna che ha visto morire cinquanta anni prima. Il film non è la parabola meditativa che era lecito attendere, ma una autentica ghost story con l’estetica e lo stile tipicamente asiatico. Non annoia, come detto prima, ma purtroppo si perde in troppe sottotrame confuse invece di focalizzarsi sull’affascinante soggetto di partenza.

In concorso invece è il turno di About Endlessness di Roy Andersson, e davanti a ogni sua opera come sempre ci si divide. Il nuovo film del maestro svedese, il primo dal Leone d’oro vinto qui a Venezia cinque anni fa, è esattamente aderente al suo stile: assurdo, impenetrabile, lentissimo e ricco di lunghe vignette spesso senza costrutto narrativo. Lo si ama e lo si odia, ma chi vi scrive è un estimatore. Ancora una volta infatti, secondo me, lo svedese ha centrato l’assurdità della vita quotidiana, con bizzarre riflessioni su piccoli e grandi accadimenti molto semplici, molto ironiche ma anche molto puntuali. Una poetica che respinge, ma ha sempre qualcosa da dire.

Tutt’altro cinema, molto più canonico e mainstream, quello proposto da The King fuori concorso. Il film di David Michod, con un buon cast guidato dal talentuoso emergente Timothée Chalamet, ripropone per l’ennesima volta Enrico V al cinema. Non è però la ripetitività della storia il problema, quanto l’avventata decisione di prendere la storia raccontata da Shakespeare ma annullare tutto il testo shakespeariano e soprattutto il dramma. Rimane una banale e noiosa ricostruzione storica che si affida ai cliché dei film medievali sulle battaglie. Manca, insomma, ogni approfondimento di personaggi e situazioni, lasciando che a regnare sia la monotonia.

 

Emanuele D’Aniello

 

Malato di cinema, divoratore di serie tv, aspirante critico cinematografico.

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