Avete presente quando si chiede, spesso senza motivo e all’improvviso, quale è la scena preferita del film appena visto?
Come se un film da mediamente due ore possa essere ridotto ad una scena di minuto.
Eppure, talvolta, capita che una singola sequenza possa rovinare un intero film, specialmente se quest’ultimo già nella sua interezza non si presenta come un’opera indimenticabile.
Insomma, parto dalla fine, e pur senza spoiler alcunché devo dire che l’epilogo finale di La Luce sugli Oceani rovina un film che da dimenticabile ma passabile diventa totalmente insufficiente. Il film di Derek Cianfrance lotta per tutta le sue due ore di durata contro la propria natura, cerca in poche parole di non essere un film solo lacrimevole gettando le basi per discorsi interessanti: al centro della storia c’è infatti il dilemma morale di fare la cosa giusta nascosta in un bugia più grande di tutto il resto, un dilemma ancora più lacerante avendo come protagonista l’identità di una neonata.
Il travaglio del tema principale però oscilla tra la pazzia della protagonista, in grado di regalare spunti interessanti e persino empatizzanti, e le facile lacrime manipolatrici. Duole dirlo, ma alla fine, come spossato dalla propria ambizione, il film cede alla seconda opzione, diventando a tutti gli effetti un classico melodramma strappalacrime.
Non ci sarebbe nulla di male in sé se fosse fatto bene, ma la messa in scena non è trascendentale e la recitazione dei tre protagonisti, per quanto buona (ma i nomi degli attori parlano chiaro, farli recitare male è ardua) è a volte scolastica e stucchevole con tale materiale a disposizione, e non eleva certo il resto.
Spiace dirlo perché Derek Cianfrance è uno dei migliori registi indipendenti in circolazione, ma le sue idee dei film precedenti sulla malinconia e sulla difficoltà di accettare la quotidianità qui si perdono per strada senza una direzione, sfociando nel banale melodramma. Alla fine, di La Luce sugli Oceani rimangono qualche colpo di scena di poco effetto ed un senso complessivo di già visto davvero difficile da cancellare.
Emanuele D’Aniello