Che poi, a dirla tutta, non ho ancora capito se la definizione “guilty pleasure” sia una cosa buona o brutta. Ma in questa categoria Un Piccolo Favore rientra a pieno titolo.
Il film di Paul Feig è esattamente quello. Estremamente godibile e divertente quando lo guardi, ma talmente leggero che una volta finito hai già dimenticato cosa hai visto. Eppure, o forse proprio per questo, lo rivedresti tranquillamente. E lo dimenticheresti nuovamente.
La vicenda di due amiche dalla diversa estrazione sociale e stile di vita, intrisa di segreti, bugie e colpi di scena, è un puro divertissement che Feig ha creato quasi come parodia della spirale di thriller femminili esplosa negli ultimi anni: Gone Girl, La Ragazza del Treno, Sharp Objects, c’è praticamente l’elenco degli avvenimenti di queste storie in Un Piccole Favore. Tutto rivisitato, però, con ampio tono di commedia ed estrema consapevolezza. E questo, chiaramente, diventa a lungo andare sia un pregio sia un difetto.
Il non prendersi troppo sul serio è l’arma vincente del film, indubbiamente. Nella costruzione dell’intreccio enigmatico centrale, e nella dinamica dei personaggi, Paul Feig si diverte a parodiare i cliché del thriller facendo però risaltare, grazie ad una notevole abilità di scrittura e stile, un look che lo rende unico. Nessuno mette in dubbio che Un Piccolo Favore sia derivativo, per quanto lo sia volontariamente, ma al tempo stesso sembra originale nel disegnare una piccola realtà fuori dal mondo: provinciale ma sofisticata, colta ma semplicistica, elegante ma kitsch. Il marchio di fabbrica è il genere “brillante”, e Feig nel costruire il suo thriller comico, più che da Hitchcock, pare pescare a piene mani dai dialoghi di Lubitsch.
Ma, appunto, bisogna sapere anche quando smettere di divertirsi.
Più che temperare il tono e seguire strade autonome, Un Piccolo Favore procede per accumulo. Così, quando si arriva all’atto finale e si sono sommati tutti i cliché possibili immaginabili, e i colpi di scena ormai girano su sé stessi, non rimane in piedi nulla. Il divertimento lascia spazio alla fatica, il tono è ormai troppo sopra le righe per essere recuperato. Anche le due protagoniste, interpretate splendidamente da Anna Kendrick e Blake Lively – quest’ultima caratterizzata in maniera incredibile attraverso i costumi di scena – pian piano perdono la loro personalità e diventano macchiette al servizio dell’intreccio.
Non possiamo proprio definirla una delusione, perché Un Piccolo Favore vere aspettative o ambizioni non ne aveva. Ma quello che sembrava poter diventare un piccolo cult alla fine rimane una giocosa e raffinata parodia di genere. Che è sufficiente per divertirci e rivederlo, ma non abbastanza per lasciare il segno.
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Emanuele D’Aniello