Esistono tante categorie di film, e tanti tipi di categorie di giudizi sui film. Tra queste, una delle più singolari si chiama ufficiosamente “ma che razza di film sto vedendo?”. Ecco, in quest’ultima categoria rientra Un Nemico Che Ti Vuole Bene, appunto.
Questo thriller comico – e già lo strampalato genere dovrebbe rendere l’idea – è una visione avventurosa tutta particolare. È quel tipo di film che inizia come una cosa, poi diventa rapidamente un’altra cosa (e peggiore), poi inizia a frustrare per ciò che propone e come lo propone, e infine diventi talmente assuefatto e rassegnato che perdi ogni ormeggio di sanità mentale e ti godi insensatamente la schizofrenica visione in un clima involontariamente comico.
L’interessante idea di partenza – un killer professionista che per ricambiare un favore ad uno sconosciuto si offre di uccidere un qualsiasi suo nemico – diventa ben presto soltanto un pretesto narrativo. Un pretesto che il film, oltretutto, tratta via via come un fastidioso ingombro. Quello che inizialmente poteva essere un thriller, per quanto dalle venature leggere comunque accettabili, si rivela essere semplicemente l’ennesima commedia degli equivoci. Vista e rivista, stanca, ripetitiva, banale e soprattutto scolastica.
Nulla è preso veramente sul serio in Un Nemico Che Ti Vuole Bene, ma soprattutto nulla è minimamente approfondito. Dalle dinamiche dei personaggi, al modo in cui la trama si dipana, fino al finale che, oltre a perdere per strada tutto quanto fatto prima, è talmente ridicolo da risultare fastidioso.
Indubbiamente era sbagliato attendersi in partenza un vero thriller da questa produzione. Per quanto, c’è da ricordarlo e sottolinearlo, tutto il marketing punti su quell’aspetto. Ma era lecito volere un minimo di attenzione e una coerenza di fondo.
Non è quasi giusto, adesso, sprecare tante parole per un film che non merita troppi ragionamenti. Ma ci sarebbe da chiedersi perché ambientare una vicenda simile nella bellissima Puglia che uccide ogni atmosfera velatamente noir. Ci sarebbe da ragionare sui motivi di un casting così raffazzonato e poco ispirato. Ci sarebbe da domandarsi perché proporre un finale così sciatto che arriva senza la minima tensione. Potremmo chiederci come il protagonista possa avere dei veri nemici, se poi in realtà non sembra passarsela tanto male a forza di sfilare banconote da 100 euro dal portafoglio, e tutta la galleria di figure che gli gravitano attorno sono macchiette mai e poi mai esplorate. Potremmo anche e soprattutto domandarci perché partire dall’idea del killer professionista se in realtà Un Nemico Che Ti Vuole Bene vuole essere soltanto una commedia innocua di famiglia e amicizia senza l’ombra di un vero dilemma morale.
Le scenette e gli scambi con Diego Abatantuono fanno ridere, perché lui riesce sempre a far ridere. Semplicemente, non si capisce perché tra le tantissime commedie che già esistono pure Un Nemico Che Ti Vuole Bene volesse far ridere.
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Emanuele D’Aniello