Torino 2017: Blue Kids, i giochi perversi dei bambini

blue kids

Non è facile costruire una narrazione, un intero film, su due personaggi completamente odiosi. Due personaggi con cui è arduo empatizzare, addirittura impossibile simpatizzare.

Blue Kids parte dal racconto di due ragazzi annoiati, o forse soltanto cattivi, e si ispira a chissà quanti brutti e purtroppo continui fatti di cronaca nera. I due protagonisti del film, fratello e sorella, potrebbero essere chiunque, e ciò raggela davvero. Nelle loro gesta, sempre sconsiderate, sempre terribili, e soprattutto sempre inutili, non c’è il minimo disegno sensato. Lo fanno perché gli va, e semplicemente non vogliono fare altro di realmente umano.

Pertanto è possibile realizzare un film, e convincere gli spettatori, su tali soggetti?

La risposta è sicuramente sì, perché compito dell’arte, e quindi del cinema, è anche questo. Ora non è affatto il caso definire Blue Kids arte, inoltre non siamo nemmeno in presenza di un film privo di difetti. Ma come opera prima l’esordio di Andrea Tagliaferri è encomiabile per la decisione di mostrare ciò che difficilmente si ha il coraggio di vedere: l’abisso vuoto e insensato del buio umano.

La scelta del film di non cercare nemmeno una catarsi, o un briciolo di pathos emotivo, è indicativa.

Blue Kids va avanti quasi senza un vero perché, esattamente come le gesta che mostra. Più che vero cinema, l’esperimento di Tagliaferri è quello di dare dignità cinematografica e forma drammaturgica al male puro. Non sempre ci riesce, per scelte narrative un po’ frettolose, altre volte semplicemente sbagliate – l’inserimento della figura interpretata da Matilde Gioli – ma sempre riesce a comunicare qualcosa. Personaggi così intollerabili, meschini, ripugnanti difficilmente possono restare indifferenti.

Bravissimi i due giovani interpreti, poiché senza strafare capiscono che il primo fine della loro recitazione deve essere quello di trasmettere la grettezza morale, o meglio la totale assenza di umanità, delle loro figure. Non c’è vero sentimento, non c’è mai reale trasporto, la loro noia ed il loro egoismo, il loro rifiuto di ogni decenza è lampante fin dall’inizio.

Non so quanto percorrere una strada dritta sia giusto. Alla fine Blue Kids non interroga sui motivi del male, lo mostra e basta. Ciò funziona perché scatena una pulsione impossibile da sottovalutare nello spettatore, e questo già è tanto, ma indubbiamente al cinema serve un pizzico di più. Semmai, le cose positive del film dimostrano che Andrea Tagliaferri quel qualcosa può trovarlo, e la sua voce merita di essere conosciuta.

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Emanuele D’Aniello

Malato di cinema, divoratore di serie tv, aspirante critico cinematografico.

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