Cinque anni fa i mattoncini dei Lego sono arrivati al cinema. Più che un film, è stato un uragano di creatività che ha travolto il genere d’animazione. Cinque anni però nel mondo del cinema odierno non sono pochi, e fare un sequel con questa pausa rischia di far dimenticare al pubblico il film (soprattutto se si considera il pubblico dei bambini, che in questo lasso di tempo sono naturalmente cresciuti).
Eppure, anche con questa pausa, The Lego Movie 2 ci ricorda perché ci era tanto piaciuta quell’esperienza. E, se possibile, la potenzia e stratifica ancora di più.
Non dobbiamo ancora sottolineare quanto questi film facciano delle citazioni pop e della comicità postmoderna un frullatore di idee. Ormai è un dato di fatto. Ed è anche superfluo citare il livello estetico dell’animazione, che mischiando digitale ad analogico, passando per spruzzate di live action, compone un tableu visivo sempre eccellente. Semmai a risaltare è la costante abilità dei due creatori di prendere un qualcosa di apparentemente impossibile e farlo funzionare. Questo è il marchio creativo di Phil Lord e Chris Miller.
Dopotutto, dopo il finale del primo film, come avrebbe potuto funzionare The Lego Movie 2? Come avrebbero fatto nuovamente a convincerci a seguire le avventure di mattoncini inesistenti, anzi, letteralmente appassionarci alle loro vicende? Lord e Miller non solo hanno trovato l’ennesima chiave di lettura geniale, ma forse si sono addirittura superati.
Oltre i colori, oltre le citazioni, oltre le battute, oltre il divertimento, The Lego Movie 2 riprende, amplifica e addirittura completa temi complessi. Ponendosi in una sorta di film parallelo ma opposto a Inside Out, per il quale la morale era accettare la tristezza come fase e strumento fondamentale per crescere, adesso The Lego Movie 2 ci insegna e ricorda che la tristezza è una parte essenziale della vita, perché non tutto può essere sempre meraviglioso, ma crescendo non dobbiamo essere solo tristi, solo duri, solo cinici, perché per vivere è essenziale mantenere in noi lo spirito giocoso dei bambini e, invece di chiuderci, abbracciare il prossimo.
Un messaggio forse indirizzato agli spettatori del primo film che nel frattempo si stanno avvicinando o sono entrati nell’adolescenza: non bisogna essere introversi, fare i ribelli e chiudersi nella propria stanza (fisica o mentale), ma aprirsi al prossimo per crescere.
Quando un film diverte così tanto, e al tempo stesso regala un insegnamento profondo, ci troviamo di fronte al cinema nella sua forma migliore.
Forse si può obiettare che The Lego Movie 2 non abbia il medesimo spirito anarchico del primo film. Oppure la capacità di sorprendere sensorialmente. Lord e Miller però, consapevoli dell’impossibilità di replicare lo stupore di cinque anni fa, hanno accettato i limiti naturale dell’ideazione di un sequel e hanno deciso di elaborare maggiormente l’emotività e il messaggio. Ciò che colpisce è, appunto, l’abilità nella scrittura dei due, i quali disegnano prima e giostrano poi i ruoli di buoni e cattivi con un semplicemente ribaltamento delle prospettive degli spettatori.
Senza comunque, sia ben chiaro, abbandonare o rallentare la travolgente dose di divertimento. L’esperienza del film può essere vissuta assolutamente da tutte le fasce d’età. Ci sarà chi rifletterà, chi sarà colpito dai colori e dalle canzoni, chi riderà per le citazioni, chi riderà per altro pur non cogliendole. Il mondo dei Lego al cinema, quando pare aver esaurito le idee se non addirittura il suo senso d’esistenza, ribalta tutto e riparte in quarta.
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Emanuele D’Aniello
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