Prima ancora di analizzare e giudicare il valore o le qualità della pellicola, bisogna dire che Sully è davvero il film che non ti aspetti, perché arriva da uno come Clint Eastwood.
Il leggendario regista, anche nei suoi film più riusciti, non è certo per famoso per nascondersi dietro la macchina da presa, e anzi mette spesso le proprie idee davanti a tutto, talvolta con risultati propagandistici, talvolta con effetti deleteri per il suo modo manicheo di vedere le cose. Insomma, dandogli in pasto l’ennesima storia dell’ennesimo eroe americano, era lecito aspettarsi un trionfo a stelle a strisce.
Sully invece non solo non è questo, ma anzi è un riservato e quasi intimo ritratto di un uomo costretto a fare l’eroe. Tre sono gli elementi più efficaci in tal senso: la scelta narrativa, lo stile, e nemmeno a dirlo Tom Hanks.
La scelta narrativa infatti decide di partire da dopo il famoso ammaraggio compiuto dal capitano Sullenberg sulle gelide acque del fiume Hudson, manovra che portò al salvataggio di tutti i passeggeri dell’aereo senza alcuna vittima. Il film ci racconta l’indagine successiva e come Sullenberg ha vissuto i propri tormenti, i propri ricordi, i propri dubbi sulle chance di tornare indietro e cambiare qualcosa. Una scelta che si sposa benissimo con lo stile classico e rigido di Eastwood, qui ancora più compatto e meno artificioso che mai, in cui la totale assenza di guizzi è intesa, per una volta, come un pregio, perché davvero non c’è spazio per lo spettacolo hollywoodiano in una vicenda che esige rispetto e riflessione, e pure la solita fotografia grigia e spenta di Tom Stern è accettabile. In questo appunto Tom Hanks cade a pennello: lontanissimo da performance troppo vistose, il suo personaggio è una persona colma di umiltà e consapevolezza umana, sicura dei propri mezzi ma al tempo stesso spaventata da una celebrità fuori luogo, e l’attore è magistrale nel lavorare sull’understatement di un uomo assolutamente comune.
Non c’è spazio per la propaganda, non c’è soprattutto e fortunatamente spazio per l’apologia dell’eroismo americano a tutti i costi: Sully è contro ogni pronostico un film silenzioso, mite come il suo protagonista, solidissimo nei suoi 90 minuti di durata che evitano ogni ridondanza, onestissimo nel ritratto della professionalità e competenza, doti che a volte si dimenticano ma rimangono fondamentali. Di conseguenza, così come il capitano Sullenberg appunto non è un eroe, ma un onesto essere umano ed un competente pilota, Sully non è certo un film perfetto o indimenticabile, ma sicuramente una storia che vale la raccontare e vedere.
Emanuele D’Aniello