E’ indubbio che il materiale offerto da Sette Minuti Dopo la Mezzanotte fosse perfetto per Juan Antonio Bayona.
Non ho letto il romanzo originale di Patrick Ness – che ha scritto anche la sceneggiatura del film – ma tutto il cinema finora realizzato dall’autore spagnolo è stato costruito intorno ai bambini, ai traumi dell’infanzia, all’importanza rivolta a quella delicata fase della vita. E in più, appunto, c’è quel fondamentale elemento fantasy. Elemento che, sia chiaro, non trasforma mai il film in un vero racconta fantastico. Non è nelle corde del regista, e non è nemmeno nelle intenzioni della storia. Semmai, l’orrore e la meraviglia sono le tipiche metafore per scavare nell’interiore del protagonista.
Mi devo allora unire, non a caso, al coro che descrive Sette Minuti Dopo la Mezzanotte come una favola gotica. Buona parte del cinema spagnolo recente, o quantomeno latino-americano, flirta con tale genere da tempo. Bayona però non ha né il gusto anarchico di De La Iglesia, né la visione affascinante di Del Toro.
E quindi Bayona rimane pur sempre il regista dell’insofferente e insopportabile The Impossible. Il suo tocco gotico e favolistico è consequenziale della propria tradizione cinematografica, non naturale.
Bayona, piuttosto, ha una tendenza verso i temi dell’infanzia più semplici e volutamente lacrimevoli. E’ quindi ora per lui terreno fertile la storia di un bambino che impara a combattere il pensiero della malattia della madre attraverso la relazione con un mostro a forma di albero antropomorfo. Certo, è quasi ingiusto bollare come soltanto lacrimevole questo film. C’è un fortissimo messaggio di fondo, ovvero imparare a convivere con il caos delle emozioni umane e con il dolore. Ma sono altrettanto convinto che questa bella storia di formazione funzionasse di più nelle pagine di un libro. Nel film, più che un’acuta elaborazione del lutto, rimane l’esercizio di stile nella realizzazione delle scene favolistiche, la somma continua di drammi del protagonista che ha quasi del parodistico, il tono esclusivamente funereo che impedisce la presa (e quindi anche il necessario marketing) sul suo pubblico di riferimento.
Forse troppo adulto, descrizione che in altri casi non sarebbe stata affatto un difetto, Sette Minuti Dopo la Mezzanotte riesce solo nel finale a toccare le vette intimiste, sinceramente emotive e quasi poetiche che Bayona voleva. Una storia così forte avrebbe sicuramente meritato un approccio meno struggente e più profondo.
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Emanuele D’Aniello