Ma voi ve li ricordate i veri film per bambini?
Fare film rivolti all’infanzia è praticamente un sottogenere, difficile ma florido. Tutti, a prescindere dai gusti generazionali e dall’epoca di ognuno, siamo cresciuti con qualche film caposaldo rivolto esplicitamente all’infanzia. Più o meno tutti avevano delle caratteristiche in comune: essere divertenti, avvincenti, con aspetti pedagogici non forzati e subito assimilabili.
Ora, non ho mai letto il romanzo Nelle Pieghe del Tempo, già definito piuttosto infilmabile. Eppure il film lo hanno fatto, alla fine. Se quello è definito un classico dei libri per l’infanzia, dubito fortemente lo sarà il film. Anzi, sarei pronto ad inserirlo in qualsiasi classifica dei peggiori adattamenti di sempre.
Senza mezzi termini, Nelle Pieghe del Tempo è sia un film brutto sia un film sbagliato. Non c’è scampo.
Anche capire da dove partire per descrivere il fallimento del film è compito arduo, perché davvero non c’è un aspetto che si salvi. Se al centro della storia c’è la ricerca di un padre scomparso, che trasforma il viaggio di recupero in una metaforica ricerca di fiducia in sé stessa per la giovane protagonista, tutto ciò non lo vediamo. Manca il grande senso di avventura e scoperta dei film per ragazzi, con la ricerca del padre emotivamente dimenticata quasi subito. Manca l’intrattenimento puro, con le scene allungate fino a che il già poco senso di esse non diventi autentica e inspiegabile tortura. Pertanto Nelle Pieghe del Tempo va avanti tra scenari ridicoli, personaggi inutili e momenti completamente piatti.
Forse a dare più fastidio è la costante ripetitività del nulla che il film propone. Le tre fate al centro del marketing del film, tra cui spicca una Oprah Winfrey in modalità “sono qui solo per ritirare l’assegno”, non offrono mai un vero contributo. I protagonisti sono sballottati avanti e indietro senza che se ne capisca il senso. Se l’emozione latita, la tensione manca totalmente, ed assistiamo ad un carrozzone di colori e CGI tirato avanti col pilota automatico.
Ad essere onesti, si fa quasi fatica a definire Nelle Pieghe del Tempo un vero film. Dispiace, perché parliamo del primo blockbuster diretto da una donna, Ava DuVernay. Ma se il film è scritto, diretto, concepito nella maniera più raffazzonata possibile, la responsabile è soprattutto sua. Invece di sfruttare il materiale a disposizione, limite e pregi, Nelle Pieghe del Tempo va avanti (troppo) senza una bussola tematica e visiva. Non c’è divertimento vero nella storia, non c’è l’intento pedagogico che avrebbe almeno dato uno scopo. Solo parole vuote, solo immagini brutte, solo grande banalità: per segnare l’immaginario dei bambini ci vuole ben altro.
Emanuele D’Aniello
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