Lo so benissimo, scrivere un articolo dal titolo “Muccino contro Pasolini” è semplicemente folle, per tante e diverse ragioni.
Eppure è cronaca di questi giorni, e cercare di eludere o sottovalutare il ginepraio in cui si è infilato Gabriele Muccino è davvero difficile, anzi, sarebbe un comportamento altrettanto stupido: le parole di Muccino, e ciò che ha seguito, invitano alla riflessione qualsiasi appassionato di cinema, e non solo.
Per iniziare a circoscrivere la situazione, come tutti saprete pochi giorni c’è stata la triste ricorrenza della morte di Pier Paolo Pasolini, precisamente il 40esimo anniversario, un numero molto significativo. Tanti sono stati giustamente gli omaggi al grande artista, la cui voce e il pensiero tuttora fanno parlare e discutere, ed il giorno dopo tale ricorrenza, dalla sua pagina facebook, il regista Gabriele Muccino ha voluto scrivere un post sul soggetto, però molto fuori dal coro. Nelle ore seguenti, anzi, praticamente subito, sono stati migliaia i commenti in risposta, e la stragrande maggioranza composta da insulti pesantissimi. Muccino, dopo l’ennesimo post polemico contro i suoi accusatori, ha drasticamente deciso di chiudere la pagina (riaperta solo poche ore fa).
Per evitare di riportare male le sue parole, riporto qui interamente il post oggetto della discussione e degli insulti, così che tutti possiate leggerlo:
Il pensiero di Muccino è indubbiamente molto forte, e decisamente sicuro di sé. Da questa situazione gli spunti di riflessione principalmente sono quattro, e li andiamo tutti ad analizzare.
1) IL DIRITTO DI MUCCINO ALLA CRITICA
Non ci sarebbe nemmeno bisogno di dirlo, ma in un mondo in cui esiste la libertà di pensiero e parola, chiunque può esprimere la propria opinione, per quanto sia discutibile secondo altri parametri soggettivi, purché sia sempre nel limite del rispetto e della tolleranza. Da un punto di vista prettamente analitico, le parole di Muccino sono insindacabili. Non gli piace il cinema di Pasolini? E’ una sua opinione, ha tutto il diritto di dirla e condividerla, non ha insultato e anzi ha pure motivato il proprio giudizio, cosa importante che tantissimi si dimenticano di fare prima di trincerarsi dietro al “diritto di parola”.
Ormai anche questa, purtroppo, è una costante: nel web la democrazia non esiste. E mi fa tanto male scrivere queste cose, perchè odio le persone che, quando parlano di internet, la definiscono sempre come un’entità unica, astratta, autonoma, e dimenticano che dietro ci sono miliardi di persone diversissime tra di loro. Ora devo diventare uno di quelli che odio, perchè “quelli che scrivono parole di odio nelle pagine di commento” sono diventati praticamente una comunità viva e forte. Andate su qualsiasi sito d’informazione, sport, sociale network, youtube e vedrete dei commenti davvero allucinanti. Io non sono minimamente d’accordo col pensiero di Muccino (ci arriveremo tra poco..) ma è possibile non esista un modo migliore per controbattere? Senza contare che, azzardo, la grande maggioranza dei commentatori nemmeno hanno mai letto una riga di Pasolini o visto un suo film per intero, e quindi non sanno che, probabilmente, il grande Pasolini avrebbe AMATO il post di Muccino perchè avrebbe potuto distruggerlo con parole pacate, sensate, motivate ed interessanti.
3) LA REAZIONE DI MUCCINO
Il regista romano, prima di chiudere la propria pagina facebook, ha ovviamente risposto ai commenti con l’ennesimo post alquanto vaneggiante: si è arroccato sulle proprie posizioni, non ha minimamente pensato ai pochi commenti non contenenti insulti, e ha evitato il confronto sparando nel mucchio del qualunquismo, ovvero dicendo ai suoi critici di occuparsi delle cose importanti nel mondo più che delle sue parole. Risultato? Ha fatto il gioco di coloro che lo hanno apostrofato con tanti colorati epiteti. In sostanza, Muccino rivendica giustamente il diritto d’opinione – e siamo d’accordo – ma poi non vuole accettare che quell’opinione diventi soggetto di considerazioni altrettanto libere. Non è anche questo un atteggiamento sbagliato, esattamente come quello di chi insulta anonimamente dal web? Muccino è un notissimo personaggio pubblico che ha scritto il proprio pensiero su facebook, una piattaforma di condivisione visibile anche a chi non è suo fan, cosa sperava, che tutti fossero d’accordo e applaudissero?
4) IL MERITO DELLE PAROLE DI MUCCINO
Siamo finalmente arrivati al momento del fuoco. E dopo aver difeso il diritto all’opinione di Muccino, e aver apprezzato l’atteggiamento iniziale di coraggio nella critica, perchè giustamente non devono esserci intoccabili e santi per partito preso, si può serenamente dire che le parole del post sono semplicemente folli.
E caro Gabriele, qualora leggessi questo articolo, ricorda che anche la mia è solo un’opinione esattamente come la tua, e pur non avendo mai messo mano ad una macchina da presa i film di Pasolini li ho visti tutti, quindi so di cosa parlo.
Prima di tutto, Muccino premette con consapevolezza “So che quello che sto per dire suonerà impopolare e forse chissà, sacrilego?” ed già è una partenza sbagliatissima, perchè suona falso sotto ogni punto di vista; va poi avanti con la prima stoccata chiave “
ho sempre pensato che Pasolini regista fosse fuori posto, anzi, semplicemente un “non” regista che usava la macchina da presa in modo amatoriale, senza stile” in cui
dimostra di aver visto Pasolini ma, forse, non averlo capito. Dietro la regia di Pasolini non c’è era un semplice movimento di macchina, ma un disegno culturale che puntava a fondere l’iperrealismo con la poesia, un punto d’incontro trovato nella tragica ma vera vita delle periferie. Non a caso,
l’errore fondamentale del giudizio di Muccino, da cui ne consegue tutto il resto, è voler distinguere il Pasolini regista dal poeta, giornalista, scrittore: Pasolini non era un mutaforme dalle molteplici vite, ma un un’unica personalità artistica che abbracciava il proprio pensiero, e poi di volta in volta sceglieva il medium con cui esprimerlo, adattandolo alle necessità del caso.
Teorema il film è diverso da
Teorema il romanzo, non perchè Pasolini si sdoppiasse, ma perchè l’autore sapeva come comunicare il proprio pensiero.
“
Pasolini regista aprì involontariamente le porte a quella illusione che il regista fosse una figura e un ruolo accessibile a chiunque, intercambiabile o addirittura improvvisabile” è forse il pensiero più folle dell’intero post:
io ho visto i film di Pasolini, ma se mi mettessi dietro la macchina da presa a rigirare Mamma Roma, fotogramma per fotogramma, parola per parola, non uscirebbe mai la stessa cosa. Come si può pensare una cosa simile? Consideriamo poi che, semmai, è l’esatto opposto: vedendo
Il Vangelo Secondo Matteo, nessuno sano di mente oserebbe mai voler girare film perchè sa benissimo di non essere in grado di replicare o anche solo avvicinare un tale livello di poesia. E poi, se proprio si vuol essere precisi fino in fondo, sono i registi della
Nouvelle Vague francese ad aver attraversato quella porta: loro si che erano amatoriali, ma Muccino ha il coraggio di definire pure Godard Truffaut, Resnais dei non registi?
Il passaggio “
La dissoluzione dell’eleganza che il cinema italiano aveva costruito, accumulato, elaborato a partire da Rossellini e Vittorio de Sica per arrivare a Fellini, Visconti, Sergio Leone, Petri, Bertolucci e tanti, davvero tanti altri Maestri, rese il cinema un prodotto avvicinabile da coloro che il cinema non sapevano di fatto farlo” segna il momento in cui
chiunque conosca un po’ di storia del cinema italiano si ferma e dice “ma Muccino sa di cosa diavolo sta parlando?” Muccino cita espressamente
Bernardo Bertolucci che, se non lo sapesse, ha iniziato come aiutante di Pasolini, ed il suo primo lungometraggio,
La Comare Secca, è stato scritto dallo stesso Pasolini! Quindi,
se proprio il cinema di Pasolini ha spinto qualcuno a prendere in mano la macchina da presa con intenti amatoriali, Muccino dovrebbe solo ringraziare dato che ha fatto esordire un suo mito. Oltretutto, come si può dire che il cinema di Pasolini ha distrutto la visione dei grandi maestri sopra citati, considerando che le opere di Pasolini coesistono cronologicamente con quei film?
Il pensiero
“Il cinema italiano morì da lì a pochissimi anni con una lunga serie di registi improvvisati che scambiarono il cinema per qualcos’altro, si misero in conflitto (come fece Nanni Moretti) con i Maestri che il cinema lo avevano nutrito per decenni e di fatto distrussero con tutti quelli che seguirono quella scia di arroganza intellettuale rifiutando anzi demolendo la necessità da parte del Cinema di essere un’arte POPOLARE” ci porta finalmente, dopo tanti errori e giudizi discutibili, al vero nocciolo della questione:
Muccino, dall’alto di non sa bene cosa, si sente erede della tradizione popolare del cinema, anzi, il nostro vero salvatore. Muccino critica chi si mise in conflitto con i padri del cinema italiano – il pensiero corre a
Moretti e Monicelli – ma non è esattamente la medesima cosa che ora lui sta facendo? Muccino cita l’arroganza intellettuale degli autori seguenti, ma
l’intera visione del suo post non è ugualmente intrisa di arroganza che definisce superficialmente snob tutto quello che è lontano dai suoi modelli? Muccino è enormemente arrogante se crede di essere l’erede del cinema italiano, perchè gli “intellettuali” Moretti, Garrone, Sorrentino, Tornatore, Salvatores, Crialese, Virzì, Costanzo, Giordana, Archibugi, Comencini avrebbero da ridire. Muccino vuole davvero snobbare questi autori perchè non popolari, o forse semplicemente inizia ad accorgersi che il Festival di Cannes chiama tre registi italiani in concorso,
la massima rivista francese di cinema dedica la copertina a Nanni Moretti, e lui dall’altra parte dell’oceano accumula flop e derisione dalla critica?
Il punto essenziale – ed è una mio opinione – è che Muccino sbaglia totalmente nel merito la critica a Pasolini perchè semplicemente non può permettersi criticarlo. Non può trincerarsi dietro l’assunto “io sono un regista e so di cosa parlo” perchè così facendo anche un qualunque tintore di pareti può criticare i quadri di Leonardo da Vinci (il Leonardo pittore, non il Leonardo ingegnere, come direbbe Muccino) perchè ha preso un pennello e noi no. Nessuno è intoccabile, ma per criticare nel merito un grande artista – può sempre esprimere la propria opinione, ma riconoscere al tempo stesso i propri limiti – si deve essere un grande artista, e la definizione non calza Muccino, sinceramente.
Alla fine, il più grande dispiacere è che non possa essere Pasolini – il quale per prima cosa avrebbe notato la localizzazione del post di Muccino, ovvero Malibù, e già avrebbe tratto le sue conseguenze – a difendersi. Eppure, invece di perdere tanto tempo a scrivere e insultare il regista sul web, la risposta più semplice sarebbe stata organizzare due proiezioni consecutive: la prima con
Ricordati di Me, oppure
Sette Anime, e poi dopo con
Accattone, oppure
Uccellacci e Uccellini, e vedere quale delle due visioni artistiche – se quella patetica e urlata di Muccino, che Pasolini avrebbe sicuramente etichettato come “piccolo borghese” o quella poetica e sincera di quest’ultimo- avrebbe potuto definirsi “vero cinema”.
Emanuele D’Aniello