Motherless Brooklyn è l’esempio archetipale di un genere, in questo caso specifico il noir. In poche parole, visto questo film è come aver visto tutti gli altri noir messi insieme.
Che certamente è un difetto, perché denota mancanza di originalità, coraggio in alcuni momenti e molte scelte derivative. Ma, al tempo stesso, è sicuramente anche un pregio, perché regala agli amanti del genere, solitamente pignoli e nostalgici che conoscono a menadito le regole della narrazione, una visione godibilissima.
E cercare di rendere estremamente godibile la visione, nonostante una trama complicata che si ispira a Chinatown, è stato palesemente il primo imperativo di Edward Norton. Attore, sceneggiatore e regista, in pratica totale factotum della pellicola, Motherless Brooklyn è un suo dream project da quasi venti anni. E, c’è da dire, si vede che la soddisfazione e la reverenza nel portalo finalmente sul grande schermo è talmente tanta da fare tutto con i piedi di piombo. Anzi, d’acciaio.
Praticamente è tutto perfetto al posto giusto in Motherless Brooklyn, dalle dinamiche su personaggi-marionette mossi da fili di un sistema più grande e corrotto, alla colonna sonora jazz che scandisce i ritmi effettivi ed emotivi della vicenda, ad una ricostruzione scenografica semplicemente da applausi. Si evince, come detto, l’enorme amore e cura di Norton per questa storia tratta da un romanzo di Jonathan Lethem. Si capta la sua volontà di non appesantire un film piuttosto intricato e lungo, lasciando la visione appetibile al grande pubblico.
Ma in tali compromessi, seppur giustificatissimi, si perde un po’ l’anima di Motherless Brooklyn, ed esce fuori l’inesperienza di Norton alla regia.
Indiscutibilmente al film avrebbe giovato un vero regista. Una guida esperta che avrebbe saputo puntare su alcuni momenti invece di altri, far risaltare qualche aspetto della trama che necessitava maggiore approfondimento (la questione razziale, l’onnipresenza tentacolare del settore edilizio), e soprattutto calare e creare un’atmosfera fondamentale. Per essere un noir, infatti, Motherless Brooklyn latita nella caratteristica principale del genere, l’atmosfera. Tutto è pulito e diretto, non si crea mai quel mood che avvolge il destino dei personaggi, e di conseguenza l’empatia degli spettatori.
Edward Norton ha il grande merito di aver portato sul grande schermo un genere ormai poco utilizzato nel suo immortale classicismo. E averlo fatto cercando di rispettare spirito e dettami. Oltre ad aver rappresentato un personaggio affetto da sindrome di Tourette senza caricature e pienamente capace di lavorare e vivere come tutti. Però avrebbe dovuto anche avere l’accortezza di fare un passo indietro alla regia per esaltare il resto.
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Emanuele D’Aniello
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