Partiamo dalle cose semplici semplici, e anche molto buffe. Soprattutto oneste: Loro 1 non è un film. Questa è la verità, è la prima parte di un film, anzi, un primo tempo, che apre e non chiude alcun arco o percorso, e finisce letteralmente quando “il film” si accende.
Paolo Sorrentino non ha diviso il suo magnus opus in due parti per motivi narrativi, ma per motivi di distribuzione. Non siamo in presenza di un caso Kill Bill, in cui tra le due parti c’erano differenze di tono e stile. Questo Loro 1 è davvero l’inizio di un film più grande, per la cui fine dobbiamo aspettare il 10 maggio.
La premessa è doverosa, una premessa che nasconde anche l’impossibilità di giudicarlo appieno. Non è facile, e forse non sarebbe giusto. Compito però di un “critico” è saper giudicare, o quantomeno commentare e analizzare, ciò che ha di fronte, così come compito di un regista è trasformare in cinema ciò che gli passa per la testa.
Proprio per questo, Loro 1 è semmai l’ammissione dell’impossibilità di fare un film su Silvio Berlusconi.
Come farlo? Cosa inserire? Da dove partire? Quale tema o momento esplorare? Biografia cronologica o no? Fare un film su Berlusconi è letteralmente impossibile, soprattutto perché Berlusconi non è solo l’uomo, il politico, l’imprenditore, il controverso pregiudicato (vedete già quante anime), ma è più di tutto un simbolo, una figura, un qualcosa quasi astratto nell’aria e nella mente degli italiani da tre decenni almeno.
Lui, lui, lui, lui, lui, lui, lui, lui, lui, lui, lui, lui.
Un mantra che sentiamo spessissimo in Loro 1, perché non serve il nome, Berlusconi è quella figura quasi mitologica che tutti conoscono. Sorrentino allora non fa un biopic e nemmeno un film su Berlusconi, in un certo senso nemmeno sul berlusconismo (per quanto appaia finora alla luce di una prima parte incompleta, lo voglio sempre sottolineare). La sua è una storia sul simbolo Silvio Berlusconi nell’immaginario collettivo.
Stavolta però Sorrentino ha la riposta su come fare questo film, o meglio da dove partire. Si parte da Loro, e si parte da Lui.
Silvio Berlusconi è l’idea che Loro hanno di Lui. In un certo senso, è la concretizzazione delle spinte propulsive verso la follia che si celano dentro gli italiani. È l’umanizzazione della sfrenata ambizione verso il potere. È l’arrivismo più becero che fagocita ogni sentimento, ogni disincanto, ogni leggerezza. Puro e semplice, è la morte dell’innocenza.
Silvio Berlusconi è anche, e soprattutto, colui dietro Silvio Berlusconi stesso. Toni Servillo lo interpreta e raffigura come una vignetta vivente perché l’uomo Berlusconi è trangugiato perennemente dall’immagine Berlusconi. Ognuno di noi, nella propria testa, ha la propria personale visione e caricatura di Berlusconi. Allora Loro 1 non nega le controversie, la vita dissoluta, gli scandali politici e giudiziari, ma non ne fa il centro perché, oltre ad essere stranoti, non hanno mai contribuito a far tramontare la narrativa berlusconiana nel corso degli anni. Sorrentino non vuole denunciare, scoperchiare, abbattere quel mondo, semmai capire perché è ancora in piedi nonostante tutto.
Il contrasto paradossale è quello che veramente gli interessa. L’assurdità per la quale l’idea che abbiamo di Berlusconi è molto più presente negli altri, in Loro, quando lui non c’è, e quando Lui appare il noto Berlusconi sparisce per lasciar spazio all’uomo gretto, sempliciotto, che ha paura di essere solo – la solitudine è il tema portante che ricorre in tutti i film di Sorrentino – e cerca in ogni modo di compiacere la moglie. È quasi tener, anzi, senza il quasi. Un uomo, insomma, ma schiavo di sé stesso, schiavo dell’idea di sé stesso filtrata attraverso gli altri, costretto a truccarsi e vestirsi pure stando a casa.
Il Silvio Berlusconi di Sorrentino, in sostanza, è un uomo che indossa la maschera di Silvio Berlusconi e va in scena.
Pertanto Loro 2, essendo la letterale continuazione, non sarà più una sorpresa. Adesso conosciamo tono e stile del racconto. Conosciamo, più di ogni cosa, quanto Sorrentino abbia voluto spingere sull’acceleratore, consapevole di cosa stesse per affrontare. Diffidate allora da chi pensa che questo film possa assomigliare a Il Divo, oppure ricorda La Grande Bellezza. Siamo lontani anni luce da entrambi. Qui in Loro 1 Sorrentino è mutato nuovamente, è andato ancora oltre – talvolta troppo oltre – girando come nessuno fa in Italia.
A Loro Sorrentino ha dedicato una regia volutamente confusa, stracolma di zoomate e whip pan, montaggio frenetico e idee visive kitsch. Una cacofonia polifonica di suoni e immagini. In tale marasma visivo non si è negato di cadere nel trash, perché quei personaggi hanno creato e fanno parte del trash italico.
Per Lui invece il regista ha pensato che fosse giusta la calma, come la tranquillità della tenuta in Sardegna. I rumori i sentono in lontananza, sostituiti da quelli del mare. Il verde e il bianco prevalgono, così come la serenità che trasmettono. Un rilassamento stilistico, e mentale per lo spettatore, che dà quindi maggior risalto ai momenti comici o assurdi quando arrivano.
Per giudicare e comprendere veramente Loro 1 è necessario aspettare e vedere Loro 2. Eppure, una cosa possiamo già dirla: probabilmente non sarà il miglior film di Paolo Sorrentino, ma sarà il suo più ambizioso oltre che più complesso, finora.
Siamo nel momento in cui godiamo un autore in pieno possesso delle proprie capacità mischiate ad una arrogante onnipotenza di mezzi e possibilità. Il momento creativo personale in cui le velleità artistiche si sposano alla sensibilità trash.
Prendiamo il prologo, ad esempio, una metafora semplice quanto fulminante. Una pecora che si congela davanti alla tv, davanti alla tv commerciale per esattezza. La rappresentazione più efficace del popolo italiano, un popolo di pecore che va sempre dietro al vento momentaneo, che è rimasta assuefatta da oltre 30 anni al simbolo supremo del berlusconismo, la tv commerciale, cadendo ai suoi piedi, non riuscendo più a reagire.
Un astrattismo quasi lynchano – e ce ne sono vari nel corso del film – filtrati attraverso la lente del sarcasmo sorrentiniano d’impronta popolare. Berlusconi, se ci pensate bene un attimo, è il soggetto perfetto per tale connubio.
Anche per questo solo Sorrentino poteva fare un film con Berlusconi. E soprattutto, solo Berlusconi poteva diventare il protagonista ideale di un film di Sorrentino.
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Emanuele D’Aniello
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