Pur essendo uno dei temi più delicati e sicuramente il più imperscrutabile, il cinema spessissimo si è occupato della mortalità.
La morte che poi, pur essendo il fatto più che certo che abbiamo a disposizione, è al tempo stesso la più grande domanda di sempre.
Perché alla fine, cosa è la morte? Cosa c’è dopo, se qualcosa c’è davvero? E se qualcosa ci fosse, varrebbe la pena scoprirlo.
La Scoperta nasce chiaramente dall’insaziabile curiosità umana verso l’ignoto, verso ciò che non può e non potrà mai comprendere. E’ curiosità, ma anche puro bisogno, e soprattutto irrefrenabile rabbia nel non scoprirlo mai.
Il film parte infatti da una premessa di assoluta fantascienza – uno scienziato ha scoperto che esiste un aldilà, ed il numero dei suicidi è esponenzialmente aumentato perché tutti vogliono raggiungerlo – ma risponde ai bisogni umani più urgenti. La vita e la morte infatti, per il film, sono composto da quelle cose essenziali che non dobbiamo mai perdere di vista: l’amore, la famiglia, la fiducia, il rapporto umano, l’importanza di vivere il presente, la possibilità di curare i propri rimpianti.
Tutti questi elementi che ho appena elencato compongono la spina dorsale di La Scoperta, il nuovo film del giovane e promettentissimo Charlie McDowell che, dopo l’ottimo The One I Love colpevolmente mai distribuito in Italia, continua a giocare con la fantascienza come strumento per indagare ed esplorare le universali emozioni e relazioni umane.
“Realtà e fantasia si escludono a vicenda, non possono esistere nello stesso piano” è una battuta che sentiamo un paio di volte nel film, ed è verissima.
Ma realtà e fantasia possono convivere benissimo al cinema: con l’ambizione di usare e toccare sia il cuore sia il cervello, McDowell ci accompagna verso l’accettazione del mistero e dell’ignoto, e forse la più grande scoperta che il film ci regala è proprio quella di vivere il nostro presente.
Con chiari echi nolaniani nella premessa, e ispirazioni nette in The Master nella creazione dell’ambiente del culto e in Se mi Lasci ti Cancello nella costruzione dell’obliqua relazione tra i due protagonisti, il film è scritto con una costante cura nei dettagli e nello spiegare il possibile senza cadere nella didascalia, creando l’atmosfera con una fotografia blu e una scenografia essenziale. Se si crea una chimica perfetta tra una coppia impensabile, Jason Segel e Rooney Mara, e un mostro sacro come Robert Redford non è mai stato utilizzato così efficacemente negli ultimi anni, vuol dire che tutto davvero gira a meraviglia.
L’indagine cosmica di McDowell sicuramente non è perfetta – come può esserlo di fronte all’insormontabile mistero della morte – ma non si può non apprezzare un film così originale e soprattutto così attento a ciò che vuole catturare e trasmettere, e persino quando si abbandona al classico twist finale negli ultimi 10 minuti (no spoiler, tranquilli) riesce ad utilizzare i trucchi offerti dal genere sci-fi per un crescendo drammatico ed emotivo di indubbia efficacia.
La Scoperta, potete starne certi, non risponderà ad alcuna domanda che ci poniamo ed il film stesso ci pone, nemmeno al quesito “se ci fosse un aldilà varrebbe la pena finire questa vita per vivere la successiva?”, ma compie un viaggio fatto di temi universali in cui tutti possiamo riconoscerci: non esiste una vita priva di errori e rimpianti, ma la vita è questa qui soltanto e non va mai dimenticato.
Emanuele D’Aniello