Sembra un film arrivato fuori tempo, quasi in anticipo questo La Belle Epoque. E per una volta l’accezione è positiva.
In questo marasma di “effetto nostalgia” ovunque, come se la nostalgia fosse ormai l’unica cosa che si vende e funziona, soprattutto in sala, il cinema francese presenta già un’analisi acutissima di quanto la costante rielaborazione del passato possa farci perdere di vista ciò che conta nel presente. Ovviamente non è un’analisi pesante, ma un racconto romantico, affascinante, garbato, divertente, sognante e stralunato.
Insomma, tutto ciò avviene in un signor film. Se qualcuno avesse dubbi, guardi La Belle Epoque e provi a dire che i francesi non sono tra i migliori quando si fa cinema.
Una riflessione sul tempo, su come cambi senza rendercene conto, e quando ce ne accorgiamo, vogliamo stoppare l’impossibile. Sull’amore che svanisce ma in fondo è l’unica cosa a cui possiamo rimanere attaccati per sentirci e essere vivi. Persino una riflessione sul cinema stesso, sulla sua abilità unica tra tutti medium nel creare mondi intellegibili e gettarci dentro sogni e incubi degli spettatori.
Tanti altri film si sarebbero crogiolati nella bellezza del concept iniziale e la forza emotiva e narrativa della storia sarebbe finita dopo mezz’ora. Una versione americana avrebbe inevitabilmente gettato l’occhio sugli aspetti più romantici, o più sociali di abbandono a realtà virtuali. Una versione italiana, invece, avrebbe aumentato la leggerezza e la ricerca delle risate, non sapendo come gestire la storia. Fortunatamente, La Belle Epoque ha un equilibrio perfetto in tutte le sue componenti, e riesce a farci vivere pregi e difetti di ben quattro personaggi alla ricerca della stessa cosa: amore, accettazione, serenità. Oltre lo scorrere del tempo, oltre la ricostruzione di un passato bello ma fugace.
Il sorriso di Daniel Auteuil, la radiosità di Fanny Ardant, il carisma di Guillaume Canet, la freschezza di Doria Tellier.
Il talento di questo gruppo di attori formidabili ci accompagna nel percorso di ricerca di sé stessi e dei propri bisogni. I loro sentimenti ci aiutano a districarci in questa idea di film che si incrocia tra Westworld e Midnight in Paris, e quello che pare tutto costruito, tutto artificiale, non ci arriva mai artificiale ma mosso da un cuore tremendamente pulsante.
Allora, tra l’anacronistico e deleterio attaccamento al passato del personaggio di Auteuil, e l’eccessiva ossessione per le innovazione futuristiche del personaggio della Ardant, c’è proprio la dolce ma energica sensibilità di La Belle Epoque. Non è un caso che il regista interpretato da Canet sia un alter ego del regista del film, Nicolas Bedos: solo il cinema ha gli strumenti per provare a immortalare il tempo, cercare di cristallizzarlo in una unica istantanea. Da Lelouch fino a Linklater, il cinema romantico ha sempre provato ad inquadrare lo scorrere del tempo con l’amore di due persone. Il risultato non è vincere, perché non si può, ma far vivere il presente attraverso il grande schermo. E ricordare a noi di vivere questo presente che abbiamo.
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Emanuele D’Aniello
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