Il Cardellino, senza alcuna via di scampo dal disastro

Il Cardellino

Ogni tanto le aspettative vanno abbassate. Altre volte, sono fattori esterni ad abbassare le aspettative. Questo è il caso di Il Cardellino, per il quale non è mai arrivata alcuna notizia positiva. Prima uno spostamento dell’uscita, poi le recensioni negative ai festival, poi il tremendo flop al botteghino americano, infine la sparizione dal calendario uscite italiano che lo ha relegato a una distribuzione attraverso le piattaforme streaming.

Ci si chiede se tutta questa non sia una esagerazione. Se, con tali premesse drammatiche, il film si possa in qualche modo salvare perché non può essere talmente brutto.

Eppure, nulla di tutto ciò poteva preparare al disastro che è Il Cardellino.

Non ho letto una riga del romanzo famosissimo da cui è tratto, ma già la storia sullo schermo mi ha dato chiaramente l’idea che il primo ostacolo insormontabile alla riuscita dell’operazione fosse adattare le pagine scritte da Donna Tartt. Una storia di crescita e affermazione personale, un coming of age attraverso il superamento di un trauma, o l’impossibilità di superarlo, Il Cardellino è una storia che pare infatti perfetta per i monologhi interiori concessi dai libri. Sul grande schermo non è importante essere fedeli o tradire il libro, conta realizzare qualcosa di cinematografico.

E in un film come questo di due ore e mezza, che onestamente si sentono e percepiscono tutte, secondo dopo secondo, di cinematografico c’è pochissimo. Completamente assente è il ritmo, che trascina la vicenda e i suoi salti temporali senza un minimo di pathos, un barlume di vitalità. Ancor più assente è una vera conciliazione empatica col protagonista, il quale ha subito un terrificante trauma da bambino, ma durante il corso della storia tale trauma è relegato ad essere semplicemente un incubo, un ricordo, e non un vero ostacolo che blocca la crescita, la vita o le relazioni del personaggio. Theo, il protagonista, vive una vita per certi versi normale, e anzi raggiunge anche una certa affermazione personale. Quel trauma, allora, in cosa lo avrebbe segnato?

Infine, elemento che non manca mai nei film non riuscita, c’è la totale confusione di toni e generi. Nell’ultima parte il film diventa inspiegabilmente un thriller dopo che la storia di chiede di interessarci ad un qualcosa – un quadro per la precisione, senza dilungarci in spoiler – mai trattato fino a quel punto. Dopo un’ora e mezza di noia mortale, il film improvvisamente ci dice che quella è la bussola del trauma di Theo, senza motivarlo o esplorarlo.

Forse certi romanzi, quelli definiti infilmabili, devono davvero restare alle pagine scritte, e basta. Perlomeno, Il Cardellino un grosso pregio lo ha: per guardarlo, nessuno dovrà pagare il biglietto al cinema.

Emanuele D’Aniello

Malato di cinema, divoratore di serie tv, aspirante critico cinematografico.

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