Il pacifismo militare di Mel Gibson.
Ad un certo punto, Hacksaw Ridge sembra il film più convenzionale del Mel Gibson regista. Non che abbia mai fatto film innovativi o rivoluzionari narrativamente (se escludiamo l’uso del linguaggio, ovviamente), ma per buona parte Hacksaw Ridge sembra la solita e piuttosto piatta storia dell’eroismo in guerra.
Poi pian piano non solo il focus tematica cambia, ma arrivano soprattutto le linee guida di Gibson: violenza e religione. Nulla più sottile, il sangue le nefandezze della guerra sono spiattellate in faccia allo spettatore, l’incrollabile importanza della fede diventa lampante con simbolismi fin troppo chiari.
E allora sì, via via Hacksaw Ridge si rivela essere la quintessenza del cinema di Mel Gibson, la pietra fondante del suo credo cinematografico ma soprattutto personale.
La storia vera e assolutamente incredibile di Desmond Doss, il primo obiettore di coscienza a ricevere la medaglia d’oro al valore militare durante il secondo conflitto mondiale, è il perfetto assist dato a Gibson per raccontare, a modo suo naturalmente, nuovamente la passione di un Cristo se possibile ancora più terreno e vicino a noi. La fede incrollabile di Doss e la forza d’animo per amore della vita umana che lo spinge sul campo di battaglia è l’ennesimo esempio sfruttato da Gibson per mostrare l’importanza della fede, ancora più importante sotto i proiettili, e se i corpi vengono lacerati e gli organi schizzano fuori (letteralmente, in scene di battaglia molto lunghe ma girate magistralmente) tanto meglio. Gibson fin da Braveheart non ha mai risparmiato alcunché agli occhi del pubblico, e più violenza sullo schermo, più si fa chiaro il pacifismo paradossale del regista.
Certo, Gibson non sa misurarsi e infligge la storia di parecchia retorica non necessaria, come una coda nell’epilogo del film evitabile, ma colpisce nel segno soprattutto perché la star australiana mastica grande cinema e sa come crearlo. I suoi temi sono ancora gli stessi e a molti potrebbe non piacere, specialmente per l’energia con cui vuole rappresentarli e spingerli sullo schermo, ma non si può negare una grande abilità visiva e la totale convinzione in quello che fa. Dopotutto, quando il protagonista davanti alla corte marziale difende il suo ovvio e giusto diritto alle proprie convinzioni, non può non venire in mente lo stesso Gibson che davanti all’opinione pubblica difende ciò in cui crede e per cui è stato spesso criticato (oltre i brutti fatti di cronaca che lo hanno visto coinvolto).
Alla fine, e questa è la cosa più importante, Hacksaw Ridge si presenta come un solidissimo film di guerra e moralità, capace di tenere due ore incollati alla poltrona. Un pregio che tutti i film dovrebbe avere come base di partenza.
Emanuele D’Aniello