Tra le tante proposte del Torino Film Festival di quest’anno, in anteprima nazionale è stato presentato Free State Of Jones, l’ultimo lavoro di Gary Ross che, per chi non lo conoscesse, è stato regista di Hunger Games e Pleasentville.
Stavolta Ross si è cimentato in un action-drama ambientato durante la Guerra Civile Americana e basato su fatti realmente accaduti. Protagonista Newton Knight, interpretato da Matthew McConaughey, disertore dell’esercito confederato. Knight, arruolato come infermiere, decide di abbandonare il campo di battaglia dopo che suo nipote Daniel viene ucciso dal nemico. Per riportare a casa il corpo, Newt torna nella contea di Jones dalla sua famiglia e decide di ribellarsi alle ingiustizie della Confederazione. Pian piano, Knight forma un’opposizione a quella che venne chiamata “la guerra dell’uomo ricco combattuta dall’uomo povero”, prendend le armi contro la Confederazione formando un indomito reggimento ribelle tra le paludi impenetrabili del profondo Mississipi, riuscendo a strappare numerosi vantaggi tattici nonostante l’esercito fosse più numeroso e meglio armato. Knight ne fu il visionario leader, strenue oppositore dello sfruttamento e del pregiudizio e fondatore della prima comunità mista della regione; una figura influente molto a lungo dopo la guerra, alternativamente celebrata o vilipesa.
In parallelo, tramite ripetuti flash forward, viene raccontata a vicenda di un processo, avvenuto nel 1948, dello Stato del Mississipi contro Davis Knight, imputato chiave sul matrimonio misto, e pronipote di Newt Knight e della sua compagna di vita, una contadina schiava di nome Rachel.
Un progetto epico e con molte aspettative quello di Gary Ross che, purtroppo, le delude risutando un prodotto eccessivamente lungo e con una regia fredda e distccata, malgrado il grande messaggio che porta con sè. Numerose sono le lacune presenti nel film, prima tra tutte l’inerpretazione di Matthew McConaughey che non sembra per nulla a suo agio nel ruolo così complesso di Newton Knight, rendendolo poco credibile. La sceneggiatura, inoltre, scritta dallo steso Ross risulta colma di dialoghi retorici e inadeguati per i personaggi, tra l’altro poco caratterizzati rispetto al protagonista. Una delle idee buone che Free State of Jones porta al suo interno è, invece, l’alternanza di scene ambientate 85 anni dopo, durante il processo di Davis, che rendono l’andamento del film leggermente più scorrevole e intressante.
Nonstante le ottime intenzioni, Free State of Jones non stupisce nè allieta lo spettatore durante la proiezione, un film che non va oltre all’impeccabile ricostruzione stile Hollywood e alle scene da war movie viste e riviste.
Ilaria Scognamiglio