Assassinio sull’Orient Express, giallo classico per un grande pubblico

Assassinio sull'Orient Express

Hercule Poirot è un fanatico dell’equilibro, dell’ordine, della perfezione. Al termine di Assassinio sull’Orient Express, scoprirà invece l’esistenza della frattura, l’importanza dello squilibrio.

Non è uno spoiler, tranquilli, nemmeno per i pochissimi che non hanno letto il romanzo originale di Agatha Christie. Semmai, è un segno di resa di Kenneth Branagh, il regista e attore consapevole che replicare lo splendore di quelle pagine non è adesso il suo ruolo. Un gioco forse metacinematografico, forse un semplice mettere le mani avanti per chiedere al pubblico di non avere chissà quali aspettative.

Assassinio sull’Orient Express è un infatti un divertissement purissimo, niente più e niente meno. Un film d’intrattenimento dall’impianto del giallo classico interamente rivolto al grande pubblico. Andando a recuperare lo spirito delle opere della Christie, che seppur amatissime, incluso dal sottoscritto, non sono mai state letteratura “alta”, ma quasi una piacevole distrazione per i lettori, ora il film ugualmente è dedicato a far passare due ore piacevoli seduti in sala.

La frattura, lo squilibro, è proprio tra quello che si poteva fare e ciò che si è fatto.

Un peccato vedere che Branagh, tra l’altro maestro degli adattamenti letterari col suo curriculum shakespeariano, non abbia osato e si sia accontentato. Assassinio sull’Orient Express non approfondisce i suoi tanti personaggi, solo pedine in un gioco più grande. Lo stesso Poirot non è caratterizzato oltre le proprie eccentricità. Non sfrutta il setting claustrofobico fornito dallo scompartimento del treno. Fa scivolare l’indagine, e pertanto le capacità deduttive di Poirot, rapidamente e indolore, senza grandi momenti di tensione. Sommando tutto ciò, fa mancare al film quel fascino della grande avventura, del grande thriller, e quando finalmente si decide ad inserire un tema, la liceità della vendetta, è ormai troppo tardi per renderlo veramente appassionante o struggente.

È quel cinema commerciale, esotico, da cartolina in cui gli scenari contano più della sostanza per far viaggiare gli spettatori. Non c’è nulla di male a proporre tali film, anzi, talvolta sono persino necessari. Al tempo stesso, però, non c’è nulla di male a volere i nomi della Christie e di Branagh legati a progetti più sostanziosi e ambiziosi.

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Emanuele D’Aniello

Emanuele DAniello
Malato di cinema, divoratore di serie tv, aspirante critico cinematografico.

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