Allied, finché lo spionaggio non ci separi

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Allied, finché lo spionaggio non ci separi

Ci sono due film, separati e distinti, dentro Allied.

Due film, due modi di creare storie cinematografiche, che messi insieme si tolgono vicendevolmente mordente, ma sopravvivono uniti per regalarci due ore di un solido e affascinante prodotto d’intrattenimento.

Da un lato infatti, Allied è un vero e proprio film d’amore. Nascosto sotto la spy story, facendosi strada tra le location esotiche e gli scenari di guerra, il film indubbiamente racchiude una metafora della seduzione e dell’impossibilità di fidarsi, fino in fondo, fino all’ultimo, della persona che abbiamo accanto, pur se crediamo di conoscerla meglio di noi stessi. Negli sguardi, nei gesti, persino nei giochi stupidi della prima metà del film Allied dimostra di azzeccare la tematica, servendosi del genere, la spy story appunto in questo caso, per raccontare altro, ovvero un film sul matrimonio.

E poi Allied è anche altro, ovvero un purissimo prodotto commerciale. Non si tratta tanto di spionaggio, non si tratta di guerra, il vero genere del film è quello dell’intrattenimento classico, due ore con popcorn in mano a vedere luoghi stranieri incantevoli, a vivere la tensione, ad appassionarsi alle vere stelle del cinema. C’è un innegabile gusto “old fashioned” da cinema anni ’50 che affascina senza vergogna.

Cosa è quindi, alla fine, Allied? O meglio, cosa rimane? Probabilmente, se fosse stato solo una spy story, non avrebbe avuto un briciolo di attaccamento emotivo nello spettatore. Al tempo stesso, se fosse stato solo la metafora di un amore tormentato, avrebbe rischiato di annoiare senza una sceneggiatura e un regista all’altezza. E quando al timone c’è Robert Zemeckis, un autore cult ma che nell’ultimo decennio ha smarrito molto consistenza, gli aspetti da cinema più commerciale trionfano.

La soluzione, a questo punto, è semplicemente godersi il film per quello che propone sul grande schermo. Indubbiamente avrebbe potuto essere molto di più con un grande regista e con una diversa attenzione ad altri aspetti della storia, ma così abbiamo comunque due ore di intrattenimento e cinema fatto per il gusto di catturare l’immaginazione del pubblico.

 

Emanuele D’Aniello

Emanuele DAniello
Malato di cinema, divoratore di serie tv, aspirante critico cinematografico.

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